L’ora X è suonata. The Witcher, la serie più attesa dell’anno (e probabilmente quella che più ci spaventa) sbarca su Netflix, portando con sé un mondo nuovo, oscuro, carico di mitologia e personaggi da conoscere o ritrovare. La saga dello scrittore Andrzej Sapkowski è pronta per essere vista e noi, che abbiamo visto in anteprima i primi cinque episodi (di otto) vi diciamo cosa ne pensiamo.
Mi tremano un po’ le mani, lo ammetto. Mi accade sempre quando devo parlare di qualcosa di atteso, qualcosa che genera sempre un hype estremo. E quando si parla di aspettative, inevitabilmente, ci si trova di fronte ad un cane che si morde la coda da solo.
Si, perché in questi mesi (per non dire anni) siamo stati tutti affamati di dettagli, novità, particolari. Tutti in attesa di questo The Witcher che, in fondo, un po’ di paura e perplessità ha sempre trascinato con sé.
Ed io ero la prima, la primissima ad essere scettica, forse anche ingiustamente o semplicemente per salvarmi da una cocente delusione. Aspettative sotto i piedi. Cast che fin dall’inizio mi ha fatto storcere il naso (Henry, ora lo so che in fondo non è colpa tua, ti serviva solo il ruolo giusto).
Venivo dal videogioco e si, ho capito fin da subito di dovermi distaccare da quell’ideale, da quel modello che CD Projekt Red con tanta maestria con The Witcher 3, aveva creato nella mia mente.
Ho anche iniziato la saga di Sapkowski, leggendo avidamente pagina dopo pagina, dandomi anche della stupida: cavolo, Gabriella, ma tu ami questa roba! Perché non l’hai letto prima?
Libera da qualsiasi aspettativa e priva di pregiudizi, lasciandomi anche guidare da quella prima e fresca lettura dei libri, ho iniziato il mio viaggio con Geralt di Rivia, il viaggio che da oggi intraprenderà ognuno di voi con The Witcher.
Si, The Witcher arriva su Netflix. La serie creata dalla showrunner Lauren Schmidt Hissrich e con protagonista Henry Cavill, proprio nelle vesti dello strigo Geralt, fa il suo ingresso con una prima stagione che ci accompagna per la prima volta ne Il Continente.
Un mondo che per qualcuno potrà essere sconosciuto e per qualcun’altro avrà le sembianze di “casa”. Un universo ricco di sfumature, estremamente complesso, basato su una mitologia che lentamente diventerà il vostro pane quotidiano.
Mostri e creature, gerarchie, rivalità, esseri umani ed elfi, terre sconosciute e terre spodestate; dove il destino, beffardo ed imprevedibile, gioca un ruolo chiave per ognuno dei personaggi coinvolti. Un mondo dominato dalla magia che a sua volta regola il caos, ma perdere la bussola è semplicissimo e per ogni scelta fatta un sacrificio va tenuto di conto.
The Witcher, l’inizio: tra mito e mondo
La prima stagione, tratta dalla prima raccolta di racconti, Il Guardiano degli Innocenti, è composta da otto episodi, tutti della durata di 60 minuti circa. Già questo dovrebbe chiarirvi le idee su cosa aspettarvi e su come approcciarvi alla visione di The Witcher.
Si, perché la serie non segue la classica orizzontalità alla quale siamo ormai tanto abituati con le serie TV, quanto più un concetto di quest tipico dei racconti, del gioco di ruolo e dei mondi del fantasy. Ogni episodio è una storia a sé stante, trasposta dalle pagine del libro, che nel cuore della sua narrazione porta avanti un filo orizzontale. E Geralt non sarà il solo protagonista, ma almeno altri due personaggi divideranno i riflettori con lui, venendo approfonditi tanto dall’occhio della camera quanto dalla scrittura.
Questa prima stagione è il lascia passare per approcciarvi al mondo intero di The Witcher, dandovi gli strumenti necessari per affrontare questo cammino.
Su otto episodi, ho visto in anteprima cinque episodi di questa prima stagione che, senza girarci troppo in tondo, è solo l’inizio. Solo la base da cui partire e che vedrà la sua reale evoluzione nella seconda stagione. Ma, signori miei, una degna base. Si, perché The Witcher, inaspettatamente, non solo mi ha piacevolmente sorpreso, ma mi ha letteralmente stregato.
