Svelato il “codice genetico” per il senso dell’olfatto: grazie all’optogenetica è stato possibile generare un odore artificiale. I risultati aprono la strada allo sviluppo di protesi nervose in grado di ripristinare il funzionamento di parti danneggiate del nostro cervello.
Un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con
la New York University è riuscito per la prima volta a trasmettere un odore artificiale direttamente alle cellule nervose del bulbo olfattivo, una delle zona del cervello dove viene elaborato il senso dell’olfatto.
Questo studio, fornisce elementi fondamentali per la comprensione del linguaggio del cervello e apre la strada alle ricerche per il ripristino delle funzionalità di un sistema nervoso danneggiato.
Il team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia guidato da Stefano Panzeri, coordinatore del Centro IIT di Neuroscienze e Scienze Cognitive di Rovereto e responsabile del laboratorio Neural Computation, mediante l’utilizzo di algoritmi di machine learning, ha sviluppato modelli matematici in grado di interpretare e tradurre la lingua delle cellule nervose legate alla percezione degli odori, riuscendo così a
comprendere come il cervello elabori lo stimolo olfattivo.
Questo lavoro ha di fatto creato una “stele di rosetta” per comprendere la lingua del sistema nervoso per quanto riguarda l’odore e la sua percezione.
Per gli esperimenti, svolti dal gruppo di ricerca della New York University, è stato utilizzato un odore artificiale realizzato con il modello matematico sviluppato dai ricercatori IIT che è poi stato trasmesso alle cellule nervose del bulbo olfattivo di un modello animale utilizzando tecniche di optogenetica, una metodica che permette di accendere e spegnere, tramite la applicazione di piccoli fasci luminosi sul
tessuto cerebrale, i neuroni responsabili dell’analisi dell’informazione sensoriale.
Tale stimolo virtuale è stato tradotto in sequenze temporali e spaziali di luce e, agendo su queste variabili, i ricercatori sono riusciti a creare uno stimolo olfattivo virtuale modulando i segnali trasmessi al cervello, anche in assenza di odori reali presenti all’esterno.
In precedenza si erano solo ipotizzati i meccanismi che il cervello usa per processare l’informazione proveniente dall’olfatto “ascoltando” le cellule nervose. Adesso, per la prima volta, il team internazionale è stato in grado anche di “parlare” direttamente al cervello ricevendo un riscontro concreto sulla comprensione del messaggio e dimostrando così di avere capito il linguaggio del cervello.
Il nostro team ha fornito gli strumenti matematici per decodificare il codice neurale, generando una formula matematica che spiega come il cervello combini l’attività dei neuroni del sistema olfattivo per produrre le sensazioni.
Ha spiegato Stefano Panzeri.
In altre parole lo studio dimostra per la prima volta come l’alfabeto del cervello combini e organizzi la sequenza temporale dell’attivazione di diversi gruppi di neuroni posizionati in varie parti del cervello, come l’alfabeto scritto o quello musicale combinano in una sequenza temporale diverse lettere o note per generare il significato di una frase o le sensazioni suscitate da una melodia.
Fino a ora sono state utilizzate per comunicare con le cellule nervose solo porzioni dell’alfabeto della loro lingua separatamente. In pratica si è comunicato con il cervello utilizzando solo una lettera alla volta.
Dichiara Monica Moroni, ricercatrice IIT e tra gli autori principali dello studio, che aggiunge
ora abbiamo dimostrato come si fa a combinare le diverse lettere, che per noi sono l’attivazione di diversi gruppi di neuroni, per comporre nel tempo “frasi” e fornendo un messaggio direttamente ai neuroni con una articolazione senza precedenti.
Questo lavoro sul breve periodo fornirà strumenti fondamentali per la ricerca nell’ambito delle neuroscienze. In particolare, il lavoro dei ricercatori IIT permetterà di aiutare a capire i malfunzionamenti del sistema nervoso “dialogando” con una parte del cervello per capire come funzioni o perché non funzioni correttamente.
La strada per arrivare ad applicazioni cliniche è ancora lunga: sarà necessario affinare
maggiormente la gamma di “vocaboli” di questa nuova lingua per comunicare in maniera sempre più efficace.
Nel più lungo periodo i risultati dello studio potranno essere applicati a nuove biotecnologie per la riparazione degli organi di senso danneggiati mediante interfacce artificiali e protesi nervose che potranno dialogare efficacemente con il cervello.
Sullo stesso tema abbiamo recentemente scritto:
- Manipulating synthetic optogenetic odors reveals the coding logic of olfactory perception (science.sciencemag.com)