Su Netflix è disponibile Si sente il mare, anime del 1993 diretto da Tomomi Mochizuki e prodotto dallo Studio Ghibli direttamente per la televisione giapponese.
Lo Studio Ghibli è uno degli studi cinematografici di animazione più noti al mondo. Fondato nel 1985 dai registi Isao Takahata e Hayao Miyazaki, insieme ai produttori Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma, fin dalla sua fondazione si è distinto sia per i film caratterizzati da storie avvincenti e appassionanti, sia per aver prodotto per quasi un decennio solo i film dei registi fondatori.
Nel 1993 tale consuetudine viene interrotta con il lungometraggio Si sente il mare, diretto da Tomomi Mochizuki. Il film tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice Saeko Himuro è stato pensato direttamente per la televisione giapponese e rappresenta l’esperimento da parte dello Studio Ghibli di produrre di produrre anime in breve tempo e a basso costo con un team composto esclusivamente dai giovani dello studio. Esperimento accantonato a causa dello sforamento di tempo e budget.
Nel 1993 direttamente per la tv arriva Si sente il mare. Diretto da Tomomi Mochizuki è tratto dall’omonimo romanzo di Saeko Himuro.
Per quanto la prova non abbia superato gli aspetti legati a tempo e budget, il film ha superato sicuramente la prova qualità. Si sente il mare è un film Ghibli al cento per cento, capace di emozionare e catturare dall’inizio alla fine. Un prodotto con un enorme cuore capace di fare breccia in quello dello spettatore.
La storia vede protagonista lo studente universitario Taku Morisaku, il quale un giorno intravede sulla banchina del treno opposta alla sua Rikako Muto, ex compagna di classe durante il liceo. Il fugace incontro fa venire in mente al ragazzo il primo incontro con Rikaku ai tempi della scuola, all’arrivo della ragazza di città in provincia e allo scompiglio da lei portato sia a scuola che a lui stesso.
Inizia così per Taku (e lo spettatore) un viaggio nei ricordi al tempo del liceo, della sua amicizia con Yutaka Matsuno, di come il suo amico avesse perso la testa per la nuova arivata e del difficile rapporto di Muto con i compagni e con Taku stesso, letteralmente investito dai suoi sbalzi d’umore.
Quello messo in mostra da Mochizuki in Si sente il mare è il più classico dei triangoli amorosi adolescenziali, i cui attori principali sono il protagonista Taku, il suo migliore amico e la nuova arrivata in cui ci viene mostrato il rapporto che lega i tre e l’evolversi del loro rapporto. Il più classico degli slice of life scolastici che si basa sul più classico dei cliché per raccontarci la vita di tre adolescenti qualunque che però rappresentano ognun di noi in maniera a dir poco realistica.
Come ogni film d’amore che si rispetti inizialmente i due personaggi principali nutrono per l’altro semplice indifferenza ed ovviamente hanno caratteri completamente opposti. Se Taku è un ragazzo calmo e gentile, cresciuto in un ambiente famigliare sereno, Rikako è viziata e scontrosa e non fa nulla per nascondere il suo odio per la nuova città e i nuovi compagni.
I due protagonisti sono le due facce della stessa medaglia che per quanto vicino sono distanti anni luce
In qualche modo sono le due facce della stessa medaglia che per quanto vicino sono distanti anni luce, differendo per background ed esperienze personali non fanno che avvicinarsi ed allontanarsi in continuazione perché entrambi incapaci di esprimere appieno i propri sentimenti, che sia per non sentirsi vulnerabile e per ferire persone vicine.
Proprio il realismo è il grande pregio del film. Grazie al romanzo su cui si basa e alla sceneggiatura della stessa autrice lo spettatore ha davanti a sé situazioni reali e sincere, una descrizione vivida dell’adolescenza e dei suoi turbamenti. Contrapponendo la timidezza di Taku e la vivacità di Rikako, Si sente il mare riesce a dare vita ad uno spaccato di vita adolescenziale in cui è difficile non riconoscersi.
