Nel quarto giorno del Festival di Cannes arriva la nuova, emozionante ed intima pellicola di Pedro Almodóvar con un magistrale Antonio Banderas: Dolor y Gloria. Sarà arrivato il momento per la Palma D’Oro al regista?
Solo due anni fa Pedro Almodóvar era qui a Cannes come Presidente di Giura del 70esimo Festival di Cannes. Quest’anno, invece, il Festival porta il regista spagnolo amato in tutto il mondo proprio nel concorso ufficiale con una pellicola carnale, feroce e al tempo stesso intima e delicata. Una sorta di testamento dello stesso regista che affida la sua voce, le sue memoria e la sua vita all’attore e amico Antonio Banderas.
Si, perché Dolor y Gloria è un vero e proprio percorso di redenzione, gestione del dolore e del rimpianto. una sorta di lettera d’amore e perdono verso se stesso, affrontando l’infanzia, la scoperta del primo desiderio, la prima grande delusione, il rapporto tormentato con l’arte, la creatività che tanto da ma, al tempo stesso, tanto toglie.
Ed è quasi destino che nella stessa giornata di Rocketman, dove vediamo proprio il percorso di ascesa e discesa del lato umano di un grande artista come Elton John, percorriamo anche un viaggio simile assieme a Pedro o, per meglio dire, Salvador Mallo (Antonio Banderas), regista ormai in declino che, affrontando dei grossi problemi di salute, ricorda con nostalgia la sua infanzia, fulcro dell’inizio di tutto: il primo amore, la perdita, la scoperta della scrittura, la passione per il cinema.
Un viaggio che parte dalla Madrid di adesso, va alla casa d’infanzia del regista a Paterna dove vi si trasferì con la famiglia da bambino, e passa verso la Madrid degli anni ’80, quando la giovinezza, la fame di successo e la creatività rendono folli e sognatori. A distanza di anni, invece, Salvador di quegli anni conserva solo i ricordi, i rimpianti e anche rimorsi. E ora, che sente lentamente la sua vita quasi scivolargli tra le dita, decide di compiere il passo più importante: fare pace con se stesso e perdonarsi.
Dolor y Gloria, ventiduesima pellicola di Pedro Almodóvar è un meraviglioso ed intimo, fragile e violento affresco di uno dei più grandi cineasti del nostro tempo.
Una discesa nelle tenebre, nel limbo dietro l’artista che svela la sofferenza, la dipendenza dalle droghe, il conflitto con l’arte e il suo bisogno viscerale di essere espressa ma, al tempo stesso, essere anche pagate a caro prezzo.
Un andare e venire tra passato e presente, dove una serie di personaggi si muovono attorno a Salvador, un incredibile Antonio Banderas che rende omaggio ad uno dei suoi grandi maestri, uno dei primi registi che ha segnato la carriera di questo attore che, dopo anni di fermo, si riscatta con un ruolo unico, forse quello più alto della sua stessa filmografia.
I fatti narrati nel film non sono totalmente legati alla storia, alla vita del suo regista. Salvador ha comunque una sua identità, un suo contesto, una sua storia ma che attinge a da quella di Almodóvar. Ciò che questi due personaggi condividono, tra finzione e realtà, e l’intimità, la fragilità, la profondità con la quale viene rappresentato questo film. È nei dettagli che ritroviamo davvero Almodóvar per poi esplodere nelle tumultuose passioni, dei violenti tormenti, nella silenziosa solitudine di Salvador.
Dolor y Gloria non è solo una lettera aperta alla vita del regista spagnolo, ma anche un vero e proprio omaggio al cinema, il grande cinema, la musa. Una musa affamata che pretende, a volte lasciando senza fiato. Prende, scava con violenza nell’animo dell’artista, spolpando la carne fino alle ossa. Una droga, si.
Ma una droga capace anche di salvare, di dare una ragione di vita, una speranza, una continuazione dell’essenza di qualcuno, delle sue storie, dei suoi personaggi. La pellicola si fonda proprio sulla paura di non poter più vivere senza il cinema, della crisi d’ispirazione e cerca in qualche modo di esorcizzare questo terrore, andando avanti e ricongiungendosi con sé stesso, dandosi ancora una possibilità.
Forse la bellezza più grande di Dolor y Gloria risiede proprio nella sua capacità di raccontare le sfumature del cinema di Pedro Almodóvar che, dopo una serie di film non del tutto convincenti, ritorna ai meravigliosi fasti di Volver.
La bellezza delle Spagna, dell’amore per la propria terra, dei canti popolari che si fondono anche con la tecnica e l’unione tra vecchi amici, a partire dagli stessi Penelope Cruz e Antonio Banderas, continuando con la produttrice e amica di una vita Esther García, fino alla storica unione con El Deseo, la casa di produzione fondata dallo stesso Almodóvar e suo fratello Augustín.
Uno dei migliori film di Almodóvar. Una delle pellicole più sentite di questo Festival. E forse, per ora, il vero favorito per la Palma D’oro.
Dolor y Gloria è nelle sale italiane dal 17 maggio.