Rapporto ISTAT 2020: la situazione del Paese raccontata dai numeri  mostra un paese in discesa su tutti i fronti. Per la prima volta la percentuale dei figli che staranno peggio dei loro genitori (26,6 %) supera quelli che miglioreranno la loro situazione.

La ventottesima edizione del Rapporto Annuale sulla situazione del Paese esamina lo scenario venutosi a creare con l’irrompere dell’emergenza sanitaria e verifica gli effetti sulla società e sull’economia dell’Italia.

L’ISTAT per spiegare con una metafora visiva il messaggio principale (e preoccupante) del rapporto afferma che l’ascensore sociale italiano funziona al contrario: fa scendere invece che salire.

Per l’ultima generazione (1972-1986), la probabilità di accedere a posizioni più vantaggiose invece che salire è diminuita.

Il 26,6% dei figli rischia un “downgrading” rispetto ai genitori. Una percentuale, praticamente più di 1 su 4, superiore rispetto alle generazioni precedenti. E anche più alta di quella in salita (24,9%). Cosa che non era mai accaduta prima.

Ovviamente in questa fotografia preoccupante bisogna considerare che ci stiamo faticosamente rialzando dalla catastrofe socio-sanitaria-economica messa in atto dalla pandemia di COVID-19.

Ed è proprio facendo riferimento a questa specifica situazione che il presidente dell’ISTAT Gian Carlo Blangiardo afferma che questo è un rapporto che ha delle caratteristiche di originalità, quest’anno, più che mai, vediamo come

il rapporto annuale ISTAT 2020 cali le dinamiche tendenziali nella cronaca.

Ecco l’intervista completa al presidente dell’ISTAT, Gian Carlo Blangiardo:

 

 

C’è stato un aumento delle disuguaglianze e il COVID-19 ha colpito soprattutto i più deboli.

Uno dei primi indicatori che salta all’occhio, ma di cui noi tutti ci siamo accorti direttamente sulla nostra pelle, è che il COVID-19 ha aumentato le disuguaglianze e colpito i più vulnerabili.

L’arrivo del Covid ha portato al sovrapporsi delle disuguaglianze sulle precedenti disuguaglianze del mercato del lavoro.

Afferma il direttore centrale per gli studi e la valorizzazione dell’area sociale dell’Istat, Linda Laura Sabbadini.

In particolare, spiega,

siccome il settore colpito di più in questo momento e meno tutelato dal punti di vista degli ammortizzatori sociali e della cig è quello dei servizi, a differenza di quel che è accaduto nelle precedenti crisi in cui erano industria e costruzione, ha fatto sì che peggiorasse la situazione delle donne e dei giovani.

I giovani tra i 25 e i 34 anni ormai stanno 10 punti di tasso di occupazione sotto i livelli del 2008: 8 punti che si portavano dal periodo pre-Covid e due punti che si sono aggiunti solo con marzo e aprile. Ora anche qualcosa di più con il mese di maggio. Particolarmente critica è poi la situazione degli irregolari, considerando che nel settore dei servizi, rientrano la ristorazione e il turismo dove sappiamo che l’irregolarità è più frequente.

Il problema della disoccupazione è davvero centrale e preoccupante come si può vedere dal riassunto in questa slide estratta dalla presentazione del rapporto:

 

 

E nel nostro paese, dove purtroppo l’ascensore sociale porta ai piani bassi piuttosto che in alto funzionando al contrario rispetto a quanto dovrebbe essere in un paese giusto e sviluppato, il clima di incertezza impatterà anche sulla natalità.

Il calo dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021.

 

 

 

Disuguaglianza anche nella morte: i più poveri e meno istruiti muoiono di più.

Abbiamo già detto che sono aumentate le disuguaglianze, ma non si tratta solo di disuguaglianze economiche e difficoltà strettamente legate al mondo del lavoro, la disuguaglianza è anche nel settore della salute.

L’epidemia ha colpito maggiormente le persone più vulnerabili, acuendo al contempo le significative disuguaglianze che affliggono il nostro paese, come testimoniano i differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal covid-19. Sono infatti le persone con titolo di studio più basso a sperimentare livelli di mortalità più elevati

si legge nel rapporto annuale 2020 dell’ISTAT

Nel marzo 2020 e, in particolare, nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, oltre a un generalizzato aumento della mortalità totale, si osservano maggiori incrementi dei tassi di mortalità, in termini tanto di variazione assoluta quanto relativa, nelle fasce di popolazione più svantaggiate, quelle che già sperimentavano, anche prima della epidemia, i livelli di mortalità più elevati.

Uno scarso livello di istruzione, povertà, disoccupazione e lavori precari influiscono negativamente sulla salute e sono correlati al rischio di insorgenza di molte malattie (per esempio quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie croniche delle basse vie respiratorie e alcuni tumori), che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il COVID e il relativo rischio di morte.

L’ISTAT spiega che “le persone con un basso livello di istruzione presentano un livello di mortalità sempre più elevato”, ma l’epidemia

ha acuito le diseguaglianze preesistenti, con un maggiore impatto sulle persone con basso titolo di studio, non necessariamente anziane. A questo proposito, merita particolare attenzione il caso delle donne di 35-64 anni meno istruite, presso le quali si osserva un aumento del 28 per cento del ‘rm’ rispetto alle altre.

ossia del rapporto standardizzato di mortalità che misura l’eccesso di morte dei meno istruiti rispetto ai più istruiti.

 

 

 

 

Le disuguaglianze non risparmiano i più piccoli: la DAD ha messo in crisi le famiglie

Quanto ai più piccoli, per l’ISTAT

la chiusura delle scuole imposta dall’emergenza epidemica può produrre un aumento delle diseguaglianze tra i bambini: nel biennio 2018-2019 il 12,3% dei minori di 6-17 anni (pari a 850mila) non ha un pc né un tablet ma la quota sale al 19% nel Mezzogiorno (7,5% nel Nord e 10,9% nel Centro). Lo svantaggio aumenta se combinato con lo status socio-economico: non possiede pc o tablet oltre un terzo dei ragazzi che vivono nel Mezzogiorno in famiglie con basso livello di istruzione.

Inoltre,

svantaggi aggiuntivi per i bambini possono derivare dalle condizioni abitative. Il sovraffollamento abitativo in Italia è più alto che nel resto d’Europa (27,8% contro 15,5%), soprattutto per i ragazzi di 12-17 anni (47,5% contro 25,1%).