I ragni producono fili incredibilmente forti e leggeri realizzati con proteine della seta, che possono essere utilizzati per produrre materiali utili. Ecco come è stata prodotta in laboratorio la seta del ragno usando batteri fotosintetici.
I ragni producono fili incredibilmente forti e leggeri alcuni dei quali sono costituiti da un particolare tipo di seta chiamata “dragline“.
Questo tipo di seta è particolarmente studiato da molti ricercatori per via delle sue proprietà tecniche, quali la resistenza alla pressione (di circa sei volte superiore a quella dell’acciaio), la flessibilità e l’elasticità.
La seta “dragline” è costituita da proteine composte da sequenze amminoacidiche ripetute simili, ma non identiche.
La seta “dragline” è costituita da due proteine dette MaSp1 e MaSp2, entrambe composte da sequenze amminoacidiche ripetute, simili ma non identiche, ricche in alanina, glicina, glutamina e prolina, e all’estremità carbossi-terminale di ciascuna proteina sono presenti circa 100 residui amminoacidici non ripetuti e altamente conservati.
Ma, andando oltre questi tecnicismi, è difficile ottenere una quantità grande di queste proteine perché ogni ragno ne produce solo una piccola quantità.
Un gruppo di ricerca ha prodotto la seta del ragno usando batteri fotosintetici.
In un nuovo studio pubblicato su Communications Biology, un gruppo di ricerca guidato da Keiji Numata presso il RIKEN Center for Sustainable Resource Science (CSRS) ha riferito di essere riuscito a produrre la seta del ragno usando batteri fotosintetici.
Questo studio potrebbe aprire una nuova era in cui le bio-fabbriche fotosintetiche potrebbero produrre stabilmente la maggior parte della seta del ragno.
Oltre ad essere resistenti e leggeri, le sete derivate da specie di artropodi sono biodegradabili e biocompatibili.
In particolare, la seta del ragno è ultraleggera ed è resistente come l’acciaio.
La seta di ragno ha il potenziale per essere utilizzata nella produzione di materiali ad alte prestazioni e durevoli come indumenti resistenti allo strappo, parti di automobili e componenti aerospaziali
spiega Choon Pin Foong, che ha condotto questo studio e che prosegue dicendo:
la sua biocompatibilità lo rende sicuro per l’uso in applicazioni biomediche quali sistemi di rilascio di farmaci, dispositivi di impianto e scaffold per l’ingegneria dei tessuti.
Poiché solo una piccola quantità di seta può essere ottenuta da un ragno e poiché è difficile allevare un gran numero di ragni, sono stati già fatti tanti tentativi per produrre seta di ragno artificiale.
Il team CSRS si è concentrato sul batterio fotosintetico marino Rhodovulum sulfidophilum in quanto è ideale per creare una bio-fabbrica sostenibile perché cresce nell’acqua di mare, richiede anidride carbonica e azoto nell’atmosfera e utilizza energia solare, tutti materiali abbondanti e inesauribili.
I ricercatori hanno ingegnerizzato geneticamente il batterio in particolare per produrre la proteina MaSp1, che si ritiene svolga un ruolo importante nella forza della seta del ragno.
L’ottimizzazione della sequenza genetica che hanno inserito nel genoma del batterio è stata in grado di massimizzare la quantità di seta che poteva essere prodotta.
Hanno anche scoperto che una semplice ricetta – acqua di mare artificiale, sale bicarbonato, azoto, estratto di lievito e irradiazione con luce nel vicino infrarosso – che consente al batterio di crescere bene e di produrre in modo efficiente le proteine della seta.
Ulteriori osservazioni hanno confermato che la superficie e le strutture interne delle fibre prodotte nei batteri erano molto simili a quelle prodotte naturalmente dai ragni.
Il nostro studio attuale mostra la prova iniziale del concetto per la produzione di seta di ragno nei batteri fotosintetici. Ora stiamo lavorando per produrre in serie proteine di dragline di seta di ragno a pesi molecolari più elevati grazie al nostro sistema fotosintetico.
afferma Numata che conclude:
le fabbriche di cellule microbiche fotosintetiche, che producono materiali a base biologica e biodegradabili attraverso un bioprocesso a emissioni zero, potrebbero aiutarci a raggiungere alcuni degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) adottati dalle Nazioni Unite come l’Obiettivo n. 12 (Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo) e l’Obiettivo n. 13, (Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico).
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