Noah Baumbach: “Ho scritto la storia di un divorzio, ma è la storia di un matrimonio”

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Oggi a Venezia è il giorno di Marriage Story e noi abbiamo incontrato il regista Noah Baumbach e gli attori principali del film, Adam Driver, Scarlett Johansson e Laura Dern. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Marriage Story è una delle pellicola che più mi ha emozionato durante questo Festival di Venezia che sono sicura ha ancora tanto, tanto da offrire. L’emozione più grande è stata, senza dubbio, incontrare il regista Noah Baumbach assieme ai suoi straordinari protagonista, Adam Driver e Scarlett Johansson e Laura Dern.

Troppo presto per parlare di Oscar? Avete ragione… ma dal 6 Dicembre su Netflix dopo la visione di questo straordinario film, forse potreste essere d’accordo con me. Marriage Story potrebbe cambiare la vostra percezione delle cose e anche farvi riflettere sul concetto di coppia, di unione e di amore. Si, perché come detto nella nostra recensione del film, Marriage Story non è la storia di una separazione ma quella di un grande amore poi finito.

Come già detto, abbiamo avuto il piacere ed onore di incontrare regista e cast e avuto l’occasione di porgli qualche domande circa il lavoro sul film, la relazione tra gli attori e anche il modo di approcciarsi ai personaggi.

 

The Meyerowitz

 

La prima domanda, infatti, è per il regista. Una coppia atipica ma che scoppia quella di Driver e della Johansson, ma cosa lo ha spinto a sceglierli?

Avevo in mente Adam Driver ancora prima di scrivere qualunque appunto o parte dello script, perché avevamo già lavorato insieme tre volte prima di questo film e avevamo parlato di aspetti di questa storia.

Ci raccontare il regista.

Gli avevo parlato di alcune idee di questa storia d’amore raccontata attraverso un divorzio ed è stato molto partecipe della sua creazione. Mi è subito piaciuta l’idea di Scarlett Johansson, che conoscevo un po’ da qualche anno, così l’ho contattata e le ho detto che avevo qualcosa che avremmo potuto fare insieme.

Non avevo ancora scritto la sceneggiatura e mi è stato molto d’aiuto avere sia loro due che Laura Dern in mentre quando ho iniziato a farlo, mi è stato d’ispirazione poterli immaginare, mi ha dato idee per le scene e in effetti loro stessi me ne hanno date direttamente: parlavamo di qualcosa e altre idee venivano in mente.

Prendiamo il monologo di Scarlett nell’ufficio di Nora: immaginare lei che lo recitava mi ha dato la sicurezza di provare determinate cose che altrimenti non avrei scritto, mi ha permesso di capire meglio il personaggio. Non riesco a immaginare come sarebbe stato lo script se non avessi avuto quegli attori in mente.

 

Baumbach non è solo un regista apprezzato, ma anche un grande sceneggiatore. Una storia come Marriage Story non deve essere di facile stesura: quante, quindi, le versioni delle script? E come è cambiata la storia da una scrittura all’altra?

Direi che è cambiata molto, perché avevo scritto diverse scene che distoglievano l’attenzione dal divorzio in quanto tale. Avevo scritto altre scene dei protagonisti insieme al loro gruppo di amici, con alcuni di loro che prendevano la parte di uno o dell’altro; scene che mi sembravano anche interessanti, ma poco necessarie. Allora le ho tirate via e mi sono tenuto sul binario principale della storia che è quella del divorzio e, attraverso di esso, di un matrimonio che è sempre presente.

 

Il film invita a far riflettere sul concetto di coppia, di amore, relazione e matrimonio. Ma anche cosa comporta un divorzio, una storia finita male. E diciamocelo… non tutti reagiscono bene alla fine di un matrimonio. Fallimento? Pena? Cosa avete provato nell’interpretare questi personaggi?

Credo che la storia racconti la fine dell’intimità tra due persone: sono a un punto di rottura e il mio personaggio sceglie di mettere un punto a questa relazione che sta morendo. Lei sa che lasciarsi offrirà una vita migliore a entrambi.

