Ad inizio aprile era stato il turno del lancio di Quibi, visionaria piattaforma per lo streaming da fruire interamente da smartphone. A distanza di tre mesi, sembra che la partenza sia andata maluccio.

Quibo conta su un catalogo di contenuti brevi ma avvincenti, da guardare quando si è in coda alle poste, o seduti sul tram in attesa di tornare a casa. I generi disponibili sono molteplici, vi basti pensare che la piattaforma ha stretto anche una partnership con la Bumhouse.

L’idea era carina e forse avrebbe potuto funzionare. Il condizionale è d’obbligo, perché questa piattaforma che per motto ha “quick bites, great stories” è stata lanciata nel mezzo di una pandemia globale che ha costretto le persone a stare chiuse dentro casa.

Insomma, non è andata bene. Anzi. Un report di Sensor Tower attribuisce al servizio, sugli oltre 900.000 che avevano sottoscritto il periodo di prova, meno di 100.000 abbonati rimasti a livello mondiale.

Nei primi tre giorni dal lancio Quibi aveva raccolto 910.000 iscritti, e ciascuno di questi al momento dell’iscrizione aveva ricevuto 3 mesi di abbonamento gratuito. Tre mesi che sono scaduti, nella maggior parte dei casi, proprio in questi giorni.

Il tasso di conversione è stato del 10%, solamente 72.000 utenti avrebbero deciso di mantenere attivo l’abbonamento. Davvero pochi.

Sensor Tower spiega che un tasso di conversione del 10% (tra periodo di prova ed effettivo abbonamento) non è nemmeno tremendo, anzi, è nella media. Disney+ aveva raggiunto un tasso dell’11%. Il problema è che stiamo parlando di ordini di grandezza completamente diversi.

Nel frattempo Quibi ha raggiunto 4.5 milioni di download complessivamente. Non sappiamo quanti di questi abbiano sottoscritto un abbonamento e quanti siano ancora nel loro periodo di prova — che, finita la promozione di aprile, è stato ridimensionato a 14 giorni.

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