L’artista più eclettico del panorama italiano per quanto riguarda l’arte Tolkieniana e fantasy. Ivan Cavini, in vista di nuovi progetti inerenti ovviamente la Terra di Mezzo e il mondo creato da Tolkien, si racconta partendo dal principio.
Selvaggia e senza età la fantasia, galoppa sfrenata nelle mente dei sognatori.
Lucrezia Beha
Quando si pensa alla parola fantasia la mente viaggia in lungo e in largo attraverso pagine scritte, pellicole cinematografiche e illustrazioni di mondi straordinari.
Ma fantasia da vent’anni ormai, è soprattutto fantasy, un successo che non conosce mode e se è vero che moltissimi autori, scrittori, registi e illustratori, hanno esplorato le terre dei draghi, questo è avvenuto indubbiamente per merito dell’influenza che J.R.R. Tolkien ha avuto su tutto il genere, prima con la riscoperta della figura del drago raccontato ne “Lo Hobbit” e poi con l’epica de “Il Signore degli Anelli”.
Prima del 2000, il mondo di Frodo e compagni poteva solo essere immaginato attraverso i colori e i pennelli di abili artisti, e se negli anni ottanta illustratori come i fratelli Hildebrandt, Ted Nasmith e Roger Garland realizzavano magistrali interpretazioni della Terra di Mezzo, è indubbio che i grandi Alan Lee e John Howe, con il loro lavoro di concept art, hanno contribuito profondamente alla visione di Peter Jackson, imponendo così un immaginario collettivo che ancora oggi perdura.
E l’Italia?
Molti di voi conoscono i più talentuosi illustratori italiani che si sono imposti nel genere fantasy: primi fra tutti Paolo Barbieri (un eccellenza italiana nel mondo) e Alberto Dal Lago (famoso per Lupo solitario), ma anche Dany Orizio (Magic) oltre a Antonello Venditti, Livia De Simone e molti altri, ma sono pochissimi gli artisti italiani che si sono dedicati anima e corpo alla Terra di Mezzo lasciando il segno nell’arte epic-fantasy tolkieniana.
Se un nome noto è quello di Angelo Montanini che, dal 1995 grazie alla realizzazione di quasi cento illustrazioni per il “Gioco di carte del Signore degli Anelli”, pubblicato in tutto il mondo dalla Iron Crown Enterprise, ha dato il via alla prima importante esperienza artistica italiana nella Terra di Mezzo è anche vero che uno su tutti spicca per il talento e le sue doti eclettiche: stiamo parlando di Ivan Cavini, che vive nelle meravigliose colline di Dozza, un borgo medievale a pochi chilometri da Bologna.
Perché paragonare Cavini a John Howe o Alan Lee?
Le storie di Tolkien affondano le loro radici nella cultura anglosassone e chiunque nasce in un paese anglofono, ovviamente parte avantaggiato, sia per cultura, sia per il differente approccio di editoria e cinema, ma nonostante questa premessa, il giovane Ivan da un minuscolo borgo di provincia, su una collina che sembra la Contea degli hobbit, è riuscito, pian piano ad imporsi nel panorama tolkieniano, ideando e realizzando importanti progetti unici nel loro genere, in Italia e all’estero.
Ivan non si è limitato a illustrare i mondi fantastici di Tolkien con tutte le tecniche tradizionali e digitali: la Terra di Mezzo l’ha anche progettata e scolpita in Svizzera, con tanto di paesaggi, ambienti e creature gigantesche, poi ha preso questa esperienza e l’ha portata nel suo piccolo borgo, attirando a se gli appassionati del genere e trascinando un pezzo di economia locale col rilancio turistico.