Il lavoro di Lauren Schmidt Hissrich sulla trasposizione è minuzioso e dettagliato. Non parliamo di qualcuno a cui gli è stato sbattuto un manoscritto in mano ed è stato detto di tirarci fuori una serie TV. No, si nota la passione, la conoscenza della showrunner dell’opera di Sapkowski. La volontà di creare qualcosa di nuovo, restando fedele all’anima, ai personaggi, agli intrecci e, soprattutto, al mondo.
Le trasposizioni non sono mai facili. È facile sbagliare, quanto difficilissimo trovare la giusta direzione. Inevitabile scendere a compromessi perché è ovvio (anche se tendiamo a dimenticarlo) che ciò che funziona sulla carta non è detto che funzioni anche sullo schermo. Letteratura e cinema sono due medium differenti, che usano un linguaggio differente. La Hissrich riesce a trovare il giusto equilibrio tra i due, riportando i racconti sullo schermo, operando alcuni inevitabili cambiamenti e giocando – divertendosi anche – con le storyline.
Del resto, si comprende fin dal principio quanto ricco e carico di potenziale sia il mondo di The Witcher; quanto complessa sia l’operazione di rimetterlo su schermo senza tradirlo, e come poi questa seria tv cerchi di adoperarlo nel migliore dei modi, riuscendovi proprio grazie all’importante lavoro di destrutturazione e trasposizione fatto dal testo originale al soggetto, arrivando ad una sceneggiatura ben strutturata che mantiene salde le fondamenta di ogni episodio visto fino a questo momento.
Per chi ha amato il mondo di The Witcher fin dalla prima pagina, inevitabilmente noterà dei cambiamenti temporali, il velocizzare alcune parti della storia, ma non per questo tralasciandone altre. La showrunner non ha mai nascosto la sua volontà di avvicinare più velocemente i personaggi, soprattutto per quanto riguarda Ciri e Yennefer.
Al tempo stesso lo fa dando una coerenza al racconto, costruendo una linea temporale si complessa, e che potrebbe ad un primo sguardo disorientarvi, ma che poi è pronta a colpirvi in modo sorprendente. Semina letteralmente gli elementi per un raccolto rigoglioso che offre un enorme potenziale per un racconto interessante ed avvincente da approfondire ancora di più, e che potrà estendersi per più stagioni.
Una sorta di puzzle, quasi un thriller storico, incalzante e dinamico, scorrevole di episodio in episodio e che alza anche di parecchio la posta in gioco, che vi prende per mano e vi da i pezzi per comporre voi stessi la storia e, già lanciarvi, nelle prime ipotesi, nei primi misteri e giochi “ironici” adoperati dal destino.
Lo strigo, la strega e l’innocente
Geralt di Rivia
Geralt di Rivia è uno strigo, ovvero un essere umano che, strappato alla sua famiglia, è stato sottoposto da bambino al “Rito delle Erbe” che gli ha conferito, oltre a poteri magici basilari, una prestanza atletica (come velocità, forza e sensi sviluppati) superiore a quella degli esseri umani. Come tutti gli strighi, Geralt è specializzato nell’uccidere mostri e spezzare incantesimi, vendendo le sue prestazioni al miglior offerente.
Schivo, apparentemente freddo e solitario, ciò che distingue Geralt da tutti gli altri sono i suoi capelli e barba bianchi, frutto di una serie di esperimenti.
Nei panni del witcher dagli occhi gialli e felini troviamo Henry Cavill, forse il più grande punto interrogativo di questa serie. Ebbene, Cavill lascerà a bocca aperta tutti quanti, perfino una sua grande non fan come me che non l’ha mai ritenuto un attore degno di nota. Eh si, ora posso cospargermi il capo di cenere!
Si nota l’impegno, lo studio e la passione che Cavill ha messo nell’interpretazione di Geralt, prendendo più di qualcosa in prestito anche dai videogiochi (da sempre grande fan), come per esempio il particolarissimo lavoro sulla voce dello strigo.
Profonda, roca, quasi tenebrosa. È incredibile come Cavill sia entrato nella parte, facendovi credere dall’inizio alla fine nella sua reale trasformazione in Geralt di Rivia.
