La quarantena ha garantito un calo dell’emissione di CO2 che in certe aree ha toccato il 50%, ma su ampia scala l’impatto è contenuto.
Con automobili e industrie ferme per l’emergenza sanitaria, in molti hanno abbracciato l’idea che la pandemia possa perlomeno risolvere il problema dell’inquinamento, ma il calo dei gas serra è bel al di sotto degli obiettivi che dobbiamo raggiungere.
Nonostante la quarantena abbia reso cristallina l’acqua dei fiumi e pulita l’aria delle città, le previsioni degli esperti sottolineano che, se andrà bene, quest’anno le emissioni di CO2 caleranno solamente del 5%.
Una simile percentuale è invero astronomica se comparata alla normale media, ma non raggiunge il 7.6% necessario a soddisfare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, ovvero quello di tamponare di 1.5ºC il riscaldamento globale.
La performance delude soprattutto se si considera che una soluzione tanto draconiana quale è il lockdown si stia dimostrando insufficiente ad affrontare un problema che, evidentemente, dobbiamo ancora imparare a gestire.
«Se vi sareste aspettati un declino proporzionale tra [PIL] ed emissioni, quella che sembra una catastrofe economica è una riduzione abbastanza modesta, se comparata alla direzione che dobbiamo prendere»
ha fatto notare Trevor Houser, capo ricercatore presso Rhodium Group.
D’altronde, molte delle emissioni che appestano l’atmosfera sono frutto di fonti che, a differenza del traffico automobilistico, non si sono mai veramente fermate. Stando ai dati di Global Carbon Project, il trasporto stradale emette infatti solo il 10% della CO2, un nonnulla se comparato al 45% della produzione energetica o al 22% delle fabbriche.
Ancora oggi, buona parte dell’elettricità viene infatti generata attraverso la combustione di carbone e, contando le sole emissioni dalla Cina, il carbone produce 7.3 gigatoni di gas annui, un quinto dell’inquinamento totale.
Visto che non ci si può muovere, almeno il consumo di petrolio si è attenuato, ma siamo lungi dal poter dire che si sia arrestato: i trasporti essenziali sono ancora attivi via gomma, mare e aria e non bisogna inoltre dimenticare l’industria petrolchimica, la quale è ancora attiva e, in alcuni casi, ha persino aumentato i ritmi di produzione.
L’attuale quarantena dimostra che sia estremamente difficile ridurre la CO2 limitandosi ad alterare le nostre abitudini quotidiane e sottolinea la necessità di un impegno attivo nell’applicare soluzioni tecnologiche che vadano a “decarbonizzare” la produzione globale.
Una simile rivoluzione andrebbe però a impattare sulla velocità della crescita economica, un sacrificio che le nazioni più inquinanti al mondo – Cina, Stati Uniti e India – sembrano ben lungi dal voler portare avanti.
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