Ivan Cavini, è il direttore creativo del museo svizzero che ospita la più grande collezione al mondo di opere e oggetti ispirati alla Terra di Mezzo, ma ha anche illustrato libri, calendari, manifesti di eventi, scenografie teatrali e televisive, ha fondato l’AIST che oggi è ormai riconosciuta come la più importante società tolkieniana italiana, ha ideato una Biennale d’illustrazione fantastica (di cui è direttore artistico), ha realizzato un gigantesco drago che riposa su un tesoro (vi ricorda nulla?), ha illustrato ben tre edizioni dell’art calendar Lords for the ring (di cui una monografica) e infine ha fatto nascere l’unico Centro Studi tolkieniani esistente al mondo, un luogo incredibile chiamato “La Tana del Drago” che sta catalizzando la passione di molti fan con mostre, workshop e seminari a tema Tolkien.
Forse potrebbe interessarti:
Se Gandalf non va alla montagna, la montagna va da Gandalf
Classe 1970 già avvezzo all’arte sin dall’età di quattro anni, ne sanno qualcosa i vicini di casa. Il piccolo Ivan aveva talmente voglia di dimostrare il suo estro che niente lo fermava e allora, a volte, con i chiodi si divertiva a disegnare sulle carrozzerie delle automobili, come se fossero grandi tele: non per niente nel quartiere lo avevano soprannominato “Ivan il Terribile“!
A quattro anni “disegnava” sulle carrozzerie delle auto, da lì il soprannome di Ivan il Terribile
Ivan amava disegnare ovunque ed era desideroso di poter fare l’illustratore come professione, ma non si era accorto che era abile anche nella costruzione di giocattoli e oggetti di ogni tipo, un’abilità che da adulto gli sarebbe tornata utile…
Negli anni novanta, affamato di esperienze formative (gli istituti d’arte e di grafica lo avevano deluso) aveva iniziato a proporsi a qualsiasi tipo di azienda, per i lavori più umili e disparati (per un periodo lavorò in bottega, incidendo motivi ornamentali sulle cinture di cuoio lavorando contemporaneamente in un’edicola). All’epoca non c’erano le scuole di comics o arti digitali e dopo varie esperienze con piccole realtà e studi grafici, Ivan iniziò a farsi strada collaborando con importanti editori, agenzie di comunicazione e studi scenografici.
Queste diverse “mansioni” gli permisero di sperimentare tecniche diverse e mettersi alla prova a volte su un impalcatura con la pistola a spruzzo per realizzare enormi scenari, a volte a dipingere minuscole illustrazioni per album di figurine, a volte a dipingere scafi di enormi barche.
Poi alla soglia dell’anno 2000 la lettura de “Il Signore degli Anelli” lo colpisce profondamente e la società Tolkieniana Italiana gli offre la possibilità di partecipare con quattro opere alla mostra “Draghi!” a Milano, nella quale conosce Angelo Montanini, l’illustratore tolkieniano più prolifico in quegli anni (diventato poi suo grandissimo amico). Da li iniziano le collaborazioni con Arteventi e la Società Tolkieniana Italiana che lo coinvolgono nella mostra itinerante “Immagini dalla Terra di Mezzo”, prima come illustratore, poi anche come collaboratore.
Prima il film e dopo il film
L’arrivo della trilogia di Peter Jackson ha rappresentato uno spartiacque fondamentale per l’illustrazione tolkieniana. Prima dell’uscita dei film, l’opera di Tolkien era così ampia e inesplorata che donava agli illustratori ampi margini di libertà nel rappresentare qualsiasi mondo creato dallo scrittore, poi i film hanno in qualche modo fissato questo immaginario, vincolando la libertà creativa degli artisti.
Per Ivan invece è forse vero il contrario: inizia a illustrare la Terra di Mezzo proprio l’anno dell’uscita al cinema de La compagnia dell’anello, e da allora non si è più fermato… Come mai? Come nasce e si sviluppa la sua passione per Tolkien?
Quello che cerco di fare oggi, è creare una visione personale che tenga conto dell’opera tolkieniana e jacksoniana ma prendendone di volta in volta le distanze. Il libro è il foglio, il film è la matita, io sono quello che usa questi strumenti per creare qualcosa di nuovo: a volte l’alchimia funziona, a volte un po’ meno, ma l’importante è sempre e comunque esprimere se stessi senza tradire lo spirito originale del racconto.