Per questo motivo vi consiglio caldamente di fare uno sforzo e guardarvi la serie in lingua originale, perché il risultato finale della visione potrebbe essere molto compromesso dal doppiaggio che, invece, non tiene assolutamente conto del lavoro di modulazione vocale compiuto dall’attore. Perdereste gran parte del valore della recitazione di Henry Cavill nel dar vita a Geralt Di Rivia.
A livello di prestazione fisica, considerando la fascia temporale nella quale si muove lo strigo, Cavill è obiettivamente più massiccio rispetto al Geralt dipinto all’inizio nei libri. In realtà una corporatura un po’ traballante, che cambia lungo il corso della serie, probabilmente iniziata a girare quando Cavill ha iniziato a seguire la dieta per perdere l’importante massa messa su per il ruolo in Superman.
Non da particolarmente fastidio, se non in qualche scena dove si nota di più, e non costituisce un impedimento per l’attore durante i movimenti; anzi, Cavill si mostra essere un provetto spadaccino, molto abile in almeno due combattimenti che riusciranno a convincere perfino più scettici.
I combattimenti, vi accorgerete, rispetto a tante serie fantasy e no, sono decisamente sopra la media. Avvincenti e credibili, si sente il peso della spada, della fatica e dello sforzo da parte dei personaggi. Le coreografie sono ben orchestrate e particolarmente intense. La serie non ne è farcita, ma questo sinceramente non se se sia strettamente un male; anzi, compaiono il giusto, seguendo la stessa articolazione ritrovata all’interno del racconto da cui ogni singolo episodio è tratto.
Yennefer di Vengerberg
Accanto a lui, seconda grande sorpresa di questa serie troviamo Anya Chalotra nei panni della bella e potente Yennefer di Vengerberg. Anya era quella che più aveva richiamato l’attenzione su di se a causa della sua giovane età e dell’immaginario distorto che avevamo anche della Yen dei videogiochi.
Yennefer è una maga, una potentissima maga che per tanto, troppo tempo, è stata accecata dalla rabbia, dal rancore e dalla sete di vendetta verso tutti quelli che l’hanno derisa per il suo aspetto. Yen, infatti, ha una passato travagliato, carico di sofferenza e di dolore. Nata deforme, viene venduta per meno del valore di un maiale all’Accademia di Aretuza, dove scoprirà il suo vero potere e troverà nella magia il mezzo per il suo riscatto e vendetta.
Vediamo Yennefer mutare, cambiare, evolversi. Trasformarsi da una fragile ed insicura gobba, disperata ed affranta, ad una potente maga, determinata e ben conscia dei suoi obiettivi.
Ed Anya è estremamente brava nel mutare assieme a Yen, facendo divenire il personaggio la sua seconda pelle. Un’attrice straordinaria, potente e da pelle oca, con un fascino assolutamente da non sottovalutare, enigmatico e carismatico, che riuscirà a farvi cambiare idee sulle prime impressioni. Eh si, il profumo di lillà e uva spina resta una componente dominate.
Cirilla di Cintra
Freya Allan è una Ciri totalmente sconosciuta per chi non ha mai letto i libri e ha solo giocato il gioco. Dimenticate quella Ciri, la Ciri di The Witcher la serie, la conosceremo come una bimba ribelle si, ma del tutto inconsapevole del suo destino e di quanto in fretta abbandonerà la sua fanciullezza. Ciri è infatti la chiave di volta di tutto il racconto. Una preda ambita da molti, “oggetto” che potrebbe far rovesciare le sorti dell’intero Continente.
Assistiamo con Ciri ad uno dei più feroci coming out della storia. La sua ingenuità infantile lo rende ancora più spietato e pesante, sbattendo completamente su di una realtà un personaggio abituato, fino ad un attimo prima, alla vita protetta di corte, per poi ritrovarsi a dover temere perfino la sua ombra.
Freya Allan è di una bellezza angelica disarmante. Forse lei è quella che più, esteticamente parlando, ci aveva convinto. Al tempo stesso, pur convincente nello sviluppo del suo personaggio, risulta un po’ acerba. Gran parte di questa sensazione è dovuta proprio allo status in bilico all’interno del quale si trova Ciri. Coerente per il modo in cui la narrazione va avanti, ma leggermente inferiore rispetto agli altri due co-protagonisti visti fino a poco prima.
CGI: il vero mostro del fantasy
Per quanto riguarda l’aspetto estetico, The Witcher riesce ad essere convincente anche da questo punto di vista. Ma, perché un ma ci deve essere sempre, qui iniziamo a trovare qualche pelo nell’uovo.
