Secondo una analisi degli accademici dell’Oxford Internet Institute entro il 2100 circa 1,4 miliardi di utenti Facebook saranno deceduti. Sempre secondo le loro proiezioni, questo significa che nel 2070 i profili appartenenti ai morti supereranno di gran lunga gli utenti vivi.

La notizia non è semplicemente una nota di colore, perché come sottolinea lo stesso ricercatore a capo della ricerca, Carl Öhman, solleva una questione importante:

These statistics give rise to new and difficult questions around who has the right to all this data, how should it be managed in the best interests of the families and friends of the deceased and its use by future historians to understand the past.

 

Per il co-autore della ricerca David Watson, controllare questa immensa mole di dati significa controllare la storia.

Never before in history has such a vast archive of human behaviour and culture been assembled in one place. Controlling this archive will, in a sense, be to control our history.

It is therefore important that we ensure that access to these historical data is not limited to a single for-profit firm. It is also important to make sure that future generations can use our digital heritage to understand their history.

I ricercatori si sbilanciano ulteriormente, individuando le quote di nazionalità dei morti in due possibili scenari.

Ipotizzando che nessun altro utente si iscriva al social, e quindi fermandoci ai numeri che avevamo nel 2018, con India e Indonesia in prima fila, il 44% degli account commemorativi apparteranno a persone passate a miglior vita di origine asiatica.

Invece, proiettando nel futuro i trend di crescita di oggi fino al raggiungimento di una saturazione del mercato, sarà l’Africa ad occupare una quota impressionante, mentre nessun Paese occidentale, eccetto gli Stati Uniti, figurerà nella top 10.

Questo anche perché i ricercatori hanno usato i dati delle Nazioni Unite sulle aspettative di vita.