Non c’è Coronavirus, pandemia o lockdown che tenga placate le ruspe del presidente Bolsonaro. Purtroppo dall’inizio dell’anno, nella più grande foresta pluviale della Terra, sono stati deforestati oltre 1.200 chilometri quadrati.

Ricordiamo tutti l’anno “orribilis” del 2019 con ettari di foresta dimezzata dagli incendi, è proprio dall’anno scorso che la foresta amazzonica ha visto crescere a dismisura, dopo quindici anni di calo, la propria deforestazione. Una realtà che sta mettendo a repentaglio e a forte rischio il futuro di uno degli ecosistemi più importanti del pianeta trasformandolo dal nostro polmone a un’arida savana. Nonostante il blocco causato dal Covid-19 ad oggi, rispetto ai dati del 2019, i tassi di deforestazione sono cresciuti ulteriormente.

Nonostante il lockdown il governo Bolsonaro ha continuato con l’opera di deforestazione, in aumento rispetto al 2019

La foresta amazzonica viene rasa al suolo per creare campi coltivati e scavare miniere © Felipe Werneck/Ibama/Flickr via AP

 

Da gennaio ad aprile, secondo i dati pubblicati lo scorso 8 maggio dall’Istituto nazionale per le ricerche spaziali (Inpe), sono stati rasi al suolo 1.202 chilometri quadrati di foresta, il 55 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2019.

Solo nel mese di aprile più di 405 chilometri quadrati sono stati già disboscati

Se si considera solo l’area disboscata ad aprile, circa 405 chilometri quadrati, c’è stato un incremento del 64 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Negli ultimi dodici mesi la distruzione della foresta ha raggiunto il livello più alto dal 2007, anno di inizio del monitoraggio mensile.

Il rischio è che questa crescente deforestazione, combinata al clima secco in vaste aree del Brasile, lasci presagire un’altra tremenda stagione degli incendi particolarmente grave, con conseguenze non locali o nazionali ma mondiali, dato che la foresta amazzonica è il principale deposito di anidride carbonica del pianeta.

 

 

Tra l’aprile del 2019 e l’aprile del 2020 è stata deforestata un’area di 9.320 chilometri quadrati, il 40 per cento in più rispetto all’anno precedente e più del doppio in confronto al 2018, facendo registrare un continuo incremento per tredici mesi consecutivi.

Il presidente Bolsonaro sin dalla campagna elettorale ha spinto verso il disboscamento della foresta.

Ricordiamo che dalla sua elezione ha indebolito le normative ambientali, ridotto drasticamente le sanzioni per la deforestazione illegale, tagliato budget e personale dell’agenzia ambientale Ibama, diminuito il ruolo degli scienziati nel governo, aperto i territori indigeni all’assalto delle multinazionali e, addirittura per cercare qualche capro espiatorio, accusato Leonardo Di Caprio, e la sua associazione, di aver finanziato gli incendi in Amazzonia.

 

Pappagalli tropicali della foresta amazzonica © Andrew.jk/Flickr

 

Nonostante la sua politica contro l’amazzonica, e tutto ciò che ne concerne, lo scorso 5 maggio il presidente Bolsonaro si è trovato costretto ad intervenire autorizzando l’esercito ad intervenire contro la distruzione della foresta amazzonica.

Questa decisione è stata però criticata da conservazionisti e ambientalisti, che ritengono sarebbe stato meglio aumentare le risorse a disposizione delle agenzie ambientali, che hanno una maggiore conoscenza della foresta e delle minacce che la affliggono.