Star Wars: Squadrons, la recensione

Star Wars Squadrons 999x779

Abbiamo giocato per un bel po’ di ore il nuovo gioco di EA Motive, e finalmente siamo pronti a parlarvene in questa recensione di Star Wars: Squadrons.

Nel 2017 EA Motive faceva parte del trittico alle spalle del bistratto (in parte ingiustamente, specie sul lungo periodo) Battlefront II, insieme a DICE e Criterion. Laddove tre anni fa era appunto Criterion la mente della modalità caccia del gioco, oggi è invece Motive a cacciarsi nel terreno delle dogfight spaziali tra imperiali e ribelli; cosa ne sarà uscito fuori? Cerchiamo di capirlo in questa recensione di Star Wars: Squadrons.

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Allora, partendo dai fondamentali, incominciamo a distinguere pesantemente Squadrons dall’omologa modalità di Battlefront II, che appariva al tempo molto più arcade, accessibile e piuttosto monotona già dopo qualche sessione, complice appunto la poca profondità della simulazione, semplice frammento dell’offerta vastissima del titolo del 2017.

Squadrons mira nel verso opposto da entrambi i punti di vista, sia perché tende molto di più verso il simulativo, con una moltitudine di meccaniche e opzioni di personalizzazione per gestire i vari sottosistemi della nave pilotata, sia perché non accetta compromessi e punta all in sull’esperienza in cabina. In Squadrons l’unico momento in cui non si pilota qualcosa sono i momenti in cui ti prepari a pilotare qualcosa, o al massimo quando ti trovi a parlare con gli altri membri della squadriglia in qualche minima parentesi narrativa. Se vi aspettavate qualcosa di diverso, tipo un action adventure puro e crudo à la Fallen Order, avete decisamente sbagliato titolo.

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Tuttavia, come appena accennato, Motive ha comunque cercato di trovare un punto di incontro per attrarre un bacino di fan più ad ampio spettro, inserendo una campagna single-player all’interno del gioco che si va ad integrare con gli eventi appena successivi al collasso dell’Impero ad Endor.

Nella recensione di Star Wars: Squadrons, che ho provato su PlayStation 4 Pro, avremo modo di approfondire vari punti, ma in linea di massima mi sento di confermare quanto già detto da molti: il gioco non va comprato per il racconto, che è insignificante, scialbo e privo di qualsiasi regia in filmati e dialoghi, ma al massimo per l’impatto in realtà virtuale e per l’offerta multigiocatore specie se si ha un party consolidato.

Una cosa alla volta in ogni caso, intanto prima di iniziare vi ricordo che Star Wars Squadrons è disponibile con piena integrazione al crossplay su PlayStation 4, Xbox One e PC (molto bene), purtroppo senza alcun piano per un update dedicato alle prossime console ammiraglie, con cui sarà in ogni caso accessibile grazie alla retrocompatibilità.

 

 

Star Wars: Squadrons Dogfight

 

 

 

Una guerra senza fine, il dopo Endor

Dicevo prima come Motive non abbia ripiegato su particolari compromessi nella costruzione di un gioco come Squadrons, ma se un compromesso furbetto va trovato, quello è l’inserimento della campagna giocatore singolo, che da una parte strizza l’occhio al fan entusiasta che non può perdersi nemmeno un chicco di sabbia dell’immaginario canonico (eccomi), mentre dall’altra aumenta il valore di un’offerta per  il resto davvero troppo scarna, ma di questo nel dettaglio parleremo più avanti.

Il racconto di Star Wars: Squadrons parte per il suo prologo da poco prima della battaglia di Yavin, appena dopo la distruzione di Alderaan da parte della Morte Nera,

e poi fa un salto in avanti di quattro anni fino al periodo successivo alla sconfitta devastante dell’Impero ad Endor, con la morte presunta dell’Imperatore, la morte di Vader, e la faticosa ascesa della Nuova Repubblica.

Questo periodo, quello immediatamente a seguire la distruzione della seconda Morte Nera, non è assolutamente la prima volta che viene affrontato, e già in Battlefront II attraverso la storia di Iden Versio viene data la possibilità di approfondire il periodo, piagato dal Piano di Contingenza dell’Imperatore (Palpatine aveva pensato anche a dopo la sua morte, sì) e dalla frammentazione dell’Impero in nuclei oppressivi controllati da singoli gerarca e Moff. La trilogia di romanzi di Aftermath, di cui già vi avevamo parlato qui, è la vera Bibbia per comprendere il contesto di questa lunga finestra temporale, come il suo epilogo e la successiva origine del Primo Ordine.

