Governando le proprietà dei vetri colloidali saremo in grado di produrre nuovi tipi di vetro sia per migliorare le prestazioni di quelli esistenti sia per nuove applicazioni.

Grazie a un progetto di ricerca coordinato da fisici dell’Università di Trento, è stato possibile misurare lo stress intrappolato nei vetri colloidali, passaggio obbligato per controllare le proprietà meccaniche di questi materiali.

Il risultato apre la strada a diversi tipi di vetro che sarebbero quindi utilizzabili anche per nuove applicazioni e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica americana “Science Advances”.

I vetri utilizzati per gli obiettivi delle macchine fotografiche o per le lenti degli occhiali sono diversi da quelli con cui vengono realizzati i parabrezza delle auto.

Differiscono non solo per la loro trasparenza, ma anche per la modalità in cui si rompono se soggetti a un forte stress. Il primo tipo di vetro per esempio si frantuma dando origine a grandi schegge, mentre il secondo si infrange in mille pezzi. Questa proprietà può sembrare banale, ma invece non solo rappresenta una grande differenza nella struttura interna del materiale, ma è anche strategica per l’utilizzo sicuro degli stessi.

Da tempo sono note procedure per ottenere vetri con specifiche proprietà, ma ora si possono controllare molto meglio.

Da tempo l’industria conosce e utilizza alcune procedure adatte a ottenere vetri con proprietà specifiche: lente ricotture per le applicazioni ottiche per esempio oppure tempra per vetri che si rompano in condizioni di sicurezza.

Queste procedure determinano lo stato di stress interno del vetro, che può essere dunque facilmente minimizzato o massimizzato.

Come fare però a controllare in un vetro lo stato di stress in situazioni intermedie perché raggiunga un valore desiderato?

È su tale domanda che si è concentrato un team di fisici dell’Università di Trento consapevole che se questa possibilità diventasse reale, ci consentirebbe di produrre differenti tipi di vetro per nuove applicazioni.

I fisici hanno prodotto vetri colloidali caratterizzati da uno stress fortemente direzionale

Il team di ricerca ha studiato dei vetri colloidali, cioè costituiti da palline appena visibili a occhio nudo immerse in soluzione a una concentrazione tale da formare un solido compatto. Attraverso una serie di esperimenti, condotti all’interno del Sincrotone Petra di Amburgo (Desy, Deutsches Elektronen-Synchrotron), in Germania, i fisici trentini sono riusciti a produrre vetri colloidali caratterizzati da uno stress fortemente direzionale, vale a dire materiali in cui le forze intrappolate localmente durante la produzione sono tutte dirette nella stessa direzione.

Giulio Monaco, direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e coordinatore dello studio, spiega

I vetri colloidali sono un sistema relativamente stabile. Pensiamo al vetro di una finestra, che può resistere anche secoli. Localmente, però, gli atomi o le particelle sono sottoposti a forze notevoli la cui intensità, distribuzione e direzione, determinano le proprietà meccaniche del materiale e che sarebbe utile poter controllare.

e conclude

Misurare l’intensità e la direzione dello stress in un vetro è un passaggio imprescindibile perché queste forze possano essere controllate e dunque utilizzate per applicazioni in ambito industriale.