Inutile negarlo, abbiamo passato i primi mesi del 2020 con quella strana sensazione di aver vissuto in un mondo a metà strada tra la realtà e un film di zombie. Come nelle migliori pellicole di Romero abbiamo visto un virus sconosciuto mettere sotto scacco l’umanità in poche mosse.
Abbiamo visto paesi isolati in quarantena, strade deserte, supermercati presi d’assalto per recuperare cibo e beni di prima sopravvivenza (tipo carta igienica o lievito…) posti di blocco e la ricerca del “paziente zero”.
Chi ha un minimo di dimestichezza con la cultura zombie: film, videogiochi, gadget o altro, si sarà forse fatto due conti e chiesto se, sopravvissuto al Coronavirus, sarebbe magari in grado di affrontare una vera apocalisse zombie.
Barricati in casa, fatte le provviste di cibo in scatola e carta igienica, lucidata la mazza da baseball e caricato il fucile a pompa, che cosa ci potrebbe realmente salvare da un’apocalisse zombie? Un vaccino? Il paziente zero? Brad Pitt?
Curiosamente questa risposta, peraltro scontata per chi mastica bene un po’ di zoologia, è stata quasi completamente ignorata dalla tradizione cinematografica e culturale degli zombie, anche nei prodotti scientificamente più interessanti come 28 giorni dopo (che immagina un agente zombificante simile alla rabbia, tutto sommato verosimile nella sintomatologia) e il più recente La ragazza che sapeva troppo (che immagina un’infezione da spore di un fungo del gruppo Cordyceps, organismo che, anche nella realtà, trasforma alcuni invertebrati in “zombie”).
Se vi siete mai chiesti che cosa potrebbe mai porre fine ad un’apocalisse zombie, la risposta è questa: gli insetti.
Con gli insetti in giro l’apocalisse zombie non durerebbe più di qualche settimana, al massimo qualche mese. Gli insetti sono in assoluto il più efficiente sistema di smaltimento cadaveri (morti o non-morti che siano) che abbiamo sul nostro pianeta, più di Rick Grimes, Ash Williams (reparto ferramenta), o delle testate nucleari.
Gli insetti più bravi in questo sono senza dubbio le mosche e le mosche sono praticamente ovunque. Ovunque vi siano esseri umani, meglio ancora se putrescenti.
Grazie a raffinati recettori chimici, le mosche riescono a rintracciare un cadavere anche a qualche decina di chilometri di distanza. Una volta individuato e raggiunto, vi depongono sopra le uova e il banchetto ha inizio. Larve e quindi adulti, e quindi di nuovo uova e larve e adulti, andranno avanti a divorare e dilaniare il malcapitato cadavere senza sosta, finché di carne e tessuti molli non rimarrà più traccia.
Le tempistiche della decomposizione di un cadavere dipendono principalmente dalle condizioni ambientali: ovviamente in frigo una bistecca può durare qualche settimana, in freezer mesi, in giardino d’estate pochi giorni.
In quella che potrebbe essere una normale estate italiana, un cadavere di circa 70 Kg non rimarrebbe in circolazione per più di due o tre mesi. In ambienti meno temperati o in stagioni invernali la cosa si può prolungare di qualche mese, fino ad avere secolari processi di mummificazione in presenza di neve e ghiaccio (vedi Oetzi), ma sono casi limite.
The Walking Dead sicuramente non ci avrebbe fatto 10 stagioni. Un paio di episodi, al massimo.
Non sono tuttavia solo le mosche a salvarci da un mondo pieno di cadaveri, ma anche formiche, coleotteri, funghi e batteri.
Per non scandalizzare gli animi sensibili con cadaveri reali, si può vedere come se la cava ad esempio il Big Mac Vs le Larve:
o la Banana Vs le Formiche:
Se sei vuole invece osare oltre e avere un’idea della vera potenza di fuoco degli insetti basta guardare un qualsiasi time-lapse di tassidermia osteologica.
I coleotteri dermestidi (flesh-eating beetles, per gli amici), ad esempio, vengono spesso utilizzati nei musei naturalistici per preparare gli scheletri degli animali, ripulendoli in modo più preciso ed economico di qualsiasi bisturi o acido.
Se pensate che uno zombie sia sostanzialmente immortale, provate a mettergli davanti una manciata di dermestidi e vedrete quanto dura.
Il problema adesso è che questa potenza di fuoco di cui disponiamo gratuitamente sta diminuendo in modo preoccupante, a causa di un’altra apocalisse, ben più reale della precedente: l’apocalisse degli insetti.
La questione è seria, tanto da meritarsi anche la copertine del numero di maggio del National Geographic magazine che, dopo numerosi studi scientifici, rilancia l’allarme: dove sono finiti tutti gli insetti?
La domanda era nata nei primi studi pionieristici di qualche anno fa, il famoso splattometro danese, che misurava come nell’ultimo ventennio la quantità di insetti spiaccicati sui parabrezza delle auto fosse diminuito in modo considerevole, fino alle più recenti revisioni d’insieme sui tessi di estinzione di specie e declino della biodiversità.
Uno corposo studio internazionale di questo secondo tipo uscito all’inizio dell’anno su Biological Conservation e firmato da entomologi di altissimo livello, parla chiaro:
Gli insetti stanno scomparendo ad una velocità pericolosamente elevata da tutto il pianeta.
La cosa davvero preoccupante, per chi già immagina finalmente estati senza zanzare e pic-nic senza formiche, è che sono sostanzialmente gli insetti a tenere insieme gli ecosistemi del pianeta.
Il passo successivo alla loro scomparsa o, ben prima, alla loro drastica diminuzione, sarà il collasso di molti ecosistemi, della loro funzionalità e, più venialmente, delle economie ad essi legate. Basti pensare che gli impollinatori, uno dei gruppi più minacciati, sostiene da solo i due terzi delle nostre produzioni agricole.
I risultati dello studio vengono riassunti in uno dei paragrafi conclusivi:
Questo gruppo di animali contribuisce alla struttura, alla fertilità e alle dinamiche spaziali del suolo ed è un elemento cruciale per il mantenimento della biodiversità e delle reti alimentari.
Un gran numero di insetti fornisce prodotti medici o industriali e, a livello globale, più di 2000 specie di insetti vengono consumate come cibo.
Inoltre, negli agroecosistemi, gli insetti svolgono molte funzioni diverse, come l’impollinazione, il riciclo dei nutrienti e dell’energia, l’eliminazione dei parassiti, la dispersione dei semi e la decomposizione di materia organica, feci e carogne.
In questo contesto, come risulta evidente, il declino degli insetti può influire negativamente sul mantenimento dell’approvvigionamento alimentare e mettere a rischio il benessere umano.
Insomma, possiamo smaltire un’invasione di zombie in qualche mese, ma non sopravvivremo mai ad un’apocalisse di insetti.