I tribunali statunitensi continuano a opporsi al ban di WeChat e l’app rimane operativa su tutti gli store.

A distanza di due mesi da che il presidente USA Donald Trump aveva emesso l‘ordine esecutivo per sopprimere il programma di messaggistica di origini cinesi, il software continua a sopravvivere indisturbato.

Ad Agosto, l’Amministrazione Trump aveva intensificato la sua crociata contro le aziende digitali legate a Pechino e, attingendo ai poteri speciali derivanti dall’Emergency Economic Powers Act e dal National Emergencies Act, aveva predisposto che WeChat e TikTok venissero bandite dal suolo americano.

In ambo i casi, gli interventi miravano ufficialmente a sedare il timore che la Repubblica Popolare Cinese potesse approfittare dei dati ricevuti dalle Big Tech per ordire un piano di spionaggio sui cittadini a stelle e strisce.

TikTok é riuscito a salvarsi dal ban iniziando a intavolare uno spietato accordo commerciale che favorisce le aziende statunitensi vicine a Trump, mentre WeChat, investito dall’emendamento con poco preavviso, ha cercato rifugio nelle sale di tribunale.

Paradossalmente, proprio il Primo Emendamento, tanto caro al presidente, ha fatto sì che l’App fosse salvata con l’intento di preservare la libertà di parola, ovvero per evitare quella che – di fatto – si imponesse una censura di Stato.

Il verbale non supporta la conclusione che il governo abbia “tagliato su misura” le transazioni proibite per proteggere i suoi stessi interessi di sicurezza nazionale. […]

[Le prove] sostengono la conclusione che le restrizioni vadano sostanzialmente a pesare sulla libertà di parola più del necessario per promuovere gli interessi legittimi del Governo,

ha scritto la giudice californiana Laurel Beeler.

WeChat, d’altronde, é uno dei sistemi di messaggistica preferiti dalle comunità cinesi di tutto il mondo e la sua eliminazione andrebbe a ledere i canali di contatto tra le famiglie immigrate e i parenti rimasti in Cina.

 

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