 

 

La campagna single player davvero non affonda nel materiale potenzialmente disponibile

La verità tuttavia è che la campagna single player, e c’è da dirlo in questa recensione di Star Wars: Squadrons, davvero non affonda nel materiale potenzialmente disponibile, si limita ad una storia di contorno, palesemente pretestuosa e atta in gran parte solo ed esclusivamente a fare da mega-tutorial per prendere confidenza con il sistema di controllo, con le opzioni di personalizzazione e in generale con le differenze tra i vari caccia.

Nei panni di due piloti, uno imperiale appena entrato nella squadriglia Titan, l’altro appena assegnato alla squadriglia Vanguard della neonata e ancora debole (non che poi dopo quindici anni diventi così solida, anzi) Nuova Repubblica, ci troviamo buttati dal nulla, su entrambe le fazioni, nel mezzo dell’operazione segreta Starhawk, che coinvolge un vecchio traditore dell’Impero, Lindon Javes, passato ai ribelli dopo le atrocità di Alderaan.

Alla base, la campagna single player è letteralmente un “scopriamo cos’è il progetto”, “difendiamo/attacchiamo/troviamo il progetto”, “battute finali in cui alziamo relativamente il tiro e strizziamo l’occhio a diversi momenti iconici del franchise”.

Senza reali colpi di scena, sviluppi o stravolgimenti di qualche tipo, la narrazione di Squadron è lineare, compiaciuta nella sua semplicità, ma così banale e priva di qualsiasi guizzo da perdere qualsivoglia identità e mordente.

Star Wars: squadrons dogfight

 

Certo, non mancano ovviamente riferimenti se si è fan senza riserve dell’immaginario: molte chicche rispettano la realtà di quel determinato segmento temporale e politico della galassia, per la prima volta in carne ed ossa vediamo l’ammiraglio Sloane (personaggio chiave del post-Endor e praticamente protagonista della trilogia di romanzi di Aftermath), e per la prima volta vediamo Hera Syndulla da Rebels non in forma animata, causandovi con tutta probabilità un colpo al cuore, consapevole come sono di quanto sia – meritatamente – uno dei personaggi più amati del franchise.

Insomma, il fan (eccomi) troverà di sicuro qualche dettaglio tale da stampargli un sorriso in faccia imbambolato, ma davvero non basta, perché tutto si riduce ad un contorno assolutamente non approfondito, anche e soprattutto per quanto riguarda questi guest characters, limitati a qualche apparizione e palesemente concessi di straforo ad Electronic Arts.

Non aiuta nemmeno il modo in cui sono stati pensati i dialoghi nell’hangar tra una missione e l’altra,

in soggettiva ad hoc per l’esperienza VR (ne parliamo tra poco) e anche in quel caso troppo statici e stranianti per scrittura, con ridicoli encomi nei vostri confronti sulle ultime battute, cliché vari e pedanti/svogliatissime/a tratti quasi imbarazzanti parentesi di timida caratterizzazione, dei compagni di squadriglia come degli altri personaggi di raccordo. Purtroppo, nulla che sia degno di nota per questa recensione di Star Wars: Squadrons, se si tralascia la pianificazione/presentazione a stage delle missioni (che è sensata) per ologrammi e il livello di dettaglio dei modelli dei personaggi con cui si dialoga, davvero sparato a mille.

 

 

Star Wars Squadrons Empire Hangar

 

 

 

Pronti per il decollo

Il gioco è molto più arcade di quanto sembri, ma abbraccia anche una natura più simulativa

Parlando invece in questa recensione di Star Wars: Squadrons del feeling restituito dal gameplay del titolo Motive, posso rassicurarvi dicendo che il gioco è molto più arcade di quanto sembri. Certo, non stiamo parlando della modalità caccia di Criterion in Battlefront II, che era davvero un giocattolo fine a sé stesso, ma prendere mano con il sistema di comandi, comunque piuttosto approfondito e complesso, non è un qualcosa per cui è necessaria una laurea o più di due/tre ore di sessione per prenderci confidenza. É ovvio che non si possa approcciare il tutto alla carlona, e un po’ di impegno è richiesto, pure perché è impensabile avvicinarsi al multigiocatore senza una piena comprensione del gameplay.

Squadrons tra l’altro è perfettamente affrontabile con un pad, non risultando particolarmente scomodo e con una mappatura predefinita ottima, se non per il turbo messo sull’analogico sinistro, cosa che porta a spiacevoli inconvenienti, del tipo “impatto e game over immediato”, visto che in quella configurazione con quello stesso stick si controlla l’accelerazione.

 

 

Per fare un veloce riepilogo, fino a che punto viene approfondito il controllo della nave in Squadrons? Prima di tutto bisogna sottolineare una differenza: le navi repubblicane hanno gli scudi, quelle imperiali no, da brave navi kamikaze, come nel canone del franchise. In realtà il TIE Reaper, la nave di supporto della flotta imperiale, è dotata di scudi, ma è l’eccezione che conferma la regola.

