Pathfinder: Kingmaker Definitive Edition arriva su PlayStation 4 e Xbox One due anni dopo la prima release su PC. Nella nostra recensione vi raccontiamo cosa funziona e cosa no.
Nel 2018 Pathfinder: Kingmaker era stato pubblicato su PC dopo un crowdfunding di grande successo e che nelle ultime settimane ne ha generato un altro di altrettanta potenza economica. A distanza di due anni possiamo arrivare ad apprezzare il porting su PlayStation 4, sviluppato sempre dal team di Owlcat Games, pronti a sfruttare quel budget di 900.000 dollari acquisito grazie alla prima campagna su Kickstarter.
Quella che ci arriva tra le mani adesso, grazie al publisher Deep Silver, è una Definitive Edition, che comprende le espansioni pubblicate nel corso di questi due anni, per poter così consegnare ai fan un prodotto completo oltre che un’ode al genere RPG old school.
Pathfinder, di per sé, è un gioco di ruolo che non ha bisogno di presentazioni: parliamo di un GDR basato sull’edizione 3.5 di Dungeons & Dragons, pubblicato originariamente da Wizards of the Coast (gli stessi di Magic, per intenderci) e dal 2016 disponibile anche in italiano, per quanto riguarda la sua prima edizione. Il suo adattamento videoludico è un prodotto che strizza l’occhio a Baldur’s Gate e anche a Pillars of Eternity, cercando di offrire un GDR che ci permetta di seguire quelle fasi di creazione del personaggio che solo un titolo del genere può offrirci.
L’esperienza che ne scaturisce è infinitamente profonda, soprattutto nella creazione dei personaggi, così come nello sviluppo delle vicende, tra intrecci narrativi che ci calano in un’avventura fatta di sotterfugi e imbrogli, che dovremo necessariamente andare a districare.
Le aggiunte della Definitive Edition
La Definitive Edition dinanzi alla quale ci troviamo, come avevamo anticipato, non solo offre l’avventura principale, che tocca un quantitativo di ore smisurato, quasi prossimo al centinaio, ma anche tutti i contenuti che hanno fatto da supporto post-lancio, quindi le espansioni che vanno ad ampliare la struttura di altre 40 ore di gioco. Tra nuove classi, armature, equipaggiamenti e razze, l’esperienza si ritrova a essere mastodontica, permettendovi di attingere a qualsiasi contenuto vogliate per poter andare ad avere la meglio sulle Stolen Lands.
La Definitive Edition, oltre alle 100 ore di gioco principali, aggiunge anche altre 40 ore di intrattenimento grazie alle espansioni aggiuntive pubblicate in questi due anni post-lancio.
Tra le novità che riscontriamo all’interno di questa edizione di Pathfinder balza all’occhio la possibilità di gestire i combattimenti a turni, un espediente inserito per rendere più gestibile l’intera esperienza su PlayStation 4 e Xbox One. Il titolo, d’altronde, prevede un battle system molto da GDR, con la sua visuale isometrica, che annulla quindi lo spam delle azioni e inserisce un cooldown per qualsiasi tipo di attività svolta, che si tratti dell’attacco basico o di qualsiasi altra abilità inserita nel menù apposito.
Affidarsi quindi a un combattimento a turni, cercando così di avvicinarsi a Divinity Original Sin, rende il tutto più placato e di più facile ricezione, senza essere calati nella gestione simultanea di un party che può essere composto anche da cinque combattenti a schermo.
Resta una buona alternativa, ma di base la qualità degli scontri in tempo reale non è così dannosa da necessitare un passaggio a un’altra filosofia di gioco, che in ogni caso potrete effettuare liberamente in ogni momento solo premendo la levetta analogica sinistra. Se ne apprezziamo quindi l’inserimento, non è detto che debba essere la soluzione migliore per affrontare l’intera avventura.
L’enciclopedica narrativa di Pathfinder
Pathifinder: Kingmaker, messi da parte questi aspetti innovativi, si concentra su quella struttura che già nel 2018 avevamo imparato ad apprezzare, nonostante i suoi difetti che, in alcuni casi, sono stati confermati anche in questa Definitive Edition. L’inesperienza del team alle redini del progetto, d’altronde, si era già fatta notare e non mancherà di presentarsi anche in questo caso, soprattutto dal punto di vista tecnico.
Non è, però, la componente narrativa quella che ospita le problematiche che riscontreremo più avanti: con Chris Avellone alla consulenza, la storia creata da Owlcat punta a diventare molto epica, mettendoci dinanzi a un tentativo di raggiro ai danni del monarca delle Stolen Lands, che dovranno così essere liberate e riconquistate.
Sin dalle fasi introduttive riusciamo a renderci conto di come il team abbia lavorato e premuto l’acceleratore su quelle che sono le varie biforcazioni dei dialoghi, tutti anche doppiati in inglese (il titolo non è localizzato in italiano).
Owlcat ha anche preparato un glossario, al quale si può accedere facilmente durante i dialoghi, per studiare e apprendere ulteriori dettagli sugli elementi citati.
