A distanza di trent’anni dalla prima trasposizione diretta da Mary Lambert, Pet Sematary, tratto dall’omonimo terrificante romanzo di Stephen King, torna al cinema. Un racconto che affonda le sue radici nel concetto di morte, elaborazione del lutto e senso di colpa, trascinando lo spettatore all’interno di una spirale di orrore e angoscia assieme alla famiglia Creed. Questa moderna trasposizione sarà riuscita a rendere omaggio al libro da cui è tratta?

Stephen King e il cinema hanno un rapporto molto particolare, eppure, per quanto la fama dello scrittore sia preceduta dai suoi stessi successi, King deve moltissimo al cinema. Lo scrittore americano è infatti stato consacrato nel mondo della letteratura (e non solo) proprio grazie al cinema e grazie a tre grandi autori come Brian De Palma, Stanley Kubrick e John Carpenter che, nel 1976, 1980 e nel 1983, hanno portato sul grande schermo tre dei suoi primi romanzi: Carrie – Lo Sguardo di Satana, Shining e Christine – La Macchina Infernale.

Da quel momento in poi il rapporto tra King e il cinema è stato sempre più forte e le trasposizioni cinematografiche e televisive sono davvero tantissime. Eppure, a differenza dei film sopracitati, ben pochi sono riusciti a catturare l’essenza kinghiana.

 

Pet Sematary

 

Uno dei romanzi più oscuri ed intensi dell’autore che affonda le radici in una delle più grandi paure dell’essere umano: la morte.

Il “problema” delle storie di King è che sono uniche nel loro genere perché spesso e volentieri nascono dall’esperienze dell’autore stesso. Ecco perché le storie di King non vanno semplicemente trasposte, ma vanno interpretate, rese proprie. Ed è un po’ quello che fece nel 1989 Mary Lambert con Pet Sematary, uno dei romanzi più oscuri ed intensi dell’autore che affonda le radici in una delle più grandi paure dell’essere umano: la morte.

Per quanto la pellicola sia ormai datata, e già all’epoca risultasse un po’ cheap, la Lambert riuscì assolutamente a far suo quel concetto di morte. La morte che non risparmia nulla e nessuno, cominciando da un gatto innocuo, passando per un’anziana signora, fino ad arrivare ad un bimbo innocente.

La morte che condannerà la famiglia Creed ad una spirale di assoluta disperazione dove la follia per la perdita porterà il capofamiglia Louis, medico da sempre razionale e pragmatico, a valicare quel confine fondamentale che separa il mondo dei vivi da quelli dei morti, condannando tutto ciò che ha di più caro.

 

Pet Sematary

 

Il tutto prendeva forma lasciandoci entrare silenziosamente nella routine dei Creed.

Il tutto prendeva forma, esattamente come nel libro, lasciandoci entrare silenziosamente nella routine dei Creed: dal loro trasferimento ai piccoli litigi tra Rachel e Louis, dalla prima parola del piccolo Gage al primo approccio con la morte per la più grandicella Ellie; portandoci a conoscere talmente bene questa famiglia, ad empatizzare con loro, come se fossero dei vicini di casa, per poi farci sprofondare con essi fino ad un agghiacciante inferno che culminerà in una serie di scelte tragiche.

Si arriva quindi a momenti di assoluta crudeltà, elemento tipico dell’horror di un certo periodo che non aveva paura di mostrare, di sporcare, di spaventare con la realtà, con l’inevitabile.

Si, perché tutti dobbiamo morire e la morte è irreversibile.

Pet Sematary ci mostra invece che oltre la morte ci può essere qualcosa di peggio e che anche la purezza dell’innocenza infantile può essere sporcata, inquinata dal maligno, dall’egoismo di non potersi arrendere al naturale scorrere degli eventi, dal senso di colpa che colpisce tanto Rachel – con i suoi ricordi del passato – quanto Louis.

 

Pet Sematary

 

Perché questa lunga premessa?

Perché questa lunga premessa? Perché è fondamentale capire le tematiche di un libro come Pet Sematary, che non è semplicemente una storia di orrore e di zombie, ma un racconto molto più profondo, molto più intimo e metaforico che, in un modo o nell’altro, potrebbe coinvolgere ognuno di noi.

Una premessa insomma fondamentale per poter capire davvero perché il Pet Sematary di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer non funziona affatto.