Per quanto riguarda appunto gli scudi, laddove presenti, è possibile tenerli bilanciati oppure concentrarli frontalmente o posteriormente; e gestire al meglio questo fattore è importantissimo specialmente quando si attaccano navi ammiraglie o si è inseguiti da un caccia particolarmente persistente.

Passando ai Caccia Tie, entra invece un ulteriore elemento a compensare questa mancanza. Normalmente, in Squadrons c’è una meccanica dedicata alla distribuzione dell’energia, modificabile con la pressione dei tasti direzionali del d-pad, così da dare priorità a laser, scudi (per chi li ha) e motore; in questo modo si migliora la relativa rigenerazione e/o si porta il sottosistema verso il sovraccarico, cosa che nel caso del motore implica il riempire progressivamente le barre del turbo.

I Caccia Tie hanno poi anche un’altra opzione, quella del convertitore di energia di emergenza, che gli permette di spostare in un istante l’energia accumulata da motori a laser o viceversa per provvedere al bisogno immediato, a scapito dell’altro sistema, cosa piuttosto utile per fuggire ad esempio da una situazione imprevista grazie al turbo del sovraccarico del motore, oltre all’essere un qualcosa molto coerente con l’approccio avventato, impulsivo e spesso suicida dell’aviazione imperiale dell’universo di Lucas.

 

Star Wars Squadron Tie Fighter

 

Star Wars: Squadrons si sposa alla grande con la realtà virtuale, per ovvi motivi

Un altro grande pregio di tutto questo sta nel fatto che praticamente il 100% dell’HUD sia contenuto nel cockpit stesso, con radar, informazioni dell’obiettivo e stato di laser/scudi/motore ben visibili senza alcun elemento esterno al contesto. C’è davvero poco in grado di spezzare l’immersione dell’esperienza, e questo forse è il ponte che meglio collega il pacchetto alla realtà virtuale.

Non a caso, ho riesumato PlayStation VR proprio per provarlo con Squadrons, e l’impatto, specie le prime volte, per un fan come il sottoscritto, è tale da davvero togliere il fiato, godendo in cuffia a pieno del sonoro (su cui c’è ben poco da dire) e anche – come detto sopra – della cura del dettaglio all’interno dell’abitacolo.

Stranamente, pur soffrendo moltissimo di motion sickness, non ho patito particolari pene durante la manciata di ore col visore, ma rimane il pesante problema del compromesso relativo alla risoluzione, che porta inevitabilmente a macchiare il gameplay, complice proprio la difficoltà pratica di dover visualizzare le navi sulla lunga distanza (a quel punto quasi impossibile, fidatevi). Rimane in ogni caso un must buy se possedete un visore: al netto dei limiti, è un qualcosa che va provato.

 

Star Wars Squadrons Cockpit

 

Non ho parlato finora della libertà di scelta che lascia Squadron per tutto quello che concerne la scelta della nave, dell’equipaggiamento e delle modifiche estetiche. Relativamente all’ultimo punto, aspettatevi ovviamente una caterva di livree e ologrammi/pupazzi da mettere nel cockpit (con annessi riferimenti se siete conoscitori del canone), oltre che decalcolmanie e compagnia bella. Tutto questo è acquistabile con una delle due valute del gioco, ottenibili avanzando di livello attraverso le modalità multiplayer.

Non ci sono microtransazioni e ottenere crediti – almeno da quanto ho visto avanzando nella prima decina di livelli – è relativamente veloce, senza oggetti particolarmente costosi, tutti fissati su 2/3 fasce di prezzo ragionevoli; mettete giù i forconi.

Con l’altra valuta si possono invece acquistare le componenti attive e passive che nel pratico fanno la differenza nel gameplay, dalle modifiche passive a motore, scudi e scafo, a quelle attive legate alla scelta del laser/di un’arma a ioni, passando per i consumabili vari (missili, armi, kit di riparazione e dispositivi di supporto attivabili con i tasti dorsali del pad) e per la selezione delle contromisure per i missili avversari (mappate su cerchio sul DualShock 4).

Già solo da questo elenco sommario, si può intuire quanto relativamente profondo sia il sistema di personalizzazione, e spesso e volentieri capita di percepire sensibilmente la differenza tra le diverse “build”.

 

 

Naturalmente, pure essendoci qualche modifica in comune tra le varie classi, per ovvi motivi di bilanciamento non ci si può aspettare che tutto sia disponibile per tutto.

Approfondendo la selezione delle classi, è ovvio che il principale discrimine stia nella scelta macroscopica della nave. Per entrambe le fazioni abbiamo quattro tipologie: bilanciata, pesante, aggressiva/agile e super pesante/di supporto. Per la Repubblica, rispettivamente, X-Wing, Y-Wing, A-Wing e U-Wing, per l’Impero, TIE Fighter, TIE Bomber, TIE Interceptor e TIE Reaper. Sul piano delle quattro statistiche di velocità massima, salute scafo, manovrabilità e accelerazione, ogni opzione apre a strade e ruoli nel party totalmente diversi.