Il primo lavoro a tema tolkieniano di Ivan Cavini è stata una cartolina con un’aquila cavalcata da un nano, oggi conservata in un vero smial hobbit, in Svizzera, e proprio il suo coinvolgimento nella realizzazione delle ambientazioni scenografico-espositive del Greisinger Museum svizzero, il più grande museo d’Europa di Collezionismo tolkieniano, lo ha portato agli onori della cronaca.
Bernd Greisinger, Presidente e proprietario del museo, mi ha dato la possibilità – precisa Ivan Cavini – di lasciare ai posteri, come i grandi artisti del passato, una mia testimonianza artistica
Dall’ottobre del 2013, data dell’inaugurazione, ci sono oltre trecento metri quadrati di ambienti a tema ad accogliere i visitatori, oltre a sei sculture di creature o statue giganti realizzate dallo stesso Cavini, alte fino a sette metri (le cosiddette “bigature”), ben seicento dipinti originali di oltre cento artisti, tremila libri, un cinemacon tanto di drago Smaug sul soffitto e schermo ad alta definizione, e tutti gli oggetti realizzati dopo le due trilogie cinematografiche di Peter Jackson. Un luogo a metà tra cultura e intrattenimento, dove il turista viene letteralmente catapultato nella Terra di Mezzo.
Un futuro Fantastiko
Scrive di lui Emanuele Vietina, direttore di Lucca Comics and Games:
Non si finisce mai di conoscere il Signore degli Anelli e non si finisce mai di apprendere la lezione di Ivan. Una lezione fatta di lavoro paziente, ogni giorno.
Perché Ivan è un artista atipico che non sta chiuso a creare nel suo studio. Prima che un creatore di visioni è uno scultore di anime e di community.Come un eroe della Terra di Mezzo, parte per costruire e ricostruire: nuove amicizie raccontando vecchie storie.
Le sue matite, le sue sculture, le sue illustrazioni non sono fatte per stare nei libri e nei musei ma per chiamare a raccolta i popoli liberi. I suoi draghi prendono vita in rocche sforzesche, i suoi troll animano profonde cavità della Svizzera, le sue matite sprigionano storytelling dagli infiniti multipli che popolano i sogni dei giovanissimi come quelli dei saggi. Ivan costruisce compagnie, e il suo percorso artistico non è la somma delle sue opere ma la moltiplicazione delle sue esperienze.
Ivan è partito assieme aun gruppo di eroi per invitarci aripensare l’opera tolkieniana dopo la grande epopea filmica di Peter Jackson, l’impresa che hafissato un canone visivo d’acciaio e celluloide. Assieme a Paolo Barbieri, hanno soffiato a pieni polmoni nel Corno di Helm, e chiamato a raccolta una compagnia audace per mostrare una nuova via, attraversole Montagne Nebbiose, e portarci in dimensioni inedite verso le storie del Doriath e ritorno.
E come Bilbo ora torna nella sua Dozza con un tesoro di scoperte, questa raccolta tessuta con media tradizionali e digitali, con narrazioni nuove come quella di hobbit vivaci e sbarazzini quasi fossero millennials in un mix di pose dal sapore rinascimentale. E tuttavia, densamente carica di gratitudine e rispetto per Tolkien.
In effetti dopo l’incredibile esperienza svizzera, l’opera dell’eclettico artista non si è fermata, anzi ha continuato a solcare le tematiche tolkieniane divenendo negli anni successivi al 2013 un vero e proprio punto di riferimento nell’illustrazione italiana, prima con suo un artbook di prestigio Middle-Artbook, Disegnare e costruire la Terra di Mezzo, poi con numerose copertine di libri, fino ad essere citato da Tom Shippey sul “Tolkien maker of Middle-Earth”, il catalogo della mostra su Tolkien pubblicato da Bodleian Libraries.
