Aziende dalla caratura di Disney e Apple hanno contattato la Casa Bianca per dirsi preoccupate dal boicottaggio a WeChat voluto da Trump.

Solo qualche giorno fa, il presidente statunitense aveva emesso un ordine esecutivo atto a frenare la possibilità che l’app cinese di messaggistica WeChat fosse assorbita da ditte a stelle e strisce, ma un difetto semantico ha destato le ire del Corporate America.

Nel documento pubblicato dal Governo, infatti, quest’intenzione è stata infelicemente formalizzata come un impedimento alle aziende USA di portare a termine “qualsiasi transazione che sia connessa a WeChat”, offrendo un’ampia gamma di interpretazioni sibilline.

Perché questo è importante? Sebbene negli Stati Uniti WeChat sia solamente un software poco comune con cui scrivere ad amici e parenti, in Cina la sua diffusione ha tutt’altra importanza e viene usato anche per eseguire le più semplici transazioni economiche. Immaginatevi il nostro PayPal, ma massicciamente onnipresente.

 

 

Se interpretato in maniera letterale, l’ordine firmato da Trump limiterebbe fino a quasi ad azzerare qualsiasi forma di interazione tra le multinazionali americane e il mercato cinese, mercato su cui ormai moltissimi imprenditori fanno affidamento.

La situazione sarebbe doppiamente complessa per Apple, la quale si troverebbe nelle condizioni di dover rimuovere WeChat dal suo App Store, nonostante la consapevolezza che, così facendo, quasi il 94 per cento dei cinesi finirebbe per passare alla concorrenza.

Stando alle informazioni ottenute dal The Wall Street Journal, più di una dozzina delle più importanti aziende statunitensi avrebbero quindi contattato direttamente l’Amministrazione presidenziale per ricevere “chiarimenti” sulla situazione.

Non esistono informazioni su quali siano stati i risvolti effettivi dell’interazione, ma è facile intuire che questi mastodonti abbiano voluto esternare con forza la propria posizione a un presidente che, nonostante tutti i suoi difetti, si è dimostrato sempre pronto ad ascoltare le necessità dei grandi industriali.

 

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