Apple Music, Netlix, Amazon Prime e iCloud. La nostra vita dipende sempre di più dai servizi in abbonamento. E ogni anno ci costano sempre più soldi.
Un po’ perché il modello dei servizi in abbonamento si sta espandendo sempre di più, inghiottendo anche cose che una volta tendevamo a pagare singolarmente. Un po’ perché l’idea di avere un servizio senza impegni, da cui potersi cancellare senza penali in qualsiasi momento, ci fa gola; solo che alla fine da questi servizi non ci cancelliamo mai, nemmeno quando il costo dell’abbonamento aumenta sensibilmente.
Così un report di Mint commissionato dal New York Times ha stimato che una persona in media spende 640$ all’anno in questi servizi — intesi nell’accezione più ampia possibile, dalle piattaforme per lo streaming agli abbonamenti per giocare online, arrivando perfino a Tinder Gold.
L’analisi di Mint è stata svolta sulla base delle abitudini dei suoi utenti, che sono milioni.
Mint è un servizio che permette di gestire il proprio budget, con una particolare attenzione rivolta alla gestione e al monitoraggio degli abbonamenti attivati dall’utente.
Il dato interessante è che in genere stiamo spendendo sempre più soldi nei servizi in abbonamento, nel 2017 pagavamo in media 598$, che è il 7% in meno del dato del 2019.
L’aumento, secondo Mint, dipende in larga parte dal mercato delle piattaforme on-demand, sia per via dell’aumento del costo degli abbonamenti, sia perché gli americani si stanno iscrivendo a sempre più servizi (come i nuovi Apple TV+ o Disney Plus). Ovviamente sono servizi molto più economici della TV via cavo (che ad un americano può costare anche 1200$ l’anno) o satellitare, ma resta il fatto che nel 2017 in genere si spendevano meno soldi per l’intrattenimento in streaming (130$, contro i 175$ di oggi; è un +30%).
L’altra grande grana è che gli utenti si abbonano a sempre più cose, rendendo poi complicato ricordarsi quali sono gli abbonamenti attivi. E il rischio è di continuare a pagare per app che non stiamo nemmeno più usando.