Diavoli, la recensione: Alessandro Borghi e Patrick Dempsey squali della finanza nella serie Sky

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La recensione di Diavoli, serie ispirata all’omonimo romanzo di Guido Maria Brera, con Alessandro Borghi e Patrick Dempsey nel ruolo di esperti di finanza prima alleati e poi rivali, determinati come monaci guerrieri. Dal 17 aprile su Sky.

Dietro ai numeri c’è di più: nello scrivere la recensione di Diavoli ci è venuta in mente la scena di La grande scommessa in cui una Margot Robbie mozzafiato immersa in una vasca da bagno spiega intricati concetti di economia.

 

 

Dal 17 aprile su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv, Diavoli, serie prodotta da Sky Studios e Lux Vide, ispirata all’omonimo romanzo di Guido Maria Brera, che, oltre a essere tra i fondatori della casa editrice La nave di Teseo e uno scrittore, è sopratutto un uomo di finanza e questo mondo lo conosce bene, mette in atto lo stesso stratagemma del film di Adam McKay.

 

Diavoli

 

Parte tutto nella sede londinese della New York – London Investment Bank (in realtà ricostruita a Roma, in parte in teatri di posa, in parte utilizzando il Roma Convention Center La Nuvola di Fuksas). Si cita David Foster Wallace:

Ci sono questi due giovani pesci che nuotano e incontrano un pesce più vecchio che nuota in senso contrario e fa loro un cenno, dicendo: «Salve ragazzi, com’è l’acqua?» e i due giovani pesci continuano a nuotare per un po’ e alla fine uno di loro guarda l’altro e fa: «Che diavolo è l’acqua?»

 

E ci sono due pesci, anzi, due squali della finanza, uno più vecchio, Dominic Morgan, interpretato da Patrick Dempsey, CEO della banca, e uno più giovane, Massimo Ruggero, l’orgoglio italiano all’estero Alessandro Borghi, suo pupillo, promosso a head of trading. Uno viene dall’altro e l’altro dal basso, ma entrambi hanno sacrificato tutto in nome del guadagno, entrambi si portano dietro un’ombra pesante, la perdita di una persona molto cara.

 

Diavoli

 

 

 

Diavoli: Alessandro Borghi e Patrick Dempsey fanno a gara di bravura

Margot Robbie nel film di Adam McKey dicevamo: Diavoli fa un’operazione simile, mostrandoci fatti reali, come la bancarotta di Lehman Brothers, la morte di Gheddafi e la guerra in Libia, uniti a tecnicismi del mondo finanziario spiegati da belle facce, che diventano portatrici di un intero sistema di valori.

Morgan e Massimo sono i due lati della stessa medaglia: uno viene da una benestante famiglia americana, l’altro da un piccolo borgo italiano di pescatori, ma entrambi hanno fatto del denaro la propria ragione di vita. Quando Massimo capisce però di essere stato messo in un intricato complotto finanziario, che gioca con la vita e la morte delle persone, trattandole come numeri e non esseri umani, ha una crisi di coscienza. Deve continuare a sostenere l’uomo che gli ha permesso di realizzare le proprie ambizioni, o deve invece contrastarlo? La sua decisione mette a rischio la sorte di interi paesi.

Morgan e Massimo sono i due lati della stessa medaglia

Diavoli

 

Tra i protagonisti si instaura quindi un duello a colpi di azioni e sguardi di fuoco: Patrick Dempsey si diverte da morire a fare finalmente un antieroe dopo dieci anni di Grey’s Anatomy, in cui era il protagonista senza macchia (i famosi capelli sono sempre quelli però, qui con l’aggiunta di un ciuffo bianco che lo fa sembrare la risposta maschile a Crudelia De Mon). L’attore americano può dare finalmente sfogo al suo lato più mefistofelico, misurando gesti e movimenti, sfoggiando raramente sorrisi, che però quando arrivano gelano il sangue.

La vera colonna portante di Diavoli è Alessandro Borghi: orgoglio italiano all’estero

La vera colonna portante di Diavoli è però Alessandro Borghi: protagonista assoluto, presente nella maggioranza delle scene, l’attore romano recita in inglese e i risultati di sei mesi di riprese in cui ogni giorno si è esercitato con una coach hanno dato i loro frutti. Emotivo e allo stesso tempo glaciale, sofisticato e brutale, Borghi cerca di dare più tridimensionalità possibile al suo personaggio, anche se la scrittura non sempre lo aiuta.

 

 

 

Diavoli è un thriller ambizioso, che però non brilla quanto la sua luccicante confezione

Diavoli

 

Diavoli ha una bella confezione: un ottimo cast, bellissime location e una colonna sonora interessante.

Scritta da Alessandro Sermoneta, Mario Ruggeri, Elena Bucaccio, Guido Maria Brera, Christopher Lunt e Michael A. Walker, Diavoli ha una bella confezione. Un ottimo cast, che comprende anche Kasia Smutniak nel ruolo di Nina, moglie di Dominic; Lars Mikkelsen, che ha il ruolo di Daniel Duval, leader di Subterranea, una piattaforma clandestina di controinformazione, e Laia Costa, che interpreta Sofia, ragazza argentina che lavora per Duval e ha un conto in sospeso con Morgan. Bellissime location (è una gioia vedere finalmente Roma e la Costiera Amalfitana in una storia che non sia la classica commedia o un racconto di criminali). Una colonna sonora interessante, firmata da John Paesano (che ha composto le musiche della trilogia di Maze Runner, della serie Daredevil e del videogioco Detroit: Become Human).

 

 

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È però proprio la scrittura a non essere all’altezza di altre grandi produzioni originali di Sky: Boris, Romanzo Criminale, Gomorra – La serie, The Young Pope e Il Miracolo ci hanno abituato a dialoghi brillanti, a personaggi cesellati al millimetro.

Diavoli invece fatica nel trovare la propria personalità. Si prendono spesso frasi di altri in prestito (pensiamo al finale della prima puntata, in cui si cita una celebre battuta di I soliti sospetti), le metafore non sono mai troppo sottili (l’ascensore come punto di contatto tra l’alto e il basso, Morgan, che è in una posizione di potere, mangia riso in bianco per rimanere lucido, mentre i suoi sottoposti bevono e si presentano con il mal di testa in ufficio).

La scrittura non è all’altezza delle altre grandi produzioni originali di Sky

Molto sa di già visto e addirittura si prendono in toto difetti di autori come Christopher Nolan, invece dei pregi: c’è un’eccessiva geometria degli spazi, una freddezza che spesso non è funzionale alla storia, finendo per non farci mai entrare davvero in empatia con i personaggi.

Va bene la metafora dei pesci, dell’acqua e del mondo visto come un acquario, ma siamo fatti anche di carne e sangue. Nei sei episodi che abbiamo visto accadono e vengono dette molte cose, che però rendono inutilmente complicato il racconto, invece che complesso.

Già confermata per una seconda stagione, che si andrà ad aggiungere al primo ciclo di dieci episodi, speriamo che Diavoli riesca a maturare: i suoi due affascinanti protagonisti se lo meritano.

 

Diavoli è su Sky Atlantic dal 17 aprile.
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