Si, perché pur apprezzando completamente il lavoro svolto, dalla sceneggiatura alla messa in scena – che giustamente come prima stagione si concentra più su interni e piani ravvicinati, limitandosi a pochissimi esterni e campi lunghi – la CGI resta il tallone d’achille della serie.
Non parliamo di enormi storpiature o trovate inguardabili, ma sicuramente di elementi, personaggi e scelte stilistiche che stonano, danno un effetto anni novanta in stile Xena o Hercules.
Quando si parla di fantasy riuscire a trovare i fondi per una prima stagione già scoppiettante di creature ed ambientazioni fantastiche è pressoché impossibile, basti anche solo pensare alla prima stagione di Game of Thrones.
Ciò che alla fine salva The Witcher dall’inevitabile disastro che una computer grafica in bilico tra il cheap e il cringe può generare, è la sua coerenza narrativa e il suo fungere da prologo per una storia che si svilupperà nelle stagioni successive.
Il focus principale sono i personaggi, le dinamiche del background storico e sociale all’interno del quale si muovono. Gli elementi caratterizzanti che ci aiutano a definire il mondo in quanto tale, al di là poi della sua estetica, che per quanto fondamentale in questo momento non gioca una parte principale.
Anche nel trucco e parrucco alti e bassi, a volte sorprendendoci con makeup prostetici particolarmente riusciti e ben realizzati, altre volte facendoci storcere il naso per qualche parrucca non proprio credibile. Dettagli, piccoli e quasi insignificanti, che saltano però all’occhio proprio perché di contrasto ad una realizzazione così ben fatta e confezionata.
Realizzazione che, tanto in alcune sequenze quanto nell’apparato musicale, il quale gioca una parte piuttosto importante e caratterizzante per l’intera saga, nonostante le varie dichiarazioni da parte del reparto tecnico e della showrunner, prende tanto, tantissimo in prestito, dal mood del videogioco.
In conclusione si, fortemente si
Dopo questa epopea di parole, che forse più che una recensione rassomiglia ad un approfondimento dettato dal genuino entusiasmo incalzato dalla visione (e che a breve verrà completata con gli ultimi tre episodi), The Witcher è un’ottima serie fantasy.
Attenzione, parliamo proprio dell’inizio, delle prime briciole, degli strumenti necessari alla scoperta di un mondo, di una narrazione, di personaggi e creature completamente nuovi ed estranei al medium della serialità. Ma non per questo punto di demerito!
The Witcher si prende si il suo tempo, ma lo fa attirando a sé l’attenzione del pubblico, chiedendogli quel tipico atto di fede che si fa con qualcosa di nuovo. E premia, fin da subito, la fiducia mostrata dagli spettatori.
Non esente da imperfezioni, ma che al tempo stesso non intaccano assolutamente la visione scorrevole, incalzante e interessante degli episodi, che ci portano passo dopo passo a scoprire un tassello di più tanto dell’universo del Continente quanto dei personaggi che lo popolano.
Un pilot leggermente “spiegone”, che mischia un po’ le carte in tavola, ma al tempo stesso contenente uno dei racconti più belli de Il Guardiano degli Innocenti, trattandolo con il giusto riguardo e facendoci immediatamente entra nel concetto di “destino” e definizione del “male minore” al quale si aggrappano i personaggi, che lascia poi lo spazio ad episodi avvincenti, godibili e gustosi. Uno tira l’altro. La curiosità accresce feroce nello spettatore, rendendolo avido di sapere e scoprire. E quanti di voi, vergini dei racconti sullo strigo, inizieranno a perdersi in ipotesi e cospirazioni varie.
Applicando qualche cambio, necessario a rendere adattabile il racconto dal romanzo allo schermo, Lauren Schmidt Hissrich riesce a confezionare una serie che ci da ottime speranze per il futuro di questo franchise.
Destinata a diventare il nuovo Game of Thrones? Mi auguro proprio di no, perché The Witcher a livello televisivo, come fedeltà all’anima e cuore del racconto può essere molto, molto di più.
Hai già visto The Witcher su Netflix? Rispondi al nostro sondaggio social:
Ti è piaciuto The Witcher Netflix?
Posted by Lega Nerd on Saturday, December 21, 2019