Wasp Network, il dramma politico di Olivier Assayas, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, che ancora una volta non riesce a convincere pur puntando su un cast fenomenale di grandi interpreti.
Olivier Assayas con Wasp Network punta su un territorio inesplorato: quello del film storico e del politico, ma portando al centro dello schermo quello che più ama: il lato umano dell’essere umano.
Contorto, pesante, sfaccettato. Assayas ama scrivere e dirigere ciò che c’è dentro i suoi personaggi, ma spesso e volentieri ne rimane intrappolato, spesso confezionando storie pedanti e difficoltose. Purtroppo Wasp Network non fa eccezione.
Al centro del racconto c’è lo stato dello spionaggio e dell’immigrazione cubani negli anni ’90. Come in passato in film come Something in the Air e Carlos, Assayas è interessato all’intersezione tra politico e personale, presentando storie di uomini e donne così impegnati in una causa che definisce le loro vite e coloro che li amano.
Nella seconda metà del film, Assayas perde completamente il controllo della storia
L’idea di fondo e interessante e l’inizio della pellicola promette davvero bene, a tal punto che perfino una delle meno amanti di Assayas (la sottoscritta) ne rimane piacevolmente sorpresa. Inevitabilmente i problemi però arrivano. Oh, se arrivano. Nella seconda metà del film, Assayas perde completamente il controllo della storia e la fitta rete di situazioni, tra il reale e il fantastico, non fa altro che intrappolare i personaggi come mosche nella tela del ragno. Il problema è che la tela è stata tessuta dallo stesso regista…
Nel suo incastrarsi continuamente tra gli eventi, Wasp Network diventa un film insostenibile, stancante e perfino poco interessante. Improvvisamente si perde perfino il fulcro del discorso.
Cosa ci fanno qui quei personaggi? Aspetta come si chiamava lui? E lei adesso che c’entra? Tutto quello che il cinema non dovrebbe mai essere.
Ma è tutto davvero da bocciare? No, bisogna riconoscere al regista la sua grande capacità di gestire un cast corale di così grandi e interessanti nomi, da Penelope Cruz ad Edgar Ramirez, passando per Gael Garcia Bernal a Wagner Moura.
Edgar Ramirez si riunisce ad Assayas da dopo il film Carlos, per interpretare Rene Gonzalez, che incontriamo nel 1990 a L’Avana. Un pilota del turismo che un giorno saluta la moglie Olga (Penelope Cruz) come tutte le mattine ma, a insaputa della donna, parte per Miami, disertando verso gli Stati Uniti e lasciando alle spalle la sua famiglia. René diventa una figura importante in un’organizzazione segreta che pattuglia le acque tra Cuba e la Florida, facendo cadere spesso rifornimenti ai disertori su gommoni o trasmettendo radio dettagli sui luoghi delle barche della Guardia Costiera.
Improvvisamente tutto diventa più grande, più fitto e oscura e la domanda alla quale il regista vorrebbe che noi rispondessimo è: macchiarsi di un crimine vale per un bene più grande?
Interessante il contrasto con la storia di Rene e quella della star del cinema Juan Pablo Roque
Interessante il contrasto con la storia di Rene e quella della star del cinema Juan Pablo Roque (Wagner Moura), e la sua vita precedente e futura rispetto alla fama. Lo stesso Pablo Rogue è un disertore, un rivoluzionario. Ma qui la storia si complica, le linee temporali si intersecano e anche quelle dei personaggi, ai quali si andrà ad aggiungere anche quello di Gael Garcia Bernal, coordinatore di una serie di attentati cubani in hotel dal 1997 e persino il coinvolgimento della CIA in tutto ciò.
A furia di inserire personaggi, storie paralleli, messaggi subliminali, Assayas si allontana a tal punto dai suoi protagonisti perdendoli del tutto e perdendo anche l’attenzione dello spettatore, ormai completamente in balia di se stesso.
Chissà, forse in una serie tv Wasp Network, che effettivamente sembra essere un film costruito con un gusto episodico, avrebbe avuto un senso più completo e suggestivo, ma così come adesso sembra solo essere un gran bel mappazzone senza capo né coda, dove c’è spazio per costruire, approfondire ed analizzare ma solo per grattare, banalmente, la superficie, soffocando inevitabilmente tutto il resto.