Ogni tipo di azione che deciderete di compiere con la vostra favella andrà a generare una variazione sui vostri punti esperienza e sulle vostre competenze, basandosi ovviamente su quanto carisma avrete nelle vostre skill, senza dimenticarvi della diplomazia. I personaggi che andrete a incontrare, che siano essi compagni o avversari, riusciranno a rendere ancora più intensa l’intera narrativa, mettendovi dinanzi a qualcosa di molto più corposo rispetto a quanto avrebbe generato un’esperienza cartacea e homemade.
Nel caso in cui i numerosi contenuti e i continui riferimenti a eventi, città, personaggi estranei inizialmente alla vicenda, dovessero risultare confusionari e poco facili da seguire, Owlcat ha anche preparato un glossario, al quale si può accedere facilmente durante i dialoghi, per studiare e apprendere ulteriori dettagli sugli elementi citati.
Ovviamente l’enciclopedia diventa sussidiaria all’azione, quindi sarà a piena disposizione solo dei giocatori più interessati ai cavilli e ai capillari della storia raccontata. La quantità di testo è elevata, sia nei dialoghi che nel glossario, quindi se siete arrivati fin qui è un compromesso al quale sicuramente avete già deciso di scendere.
Uno sbarramento per i neofiti
L’aspetto più difficile da digerire nell’approcciare Pathfinder: Kingmaker sta nel doversi confrontare con un’esperienza che al proprio ingresso pone uno sbarramento molto importante.
Il titolo di Owlcat finisce per rivolgersi in particolar modo a tutti gli esperti del gioco di ruolo, proponendo a tutti gli altri un tutorial molto ristretto, che riempie il giocatore di elementi testuali e finisce per fornire informazioni molto alla rinfusa, costringendolo a imparare con la pratica piuttosto che con la teoria.
I contenuti sono d’altronde tantissimi, ci si perde facilmente nei meandri della vicenda raccontata e vissuta, e dover contestualmente anche gestire le varie meccaniche proposte rende il tutto un enorme calderone nel quale gettarsi e uscirne con difficoltà.
La barriera d’ingresso, quindi, rappresenta uno dei più grandi problemi di Pathfinder: Kingmaker, che se vi accompagna nella costruzione del vostro personaggio con numerose indicazioni inerenti le classi, il job, le caratteristiche annesse e skill e abilità, vi lascia un po’ andare nella nebbia. Siamo arrivati a creare un misto che più confusionario non poteva essere, con un Elfo maschio con schieramento Lawful Evil e di classe Stormwalker, con un buon quantitativo di intelligenza e destrezza (16), ma con saggezza e carisma meno intensi (rispettivamente 10 e 11). Insomma, divertitevi come meglio credete, perché l’editor è davvero così capillare da lasciarvi spazi di manovra infiniti.
il titolo è stato provato su PlayStation 4 Pro e sia l’interfaccia che l’esplorazione sono andati più volte a singhiozzo, con dei rallentamenti spiacevoli.
L’incertezza nel propinarci così tanti contenuti, però, si palesa anche nella resa tecnica, come anticipato poc’anzi, a fronte del fatto che gli FPS non sono per niente dalla nostra parte: il titolo è stato provato su PlayStation 4 Pro e sia l’interfaccia che l’esplorazione sono andati più volte a singhiozzo, con dei rallentamenti spiacevoli. Nessun crash, sia chiaro, ma è stato comunque spiacevole ritrovarsi ad attendere un secondo pieno prima di poter ripartire.
Sebbene i numerosissimi contenuti offerti, però, resta straniante il non essere riusciti a offrire un mondo di gioco che potesse metterci dinanzi a delle città da esplorare (esistono solo degli accampamenti con poche strutture all’interno delle quali entrare e riposare) o un numero molto più alto di dungeon, fondamentali per un RPG di questa portata.
Allo stesso modo, la gestione del regno, una volta divenuti regnanti a tutti gli effetti, si è confermata un po’ troppo pregna di elementi pronti a mandarci in confusione facilmente: non è del tutto sconsigliato, quindi, affidare l’intera gestione all’IA, che potrà gestire così tutto in autonomia e senza il nostro intervento manuale.
Tirando le somme, la Definitive Edition di Pathfinder: Kingmaker apre a tutti gli appassionati del gioco di ruolo cartaceo la possibilità di districarsi nelle Stolen Lands anche su PlayStation 4 e Xbox One, ma dall’altro lato pone un grande sbarramento all’ingresso. Senza andare a migliorare eccessivamente la lungaggine di alcuni elementi e procedure, le difficoltà che nascono da alcune incertezze tecniche, Owlcat si limita ad aggiungere le due espansioni pubblicate nel post-lancio (Beneath the Stolen Lands e Varnhold’s Lot) e la classe del Kineticist.
Per tutti i neofiti, quindi, sarà un salto nel vuoto, che terminerà con l’approdo a una baia costruita strizzando gli occhi a Baldur’s Gate, per gli esperti invece Pathfinder: Kingmaker sarà un caldo abbraccio da parte di un vecchio amico che, controller tra le mani, vi permetterà di partire alla volta di Golarion per un’avventura che non potrete dimenticare e che è stata costruita appositamente per voi, con una replica manualistica impeccabile.
- Mastodontico nei contenuti
- La maggior parte dei dialoghi è doppiata
- Manualistica fedelmente riprodotta
- Graficamente troppo incerto
- Quasi proibitivo per i neofiti