Il nuovo Pet Sematary risulta essere fin da subito la più classica riduzione del cinema horror hollywoodiano degli ultimi anni: un horror che non osa, che accenna e basta, che ha paura ad essere davvero crudele. Un horror per famiglie edulcorato e contornato da jumpscare (e in questo caso, manco quelli).

 

Pet Sematary

 

Pet Sematary è una bozza di quello che sarebbe potuto essere un ottimo film, un’interessante rappresentazione del romanzo di Stephen King sotto una chiave diversa, mescolando le carte in tavola, portando la soggettiva su un altro personaggio, cercando di comprendere come le cose sarebbero potute andare.

Idee che si rincorrono all’interno del film, ma che non arrivano mai veramente a compiere l’intero giro. Una pellicola frenata, appena accennata nelle scelte, nelle azioni, dalla trama debole dove a stento si riesce a percepire il tanto atteso richiamo kinghiano e, cosa ancora più grave, dove la morte a stento ci sfiora.

Kevin Kölsch e Dennis Widmyer restano schiavi della volontà di dare una parvenza diversa alla pellicola, osando addirittura con un trailer che mostra l’incidente scatenante e quindi fa presagire allo spettatore preparato che ci sarà altro, molto altro sullo schermo.

Alla fine ci ritroviamo ad aspettare però questo “altro” senza mai vederlo arrivare.

 

Pet Sematary

 

Una pellicola che non ci crede mai fino in fondo.

La fotografia sa essere suggestiva il giusto, così come le scenografie e i boschi misteriosi che cercano di restituire il mood dell’universo horror di Stephen King. Alcune sequenze risultano essere girate anche molto bene, mostrando un certo occhio da parte della coppia di registi, ma questo purtroppo non basta.

Una pellicola che non ci crede mai fino in fondo, dove la suspence non viene mai esasperata come dovrebbe e il racconto risulta forzato, frettoloso, seguendo quasi pedissequamente il libro nella sua prima parte (eccezion fatta per alcuni dettagli sui quali però si può tranquillamente chiudere un occhio), per poi re-inventare del tutto la seconda parte, ma senza farci capire veramente mai “perché”.

Scelta che sul finale si mostra essere più fallimentare che mai, lasciando non tanto l’amaro in bocca quanto delle vere e proprie perplessità su come l’intera pellicola venga chiusa. Viene quasi spontaneo chiedersi se il motivo vero che ha spinto i due autori nello stravolgere così tanto, senza poi trovare delle vere motivazioni narrative, non sia piuttosto dettato dall'”ansia da spoiler” che ormai si respira così tanto al cinema e in televisione e il dover sorprendere a tutti i costi lo spettatore.

 

 

Le ripercussioni di questa scelta non si fanno sentire solo sulla trama, ma anche sui personaggi, nonché sulle interpretazioni degli attori, in particolar modo quella di Jason Clarke.

Cosa dicevamo prima? Che l’empatia è la forza di questo racconto tanto da renderlo ancora più cruento. Ebbene in questa nuova versione manca del tutto. I personaggi sono piatti, per nulla approfonditi. Impossibile creare un legame con loro, capirli e comprendere le loro scelte.

Il personaggio di Louis muore a causa di una scrittura ad una sola dimensione, perdendo tutto il fascino di un uomo dall’etica e morale legate alla medicina così ferrea che poi perde del tutto nella follia di riportare il figlio alla vita. Il dissidio che viviamo con lui tanto nel romanzo quanto nella pellicola dell’89 in questo film è ricordo lontano.

Rachel, Victor e Jud meri personaggi di funzione. La “terrificante” Zelda sembra essere il frutto di un incrocio di suggestioni di cinema orientale, in bilico tra The Ring e The Gruge.

In tutto questo salviamo giusto Church e Gage, ma solo perché i gattini e i bambini ci piacciono sempre (e questo dovrebbe dirla lunga).

 

Pet Sematary
È un vero dispiacere non aver ritrovato sullo schermo un Pet Sematary capace di restituirci il senso di morte, paura ed orrore tipico del romanzo di King.

Un film che riportasse l’horror ai suoi vecchi albori, usando il genere per poter snocciolare le più profonde paura dell’essere umano.

E invece, sulla scia della “fama ritrovata” di King al cinema, assistiamo solo all’ennesima pellicola mediocre del mondo hollywoodiano; nonché alla conferma che no, King di cinema – quando si tratta dei suoi film – non ne capisce davvero niente.

 

Pet Sematary è al cinema in Italia dal 9 Maggio.