Il realismo è il grande pregio del film
Perché per quanto non manchino gli stereotipi (a partire dalla nuova arrivata bella e brava a scuola e nello sport) la storia viene raccontata con la delicatezza che da sempre contraddistingue lo Studio Ghibli e mettendo in evidenza i sentimenti dei protagonisti, spesso mostrati dai loro lunghi silenzi. Proprio il non detto restituisce con forza i vari stati d’animo dei protagonisti.
Ognuno di noi potrebbe essere uno dei personaggi che si vedono in scena, e per quanto spesso le loro azioni risultino poco chiare – anche perché tutto viene filtrato dallo sguardo di Taku – è innegabile che l’adolescenza è quel periodo in cui si agisce spesso senza un vero perché, quindi i vari sbalzi d’umore dei personaggi, le litigate furiose ed improvvise, i ceffoni e le riappacificazioni sono solo scene di vita quotidiana.
Come in tutti i lavori di Tomomi Mochizuki anche in Si sente il mare assistiamo ad una situazione in cui il protagonista ripensa al suo passato, analizzando il suo comportamento dell’epoca con una maturità ed una conoscenza del mondo maggiore. Tutto il film è sostanzialmente un lungo flashback in cui vediamo l’adolescenza di Taku e i cui momenti sono racchiusi da cornici che ne annunciano l’inizio e la fine, una sorta di tunnel temporale. Un vero e proprio viaggio nei ricordi chesi concluderà nella stazione dove il film inizia per poi portarci inesorabilmente avanti.
Proprio l’atto conclusivo vede Taku ed i suoi compagni ricongiungersi per la più classica delle rimpatriate e tirare le somme dei primi anni universatari, rendendosi anche conto che alcune cose non sono cambiate (come le cotte per una compagna di classe) o che alcune delle certezze del liceo ora sono del tutto crollate. Come ad esempio l’odio per una determinata persona, che col tempo si è capito essere semplice incomprensione.
Nella parte centrale i protagonisti non risultano affiatati e a farne le spese è la parte emozionale del film.
Una parte finale che riscatta alla grande una parte centrale in cui i protagonisti risultano non del tutto affiatati, facendo si che ne risenta e non poco la parte emozionale del film. Un difetto che però passa in secondo piano per merito della grazia con cui gli argomenti trattati vengono affrontati. Difetto invece poco trascurabile è l’adattamento ad opera di Gualtiero Cannarsi, che purtroppo in certi punti riesce a trasformare in comico un film che non lo è. Sentire frasi come “Ehi lavorante! Muoviti a lavarli! Ne arriveranno più e più” o “E a chi ti rimbrottava hanno finito per venire le lacrime!” lascia veramente perplessi.
Un film Si sente il mare in cui la sceneggiatrice ed autrice del romanzo da cui è tratto riesce a riversare il mutanmento del rapporto uomo/donna nella società giapponese in atto agli inizi degli anni ’90. Il rapporto tra Taku e Rikako è quello tra due persone allo stesso livello e non tra un uomo rude e padrone e la sua sottoposta.
Il carattere gentile del protagonista unito alla sua risolutezza lo rendono la perfetta congiunzione tra l’uomo forte del passato e quello comprensivo moderno, allo stesso modo la risolutezza di Rikako la rende il classico esempio di donna moderna giapponese capace di rispondere a tono quando necessario.
Taku è la perfetta congiunzione tra l’uomo forte del passato e quello comprensivo moderno.
È innegabile che Si sente il mare sia lontano anni luce dagli altrilavori dello Studio Ghibli, anche perché nato con l’intento di costare poco, ma nonostante ciò e nonostante la sua semplicità è un film che riesce a catturare da subito. Da vedere.
Si sente il mare è ora disponibile su Netflix.