La nostra recensione del terzo episodio di The Mandalorian 2, che finalmente si proietta sul racconto principale della stagione.
Questa recensione del terzo episodio di The Mandalorian 2 allontana parzialmente le preoccupazioni che mi ero posto la scorsa settimana, derivate pure dalla struttura della stagione precedente, problematica soprattutto nella parte centrale.
Ebbene, finalmente, per quanto la prima puntata della stagione fosse splendida e la seconda avesse qualche intuizione interessante, la serie trova – almeno qui – il giusto compromesso tra una narrazione verticale e orizzontale. Una serie di situazioni sì auto-conclusive, ma anche elementi di un racconto più ampio e organico, che permetta maggiore coerenza e compattezza, oltre che minori pretesti. E questo senza nemmeno considerare come in questo modo The Mandalorian faccia la felicità di ogni fan (compreso me), una volta abbracciato completamente il percorso di Dave Filoni in The Clone Wars e in Rebels.
In ogni caso, da qui in poi farò qualche spoiler sui primi due episodi, evitando ogni anticipazione rilevante su questo terzo episodio; nel caso foste rimasti indietro, qui sotto trovate i miei pezzi per le prime due puntate.
Allora, abbiamo avuto uno splendido inizio di stagione su Tatooine con Cobb Vanth direttamente da Aftermath, una mezza battuta di arresto nel secondo episodio, che però aveva stupende tinte sci-fi horror à la Alien, con la scena delle uova e i mini-ragni palesemente un richiamo ai facehugger, insieme ad un Mando che con quel lanciafiamme ricordava davvero tanto Ripley (Ellen o Amanda da Isolation).
A che punto siamo con questo episodio? Chiaramente la puntata parte esattamente dal termine della precedente, con mamma rana, Din Djarin e Yodino su una Razor Crest scassata in direzione del pianeta dove si trovano – in teoria – altri mandaloriani.
L’unica cosa che vi anticipo è che i tre arrivano sul pianeta e che mamma rana si riunisce con papà rana, fecondando le uova. Per il resto, evito ogni tipo di accenno, perché questo episodio è davvero un campo minato, sia per il cosa succede, sia per quello che anticipa sul futuro della stagione e la sua direzione generale.
Detto questo, il punto centrale di questa recensione del terzo episodio di The Mandalorian 2: com’è questa puntata? Senza dubbio una spanna al di sotto della prima per visione e ambizione produttiva generale, ma a mani basse una delle migliori della serie.
Partiamo dalla cura – a cui ormai siamo abituati tutti – verso l’immaginario. Troviamo la consueta attenzione verso le specie e relativa resa grafica (analogica e/o digitale), con in questo caso un’abbondanza di Mon Calamari (per i profani la specie dell’ammiraglio Ackbar) e Quarren (i Davy Jones di Star Wars) tale da far credere che la zona portuale di questa puntata sia una sorta di colonia del popolo di Mon Cala – pianeta abitato appunto da queste due specie.
Troviamo tanto rispetto per il canone tutto, questa volta non nella chiave perlopiù fine a sé stessa (per quanto piacevole e estremamente azzeccata) degli eventi su Tatooine dell’inizio della stagione, ma con un occhio maggiore sull’inserimento di quei personaggi illustri all’interno di un racconto di ampio respiro.
Perché sì, la serie si apre più di quanto avesse mai fatto prima agli eventi narrati nei prodotti di Filoni, e torna in particolare qualcuno a cui i fan saranno parecchio affezionati, sebbene per quanto mi riguarda perda un po’ di fascino, carisma e credibilità rispetto alla controparte animata, come accade spesso col passaggio in live action. Vorrei dire di più a riguardo, ma c’è il pericolo che capiate di chi sto parlando, specie se avete seguito le varie notizie sul casting degli scorsi mesi.
C’è di nuovo tanta carne al fuoco per la goduria di ogni appassionato
In ogni caso, insomma, c’è di nuovo tanta carne al fuoco per la goduria di ogni appassionato, si fa un nome nello specifico che conferma tutta una serie di ipotesi su quello che possiamo aspettarci dai prossimi episodi, e la serie all’improvviso ritrova quella orizzontalità narrativa, quella tendenza verso una coesione tra gli eventi. Cosa secondo me assolutamente necessaria per invogliare alla visione di un prodotto che deve sia sottostare alla dimensione televisiva, sia darsi una struttura per attrarre i fedelissimi del franchise e per toccare con una certa audacia punti e protagonisti chiave dell’immaginario di Star Wars.
Se il progredire della stagione si conferma come credo, visti i mille suggerimenti di questa settimana, potremmo trovarci davanti ad un tre/quattro episodi caricati a pallettoni, per quanto magari meno accessibili a chi meno segue il canone, come già è meno accessibile in quest’ottica questo episodio.
É un fatto che la scrittura di The Mandalorian si trovi sostanzialmente su una bilancia: più si darà peso a quanto tracciato da Filoni nelle serie animate, più la serie diverrà meno universale.
La scrittura di The Mandalorian si trova sostanzialmente su una bilancia
Da qui la naturale conclusione logica che la serie non andrà mai senza riserve da una parte o dall’altra, e anche su queste basi si sviluppa un racconto che non vive particolarmente di coesione e non preme mai troppo sull’acceleratore; necessità che comprendo, ma che spesso mal digerisco. Questa puntata tuttavia si piazza davvero come l’equilibrio che vorrei tra queste due forze/spinte, e spero che questa rimarrà la direzione nelle prossime settimane.
Tra l’altro, in questa recensione del terzo episodio di The Mandalorian 2 va segnalato che la regia viene in questo caso firmata da Bryce Dallas Howard, l’attrice che ricorderete (anche) dal franchise di Jurassic World e che aveva già diretto la quarta puntata della prima stagione, quella in cui Mando incontra Cara Dune.
In quel caso il focus sull’azione era notevole, con la scena d’azione dell’attacco all’AT-ST (ex) imperiale, e qui ritroviamo un’accelerata simile su quel fronte, pure se incredibilmente migliore e rilevante da praticamente ogni punto di vista.
Mi riferisco alla sequenza d’azione sul finale dell’episodio, che è molto memorabile per due cose: in primis la colonna sonora, che ha una perfetta coerenza con la direzione dell’azione a schermo e fa metà dell’impatto, e in secondo luogo le possibilità offerte da parte dei mandaloriani a livello di coreografia e scala degli scontri, cosa che già si era decisamente notata in alcuni punti del primo episodio e della prima stagione.
Insomma, in conclusione di questa recensione del terzo episodio di The Mandalorian 2, pochissimo da criticare a questo episodio, solidissimo e tale da piazzarsi senza grossi problemi tra i migliori e compatti della serie. Da quanto immagino e credo, il prossimo sarà probabilmente un “riempitivo”, ma dal quinto in poi probabilmente ne vedremo delle belle.
Per questa puntata mi sento di dire: “This is the way”.