I malcostumi digitali sul posto di lavoro ledono la nostra salute psicologica e le conseguenze si abbattono regolarmente sulla sfera privata.
Una ricerca condotta da Zhenyu Yuan, assistente professore all’Università dell’Illinois, riporta come le email “incivili”, attive o passive che siano, sono in grado di creare problemi che finiscono con il riverberare su interi nuclei familiari.
Essendo il digitale una parte sempre più predominante della nostra quotidianità, la questione dei contatti molesti risulta ormai un’abitudine tristemente consolidata. Già nel 2009, più del 90 per cento dei professionisti statunitensi dichiarava di aver avuto a che fare con scambi professionali online tutt’altro che rispettosi.
La comunicazione elettronica è efficiente, ma è anche distante e distaccata. Nelle interazioni vis-a-vis, le persone sono solitamente consapevoli delle aspettative condivise per quanto riguarda il comportamento civile e la decenza.
Nel sedere di fronte allo schermo di un computer, tuttavia, la necessità di decenza si disperde. Nessuno [sul posto di lavoro] penserebbe mai di ignorare un quesito o di rispondere in maniera offensiva. Eppure, attraverso le email agli individui è permesso di svicolarsi dalle richieste o di rispondere con un tono indelicato,
fa notare Yuan.
Il nuovo studio, in via di pubblicazione, ha cercato di sondare la distinzione tra le email esplicitamente offensive e il “trattamento del silenzio”, ovvero quel comportamento per cui colleghi e collaboratori fanno finta di non leggere le missive a cui non hanno intenzione di rispondere.
Ne è risultato che gli atteggiamenti apertamente aggressivi evochino una forte risposta emozionale che spinge i lavoratori a impegnarsi meno sul lavoro e a commettere più errori, mentre gli approcci passivi finiscano col fomentare l’ambiguità e le incertezze.
In ambo i casi, lo stress generato si trascina anche a casa e si trasmette alle persone amate. I soggetti che si imbattono frequentemente nelle mancate risposte manifestano inoltre una forte propensione all’insonnia.
Il ricercatore sottolinea la necessità di sviluppare una maggior consapevolezza di queste problematiche, suggerisce quindi ai datori di lavoro di promuovere le interazioni tra colleghi, così che i contatti non siano più percepiti come entità anonime, ma come umani dotati di emozioni.
Nel frattempo, l’unica soluzione efficiente e alla portata di tutti parrebbe essere il distaccamento psicologico, ovvero imparare a lasciare sul lavoro i problemi del lavoro. Un’aspirazione che sembra difficile perseguire, nell’attuale panorama lavorativo in cui è richiesto di essere sempre raggiungibili.
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