Le api becchino riescono a scovare le compagne morte nell’oscurità e in soli 30 minuti. Un mistero dell’ecologia comportamentale che forse sta per essere risolto.
Tra le api operaie c’è una classe che si occupa di rintracciare le compagne morte ed è in grado di trovarle nell’oscurità in appena 30 minuti e nonostante il fatto che il defunto non abbia iniziato a emanare i tipici odori di decadimento.
Questo incredibile comportamento è un mistero dell’ecologia comportamentale, ma forse un nuovo studio potrebbe rivelare come le “api becchino” riescano nel loro compito.
Il lavoro, che però non è ancora stato sottoposto a “peer review” è a firma di Wen Ping, ecologista del giardino botanico tropicale Xishuangbanna dell’Accademia cinese delle scienze.
L’autore si è chiesto se uno specifico tipo di molecola di profumo potesse aiutare le api becchino a trovare i loro compagni di alveare deceduti.
L’idea nasce dal fatto che formiche, api e altri insetti sono ricoperti di composti chiamati idrocarburi cuticolari (CHC), che compongono parte del rivestimento ceroso sulle cuticole (le parti lucide dei loro esoscheletri) e aiutano a prevenire che si secchino. Mentre gli insetti sono vivi, queste molecole vengono continuamente rilasciate nell’aria e sono anche utilizzate per riconoscere i compagni membri dell’alveare.
Quando un’ape muore rilascia meno CHC
Wen ha ipotizzato che dopo la morte a causa della diminuzione della temperatura corporea vengano rilasciate nell’aria un minor numero di queste molecole.
Ha quindi usato metodi chimici per rilevare i gas emessi per testare questa ipotesi confermando che le api morte, probabilmente a causa del raffreddamento, stavano effettivamente emettendo meno sostanze volatili rispetto a quelle viventi.
Wen ha quindi progettato una serie di esperimenti per testare se le api becchino riuscivano a percepire questo cambiamento e fosse quindi proprio tale segnale a guidarle nel loro compito.
Ha preso in considerazione cinque alveari appartenenti ad api asiatiche (Apis cerana Fabricius), un piccolo insetto resistente trovato in tutta l’Asia, e iniziò a scaldare i cadaveri di api morte. Ha osservato che se metteva le api morte e fredde in un alveare, le api becchino le rimuovevano sempre entro mezz’ora. Mentre se inseriva un’ape morta ma riscaldata artificialmente di alcuni gradi, i becchini spesso impiegavano diverse ore a notare il corpo.
Il corpo di un’ape riscaldata rilascia la stessa quantità di CHC di un’ape vivente
Questo farebbe pensare che il corpo di un’ape calda rilasci quasi la stessa quantità di CHC di un’ape vivente, come riportato nel lavoro.
Per confermare questa ipotesi Wen ha rimosso i CHC dalle api morte con esano, che può dissolvere cere e oli, ha riscaldato i cadaveri fino alla temperatura di un’ape viva e li ha rimesse nei rispettivi alveari. I becchini in questo caso sono entrati in azione e sono riusciti a rimuovere quasi il 90% delle api morte pulite e calde entro mezz’ora nonostante fossero calde.
L’assenza di emissioni di CHC è il segnale di morte percepito dalle api becchino
Ciò suggerisce definitivamente che non sia la temperatura, ma l’assenza di emissioni di CHC che i becchini usano per diagnosticare la morte.
Il riconoscimento della morte è un processo complesso, tuttavia, e Yehuda Ben-Shahar, un entomologo presso la Washington University di St. Louis, afferma che saranno necessarie ulteriori ricerche per sostenere le affermazioni di Wen, in particolare dichiara:
Penso che questo studio sia un buon inizio. Ha senso il fatto che ci sia una firma chimica che faccia riconoscere un’ape morta, ma non direi che ora sappiamo esattamente cosa sta succedendo.
Ad esempio, sebbene le api possano “annusare” con le loro antenne, possono anche “assaggiare” con i loro piedi, osserva lo stesso Yehuda Ben-Shahar, il che potrebbe aggiungere un altro livello al modo in cui le api percepiscono le compagne morte.