Quando Noah me ne ha parlato sono stata colpita dal grande amore tra queste due persone: nonostante la prova che devono affrontare, si guardano con occhi pieni di compassione. Tra loro due c’è ancora amore, anche se affrontano un viaggio molto difficile: i motivi per cui stavano insieme sono cambiati, adesso il figlio diventa il centro delle loro priorità.

Racconta per prima Scarlett, seguita a ruota da Adam Driver che, invece, ci dice:

Ho cominciato a provare le scene un paio di settimane prima di girare: per la scena della conferenza stampa avevamo due giorni di riprese nella schedule. Una conferenza stampa sembra quasi un dramma teatrale.

È stata una scena difficile: succede sempre che, quando leggi una sceneggiatura, trovi una scena che già sai che ti metterà in difficoltà e per cui cerchi di prepararti. Per questo film ogni scena era una sfida, sembrava una questione di vita o di morte: credo che la grande scrittura sia così.

 

Grande protagonista del film, che chissà forse porterà molto vicini all’Oscar i due protagonisti, contiene uno dei litigi più aspri e violenti tra due persone che si amavano. Come è stata realizzata: testo scritto o improvvisazione?

 

Era tutto scritto e l’abbiamo provata per un bel po’ di tempo.

Conferma Baumbach.

Poi abbiamo provato tutto il film tranne quella scena, perché è molto lunga, sono undici pagine di sceneggiatura, e l’abbiamo girata in due giorni. Settimane prima di girarla eravamo con Adam e Scarlett in sala prove per poterci abituare al linguaggio, perché la scena è descritta fin nei minimi dettagli, comprese le parti in cui le battute dei due si sovrappongono. Ha una certa musicalità con cui dovevano entrare in sintonia.

Poi abbiamo continuato le prove sul set per definire ogni singolo aspetto. Abbiamo girato con una sola camera per due giorni, come ho detto, e quando siamo arrivati ai primi piani sono stato molto dettagliato su ciò che volevo: sapevo in quali punti avrei tagliato, così ho chiesto loro determinati movimenti su quelle battute che avrebbero avuto un forte impatto sul taglio.

Per esempio dicevo loro “Taglieremo su questa parola, quindi quando la dici guarda a sinistra” e cose così. Vista in questo modo non è molto diverso da pianificare una sequenza d’azione e dà la sensazione di immediatezza e improvvisazione anche se non lo è, è emotivamente improvvisata e potete percepire quanto abbiano dato in quella singola scena, ma l’hanno fatto all’interno di quei confini molto ben definiti.

 

Altra scena di fondamentale importanza per il film è il grande monologo di Laura Dern. Superlativo, rivoluzionario, femminista. Come si è sentita a recitare quelle parole?

Le parole di Noah sono fantastiche, mi ha dato un monologo incredibile: è un discorso difficile sulla maternità, su come le donne per questo sono percepite diversamente rispetto agli uomini nella società. Nicole ha un obiettivo in mente, fa di tutto per raggiungerlo: da attrice è stato fantastico seguire questo suo viaggio, anche perché credo che abbia ragione.

 

Altro aspetto fondamentale del film è il ruolo della città: New York e Los Angeles. Cosa hanno rappresentato per il regista?

Bhè,  un certo senso loro sono New York e Los Angeles, le due città rappresentano Charlie e Nicole nel loro scontro legale, ma sento che li rappresentano anche in modo simbolico.

C’è un forte collegamento con queste due città e uno dei motivi è l’industria cinematografica, così diversa tra queste due grandi metropoli, ma è anche un elemento che ha alzato l’asticella dal punto di vista narrativo, perché è un altro aspetto che rendeva la loro situazione e il loro conflitto ancora più difficile da risolvere.

Ma attraverso queste due città ho esplorato anche l’idea di casa: il film apre con un montaggio di quello che considero vita familiare, di oggetti personali, di luoghi familiari. Invece il film si sviluppa in tanti luoghi di passaggio, temporanei, che non hanno alcun senso di calore e familiarità.

Sono sterili, sono uffici, aule di tribunale, l’appartamento di lui a Los Angeles che organizza come una finta casa. La definizione di casa cambia per tutto il film e queste due città rappresentano se stesse, ma anche un’idea.

 

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