Incorporando alle fibre di vetro delle particelle di diamanti è possibile realizzare dei sensori capaci di rilevare un campo magnetico quantistico.

Il team di ricercatori ispirati anche dall’arte del vetro soffiato hanno realizzato un materiale molto robusto in fibra di vetro e particelle di diamanti in grado di rilevare i campi magnetici.

Questo ci consente di realizzare reti di sensori quantistici a buon mercato in grado di monitorare i cambiamenti nel campo magnetico, con molte applicazioni utili e le risposte a domande a cui non abbiamo ancora pensato

ha affermato Dongbi Bai della RMIT School of Science.

I ricercatori utilizzavano già i diamanti come tecnica all’avanguardia per il rilevamento del campo magnetico quantistico.

Ma pur essendo molto avanzata, questa tecnologia necessità di strumenti sofisticati e di fascia alta.

Come risolvere il problema e rendere la tecnologia più a portata?

La storia che ha portato a realizzare questo materiale è affascinante e passa dall’arte alla scienza.

Tutto nasce da un prestito.

 

L’artista Karen Cunningham infatti affascinata dal lavoro dei ricercatori sull’utilizzo dei diamanti ha voluto sperimentare il comportamento della luce attraverso il vetro e le nanoparticelle di diamanti.

 

I ricercatori dell’Institute for Photonics and Advanced Sensing dell’Università di Adelaide hanno prestato all’artista alcuni dei diamanti più grandi, si parla di particelle di un diametro di circa un micron che normalmente si utilizzano per i test di laboratorio:

Incredibilmente, i diamanti sono sopravvissuti alla soffiatura del vetro di Karen e hanno fatto parte della sua mostra alla JamFactory di Adelaide, nel 2017.

Osservando il lavoro dell’artista i ricercatori provenienti da diverse università, tra cui l’Università RMIT e l’Università di Adelaide, hanno individuato un nuovo materiale ibrido da cui creare una nuova classe di sensori quantistici.

Come hanno spiegato gli scienziati che hanno lavorato al progetto per passare dall’arte  ad un primo prototipo di sensori ci sono voluti altri tre anni di test e fabbricazione

 

Lo studio è stato pubblicato su APL Materials.