Non a caso, in apertura al pezzo parlavo dell’importanza di avere un party. Questa necessità affonda proprio nella netta suddivisione in ruoli che viene sottolineata dalle varie categorie di navi, e non ho dubbi – nonostante non abbia avuto occasione di provare la cosa – che un’esperienza coordinata in squadra regali mille volte la soddisfazione di una in singolo o con sconosciuti senza microfono/IA.

 

 

New Republic Hangar Star Wars Squadrons

 

 

 

Un gioco destinato ad essere dimenticato?

Fatta questa mega parentesi sulla notevole complessità/profondità delle fondamenta del gioco, alla conclusione di questa recensione di Star Wars: Squadrons cerco di sottolineare quella che è la sua palese criticità, pure chiudendo mezzo occhio per il pricing limitato, ovvero i contenuti.

Star Wars: Squadrons vanta una campagna di circa una decina di ore molto abbondanti come nel mio caso (ma probabile impiegherete un po’ meno tempo spediti e senza troppi game over), con quattro livelli di difficoltà; il secondo/intermedio – quello che ho provato a fondo – offre già un buon livello di sfida.

C’è pochissima brillantezza nel design della campagna giocatore singolo

Le quattordici missioni, infarcite di qualche sezione di gameplay in alcuni casi molto memorabile (le missione finali hanno qualche chicca stupenda), sono perlopiù costruite su un ritmo eccessivamente diluito, spalmato su obiettivi spesso troppo longevi e talvolta ridondanti. C’è pochissima (o proprio è missing in action) brillantezza nel design della campagna giocatore singolo, che dimenticherete al 99% nell’istante in cui sarà terminata.

 

Star Wars: Squadrons Empire

 

L’altro problema contenutistico sta nella presenza di due sole modalità ulteriori, entrambe focalizzate sul multiplayer, più una variante di una delle due per le partite classificate. La prima modalità, duelli spaziali, è una sorta di team deathmatch che vede Repubblica vs Impero, con una soglia di 30 eliminazioni che implicano la vittoria della squadra.

L’altra invece è quella più rilevante, ovvero la battaglia flotta, che prevede la possibilità di giocare con una squadra in multiplayer contro l’IA (non classificata), o contro un team avversario (classificata). La battaglia flotta è una sorta di incontro su più stage, dove si danza tra assalto e difesa in funzione dei risultati ottenuti dalle due fazioni nel determinato stage affrontato.

Lo scopo è sempre lo stesso, eliminare abbastanza caccia (per ottenere morale attraverso cui passare alla fase di attacco), poi attaccare la prima linea di difesa, le navi da battaglia nemiche, e infine abbattere la nave ammiraglia. La nave ammiraglia ha vari sottosistemi (scudo, puntamento, alimentazione) e nel colpirli selettivamente si va ad incastrare lo stesso principio di coordinazione della squadra a cui ho accennato sopra.

 

Star Wars Squadron Destroyer

 

Per quanto specie battaglia flotta sia stuzzicante con la comunicazione all’interno di un party, laddove invece duelli spaziali è meno impegnativo e più “casual”, rimane il fatto che ci troviamo davanti un gioco con due modalità e mezzo per il multiplayer, più una campagna mediocre (per certi versi pessima) di poco più o poco meno di dieci ore. Può questo bastare per un’offerta completa, pur, lo sottolineo di nuovo, ad un prezzo in partenza di 40€?

La risposta in questa recensione di Star Wars: Squadrons è nì, nel senso che sicuramente parliamo di un titolo da comprare per forza se siete possessori di periferiche VR e fan di Star Wars, come nel mio caso, ma non parliamo nemmeno di un prodotto incredibile, davvero riuscito o seriamente degno di nota al di là delle meccaniche fondamentali, riuscite perfettamente e su cui c’è ben poco da obiettare.

Come altri prima di me hanno già scritto, può un gioco del genere, che non prevede espansioni future (almeno per ora), perché non pensato – e questo è evidente – come game as a service, reggere anche solo mesi con questa offerta? A occhio e croce no, e la sensazione è che purtroppo Squadrons verrà dimenticato in fretta tra la tempesta di uscite in arrivo e l’incombere della nuova generazione.

 

 

 

75
ME GUSTA
  • Compromesso tra accessibilità e simulazione che funziona
  • In VR, al netto dei limiti, mozza il fiato
  • Completa immersività grazie anche alla scelta di integrare l'HUD nel cockpit
FAIL
  • Offre davvero troppo poco contenuto
  • Il racconto della campagna single player è praticamente inesistente
  • Le missioni giocatore singolo nella maggior parte dei casi sono quanto più lontano dal brillante
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