Facebook, «i contenuti d’odio vengono visualizzati solo allo 0.1%»

Il vice Presidente di Facebook sottolinea in una conference call i risultati dei nuovi provvedimenti anti-odio della piattaforma.

Il social é da tempo sotto la lente d’ingrandimento di coloro che sostengono che la Big Tech contribuisca, direttamente o indirettamente, a perpetrare fake news e discorsi d’odio, ma l’azienda si difende e racconta di come ultimamente abbia investito sulla tutela di un ambiente digitale sano.

Grazie ai nostri investimenti nell’Intelligenza Artificiale siamo stati in grado di rimuovere più discorsi d’odio e di trovarne un numero maggiore proattivamente,

racconta Guy Rosen, VP di Facebook.

Lo dice supportato dai dati pubblicati nel rapporto trimestrale sull’applicazione degli standard della comunità che copre il periodo di luglio-settembre 2020. Stando all’analisi, la mole di contenuti d’odio visualizzati é minuscola, solo lo 0.1 per cento.

Andando a vedere i numeri del trimestre in questione, Facebook Inc. ha innegabilmente aumentato il numero dei provvedimenti presi. Su Instagram, per esempio, la lotta contro i contenuti d’odio ha raddoppiato di intensità e i provvedimenti sono passati da 3.2 milioni a 6.5.

Notevole anche la stretta contro i post relativi a suicidio e autolesionismo. In quel caso i contenuti rimossi lievitano da 277.400 a 1.3 milioni. Rosen sottolinea inoltre il crescente impegno dell’azienda nel contrastare le bufale e i complottismi.

Tra marzo e ottobre 2020, abbiamo rimosso più di 12 milioni di contenuti su Facebook e Instagram per informazioni errate che potevano portare a danni fisici, come cure false o esagerate […]

Durante questo periodo abbiamo anche messo un alert su circa 167 milioni di contenuti su Facebook, basati su articoli di verifica relativi al coronavirus scritti dai nostri partner di fact-checking. Con il Covid in aumento le informazioni accurate sono più importanti che mai,

ha riportato durante la call.

Negli ultimi anni, Facebook ha dimostrato una certa indulgenza nei confronti dei contenuti “controversi”, sia per motivi economici che per motivi politici, e solo il tempo potrà dirci se il nuovo impegno nel combattere l’hate speech sarà preservato nel tempo.

La scissione con un certo tipo di utenza sembra comunque definitiva, se non altro perché gli esponenti radicali del social, insoddisfatti dall’imposizione dei fact-checking, stanno sempre più orbitando verso alternative omologhe più permissive.

 

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