Come devono comportarsi le aziende tech con QAnon, la teoria della cospirazione del momento?

Cosa bisogna fare con QAnon, la teoria del complotto sempre più in voga nella destra americana? Secondo un’analista intervistata dal NY Times è necessaria una risposta radicale, e bisogna ripensare alcuni aspetti dei social network.

Negli USA ultimamente si parla molto di QAnon, una folle teoria del complotto abbracciata da una fetta sempre meno marginale dell’ultra-destra americana.

QAnon, il fantomatico agente che rivela i segreti dei potenti satanisti di sinistra

Di che si tratta? Ve la facciamo molto breve, anche se come per (quasi) tutte le teorie della cospirazione —tra sottotrame, evangelisti improbabili e elementi involontariamente comici—, non nascondiamo una certa complessità che meriterebbe un approfondimento a parte: QAnon è un misterioso insider della politica americana che, ciclicamente, avrebbe snocciolato alcuni indicibili segreti dell’establishment americano, il fantomatico Deep State. Dove? Su Reddit e 4Chan, ovviamente. Quali segreti? Beh, ad esempio che il mondo è controllato da una setta di satanisti che trafficano bambini —i Clinton ne fanno parte, ovviamente— e che Donald Trump è in una battaglia quasi solitaria per porre fine a questa tragedia. Ve l’avevamo detto, è divertente.

O meglio, lo sarebbe, non fosse che negli USA e nel mondo QAnon ha raccolto un seguito spaventoso e che nell’immediato futuro gli Stati Uniti d’America potrebbero avere più di qualche membro del congresso che crede apertamente in questa follia. Alcuni outsider di destra noti per essere dei sostenitori di questa teoria hanno vinto le primarie repubblicane nei rispettivi distretti elettorali. 

Alcuni complottisti che credono nelle idee di QAnon rischiano di venire eletti al Congresso

Proprio come era successo con un’altra teoria del complotto che unisce pedofilia e establishment democratico, quella del cosiddetto PizzaGate, si contano già diversi episodi di violenza commessi nel nome di QAnon. Insomma, sarà anche partita come una barzelletta —complotto nel complotto, qualcuno all’inizio sosteneva che fosse un’iniziativa della sinistra per prendersi gioco dei complottisti di destra— ma ora è una faccenda seria. 

Shira Ovide ha cercato di capire assieme a Zarine Kharazian, assistant editor del Digital Forensic Research Lab, cosa dovrebbero fare le aziende tech per impedire a questa teoria del complotto di diffondersi ulteriormente, facendo altri danni. Ne hanno parlato su On Tech, la newsletter dedicata all’innovazione del New York Times.

Kharazian suggerisce una strategia in cinque punti:

  1. I social devono smettere di raccomandare i contenuti associati a QAnon. Pare strano (anzi no, per nulla) ma i contenuti complottisti vengono spesso attivamente consigliati dai principali social. È vero per Facebook ed è vero per Youtube.
  2. Gli influencer cospirazionisti devono venire bannati. L’universo QAnon ha creato una pletora di account popolari particolarmente attivi nel diffondere la teoria (alcuni di loro hanno vinto delle primarie, come dicevamo poco sopra), i social devono iniziare a bannarli o shadowbannarli attivamente. Su Twitter qualcosa inizia già a muoversi e sembra che stia funzionando.
  3. Bloccare tutti i link che portano a siti notoriamente vicini alla teoria del complotto, sono il principale veicolo di QAnon, le piattaforme, anche quelle di messaggistica, devono imparare a riconoscerli e bloccarli automaticamente.
  4. I social devono collaborare tra di loro ad una soluzione comune, come è stato fatto per il contrasto al terrorismo e la messa in sicurezza delle elezioni politiche.
  5. Ripensare completamente le treding list: i sostenitori della teoria, ma non solo, manipolano attivamente le tendenze di Twitter e Youtube per parlare ad un numero di account altrimenti difficilmente raggiungibile. Per la Kharazian è arrivato il momento di ripensare completamente questa parte dei social, i trend devono sparire o diminuire significativamente d’importanza. In altre parole, devono iniziare a selezionare i contenuti su criteri di qualità, e lasciare perdere ciò che è più “chiacchierato”, visto o condiviso, perché spesso non dà nessun valore aggiunto agli utenti.

Sono ricette estreme, ed è impossibile trattare l’argomento senza fermarsi un minimo a chiedersi se esista un diritto a credere o sostenere nelle teorie del complotto, e in che modo una risposta feroce a queste idee debba essere bilanciarsi con la libertà d’opinione e la libertà di parola.

L’unica certezza è che questa riflessione non può più essere rimandata, movimenti come quello creatosi attorno a QAnon costituiscono un serio rischio per la salute della democrazia occidentale, se decidessimo di temporeggiare ancora a lungo, il prezzo da pagare potrebbe essere salatissimo.

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