La pandemia ha costretto il mondo degli scacchisti a spostare le competizioni online. Ne è nato un enorme problema di cheating. Nel senso che hanno iniziato a barare tutti, o quasi.
Ne parla il The Guardian che, in un suo articolo, descrive l’universo delle competizioni di scacchi come completamente travolto da un clima di paranoia, accuse reciproche, e detronizzazioni. Eh già, perché un recente torneo si è chiuso con la squalifica di cinque dei sei scacchisti dati per favoriti. Avevano barato.
Contestualmente, ha fatto discutere una ragazzina di dieci anni che nelle sue partite online dimostrava abilità e flessibilità mentale insolite perfino per un adulto. O meglio, per usare le parole del Guardian, «giocava allo stesso livello del N.1 a livello mondiale».
Il quotidiano riporta anche il caso di grandmaster armeno che, venendo cacciato da una competizione per “gioco sospetto”, si è lanciato in una serie di invettive ingiuriose contro il suo opponente, accusandolo di “pisciarsi addosso nel pannolone”. Insomma, nella disciplina più noiosa del mondo sta finalmente succedendo qualcosa di interessante: se le stanno dando di santa ragione.
Il Guardian attribuisce questa epidemia di scene indecorose e brogli sfacciati all’avvento delle competizioni di scacchi online, rese necessarie da quell’altra epidemia, quella del covid-19, che sta mettendo in ginocchio il mondo.
Un “detective degli scacchi”, ossia una persona che si occupa proprio di scovare casi di imbrogli nelle competizioni ufficiali, ha spiegato al quotidiano che il covid-19 ha senza dubbio creato una grave crisi nel settore. Giocare da dietro uno schermo rende estremamente semplice usare software per barare agli scacchi e prevedere le mosse dell’avversario con estrema precisione.
Sarebbe un problema per ogni sport —dove infatti le accuse di doping non mancano—, ma nel caso degli scacchi, un mondo da sempre contraddistinto per un’attenzione maniacale per la reputazione e la ‘gravitas’, il problema assume inevitabilmente una dimensione ancora più scandalosa.
Con buona pace del Prof Kenneth Regan, anche lui uno specialista nell’indagare eventuali imbrogli degli scacchisti. «Doveva essere un anno sabbatico —ha detto al Guardian— ma la pandemia di fatto mi ha creato più lavoro in un giorno di quanto normalmente ne avessi in un anno».
- Chess’s cheating crisis: ‘paranoia has become the culture’ (theguardian.com)