Il ritorno di Doom nel 2016 è stato un evento di portata epocale: la platea odierna, la generazione di videogiocatori che condiziona l’andamento del mercato attuale, ha avuto modo di approcciarsi al titolo ideato da John Romero ritrovandolo con uno stile mantenuto, ma con una modernità palese. Dinamico, immediato, esuberante, sopra le righe, Doom tre anni fa è stato l’FPS di quell’anno e non era così difficile immaginare che potesse arrivarne un sequel. A Colonia abbiamo quindi potuto provare Doom Eternal, supportati da una configurazione di prima fascia.
RTX 2080 montata su un Asus Rog e controller alla mano ci siamo lanciati nel cuore di Marte, palcoscenico dell’ambientazione nella quale si dirama Doom Eternal. Un passo in avanti da parte di id Software, che oltre a confermare quanto di buono fatto vedere dal gunplay del 2016 decide anche di compiere un’evoluzione sia dal punto di vista dell’utilizzo dell’arsenale che della vera e propria fase di esplorazione: d’altronde la logica dell’innovazione lo richiede e riuscire a migliorare un titolo come Doom non era sicuramente facile, ma l’essersi impegnati e quasi sicuramente riusciti, da quanto visto in questa prima mezz’ora di gioco, è una prima grande dimostrazione di impegno e di volontà.
Al di là di quelle che sono le armi di ordinanza, che potremo come sempre sostituire con quelle recuperate durante le nostre stragi, a nostra disposizione abbiamo anche un lanciafiamme, una motosega e i colpi corpo a corpo: tre modalità diverse di terminare il nostro avversario, una volta che avrà iniziato a diventare catarifrangente, che dovranno essere scelte in maniera ponderata, aggiungendo a Doom Eternal una venatura strategica che non guasta nemmeno un titolo così frenetico. Stendere un avversario con una glory kill farà ottenere dei punti energia, incenerirli con il lanciafiamme ci donerà un recover dell’armatura, infine la motosega ci donerà munizioni utili per le nostre armi.
Un sistema così strutturato a lungo andare diventerà automatico tra le nostre mani, ma in un primo momento temporeggerete sicuramente qualche istante prima di decidere in che modo stendere l’avversario di turno, a patto di non averlo già trivellato con una quantità disumana di proiettili. Perché Doom resta comunque questo: un FPS ad altissimo tasso di rapidità, di dinamismo, di vivacità.
A venirci incontro in questa mezz’ora di prova è stato sicuramente il tutorial, che ci ha introdotto anche a quelle che sono le nuove meccaniche di movimento, che oltre al dash in avanti introduce la possibilità di appendersi alle pareti, per una maggior esplorazione dell’ambiente circostante. E proprio nella seconda metà della demo è stato possibile notare come il level design di id Software si sia concentrato molto su queste nuove feature: non possiamo dirvi se si ripeterà in maniera costante durante il gioco, ma nelle prime declinazioni il tutto ci è sembrato abbastanza propenso a migliorare il gameplay stesso.
Oltre al tempismo che queste arrampicate richiedono, abbiamo avuto la possibilità anche di raggiungere dei punti alti dai quali lanciarci sopra i nostri avversari, per un’entrata a effetto che ha creato ancora più scompiglio di quanto non ne faccia già un titolo come Doom. C’è comunque da dire che ritrovarsi in queste fasi permette di tirare anche leggermente il fiato tra una carneficina e un’altra, impegnandosi a rintracciare il modo per poter procedere e capire dove effettivamente dover andare.
Le combinazioni dal punto di vista del movimento diventano tante, permettendoci di esplorare gli ambienti nella loro completezza.
Le combinazioni dal punto di vista del movimento diventano tante, permettendoci di esplorare gli ambienti nella loro completezza, tra salti e i già citati dash in avanti, senza dimenticare che a nostra disposizione avremo anche la possibilità di utilizzare tali abilità di movimento anche nelle fasi di combattimento: è incluso, per esempio, l’utilizzo del rampino che non potrete usare per aggrapparvi nei vari ambienti, ma che vi dà la possibilità di agganciarvi ai vostri nemici e rapidamente arrivare a pochi centimetri da loro, per poi sferrare un colpo di doppietta, di motosega o di lanciafiamme. quello che preferite. L’importante è che facciate una carneficina.
Doom Eternal in questa mezz’ora che ci ha concesso in sua compagnia ci ha mostrato un prodotto molto più consapevole dei propri mezzi e anche più maturo: da un lato una fase esplorativa più interessante del titolo di tre anni fa, con delle proposte che strizzano l’occhio al genere platform, ma che permettono anche di godere a pieno della ricostruzione di Marte realizzata da id Software.
Dall’altro lato, invece, un gameplay con un accenno di strategia per il recupero di salute, armatura o munizione, ma allo stesso tempo una conferma di ciò che avevamo potuto apprezzare in una saga di grande longevità, che si conferma nel suo frenetica e immediata. Con la sua struttura quasi ad arena, bisognerà sempre stendere fino all’ultimo nemico per poter andare avanti, ma questo piacere non è mai stato un peso per nessuno.