Dopo la realizzazione del museo svizzero Ivan Cavini torna ad illustrare con numerose copertine, fino alla pubblicazione di due opere sull’importante catalogo della mostra “Tolkien maker of Middle-Earth” pubblicato da Bodleian Libraries.
Ma Ivan non si ferma e nel 2014 inventa la Biennale d’illustrazione Fantastika, un grandissimo successo che richiama nel suo borgo oltre cinquemila visitatori che accorrono per vedere il risveglio del suo drago Fyrstan (che ha costruito in collaborazione con lo Studio Sossai e installato all’interno della torre del castello) e che il 22 e 23 maggio presenterà la quinta edizione.
Contemporaneamente diviene anche uno dei protagonisti del progetto Lords for the Ring, l’art calendar tolkieniano lanciato da Lucca Comics & Games, realizzando splendide illustrazioni a tecnica mista (alcune digitali ed altre a matita) sia in collaborazione con i maestri italiani del fantasy che con una propria monografia nel 2019.
Nel 2018 trova il tempo per l’ennesimo progetto controtendenza: un artbox limited edition con dieci illustrazioni realizzate a matita e stampate con una macchina tipografica antica.
Legendarium è uno dei progetti sperimentali di cui sono orgoglioso – racconta Ivan Cavini – Si tratta di un box fatto a mano che raccoglie dieci illustrazioni realizzate con una tecnica semplice, ma diretta come la matita che descrive il rapporto tra lo specchio e la mia arte ispirata alla Terra di Mezzo.
Gli illustratori vengono spesso accusati dai fan del libro di non essere abbastanza fedeli a Tolkien e dai fan del film di non essere fedeli all’immaginario jacksoniano, quindi con Legendarium invito i lettori, un po’ come fa Galadriel, a guardare dentro il mio specchio. Le illustrazioni sono proprio questo, delle deformazioni della realtà dove l’autore deve essere in grado di esprimere il proprio punto di vista.
I prossimi progetti verteranno sempre sulla Terra di Mezzo ovviamente, sto realizzando concept per copertine che sicuramente vedrete in futuro (in edizioni molto importanti) e un nuovo progetto sui maestri dell’Immaginario, che sto realizzando a matita e china. Dei ritratti molto particolari, oltre a Tolkien, ho già realizzato Hanna & Barbera, Go Nagai, Brian Froud e ne ho ancora diversi da fare.
Dopo questo viaggio all’interno del mondo tolkieniano ideato e sognato da Ivan il pensiero va direttamente al creatore di tutti questi mondi e al significato più profondo delle storie del professore di Oxford. Cosa volevano trasmettere e quali significati si celano dietro le parole degli Hobbit ed Elfi. Probabilmente le storie di Tolkien interessano a un pubblico che forse intende volgere lo sguardo indietro, alla ricerca delle cose buone che ha dimenticato, nella frenesia del consumismo e del progresso.
Gli appassionati di elfi e maghi sono eterogenei per età, nazionalità ed estrazione sociale, ma forse, come i nativi americani e alte civiltà arcaiche, hanno in comune una sensibilità olistica della vita: sono coscienti dell’irreparabile disastro ambientale in corso e ancora non credono che la soluzione possa arrivare da un consumismo che mette il benessere materiale dell’uomo prima di ogni cosa, a discapito degli altri esseri viventi.
Conclude Ivan Cavini
E così la magia del bastone di Gandalf diventa l’energia della natura da utilizzare solo in maniera responsabile, il lavoro manuale acquisisce un valore intrinseco e la Contea diventa lo specchio di una vita più semplice e attenta alle “cose che crescono”, come gli hobbit insegnano.
In conclusione, se ormai è appurato che la società proietta le proprie speranze e le proprie paure nelle storie che legge e vede al cinema, allora il mio modesto parere è che il fantasy che Tolkien ha portato al successo potrebbe essere una speranza, o addirittura una delle soluzioni.