Life is Strange 2: Episodio 2

Il secondo episodio di Life is Strange 2 è finalmente disponibile per tutti i sistemi. Scoprite come ci è sembrato con la nostra recensione.

Se per voi Life is Strange 2 è arabo o, comunque, ignorate gli accadimenti dell’episodio pilota, raccomandiamo di proseguire la lettura solo dopo aver dato un’occhiata alla recensione del primo capitolo (trovate il link di seguito), cui rinviamo, tra l’altro, per ogni giudizio sugli aspetti di natura tecnica.

 

 

A chi invece ha già fatto la conoscenza – si fa per dire – di Sean e Daniel Diaz, i due fratelli di origine messicana protagonisti della serie, consigliamo di bere un litro di caffè prima di cominciare Rules. Perché questa nuova puntata è lenta. A tratti persino soporifera.

Beninteso, questo non significa che l’intera stagione meriti di essere prematuramente accantonata. Paradossalmente anzi siamo pronti a scommettere che, arrivati in fondo, pregherete in cuor vostro che non debbano passare altri tre mesi per la pubblicazione del prossimo capitolo. Ciò non toglie che la vera sfida qui consista nel tenere alta la soglia di attenzione nei confronti dell’interminabile flusso di conversazioni cui, volente o nolente, assisterete per buona parte della puntata.

 

 

Il tallone d’Achille di Rules sta nel fatto che si gioca – e, dunque, si decide – tutto sommato troppo poco in rapporto alla quantità di chiacchiere che i personaggi producono. Tra monologhi scanditi ad alta voce – e spesso, solo apparentemente, privi di utilità – non appena viene ispezionato anche il più insignificante degli oggetti e scambi continui di battute tra Sean, Daniel e gli altri comprimari, qualche sbadiglio di troppo va messo in conto.

Certo, poi molto dipende anche dall’inclinazione del momento: noi ad esempio, esausti dopo la terrificante botta di adrenalina di Resident Evil 2, abbiamo sinceramente apprezzato la tranquillità, la pacatezza, il tono sommesso che contraddistinguono l’incedere di Rules.

 

 

Dunque, siamo in Oregon. Nel dicembre del 2016 i fratelli Diaz, braccati dalla polizia dopo la tragedia di Seattle, hanno trovato rifugio in una baita abbandonata in mezzo a una foresta. Vivono lì, in solitudine. Il silenzio esalta l’incanto dei boschi. La neve è ovunque e fa un freddo cane. Campano all’addiaccio, di ciò che la natura offre loro o di quanto riescono a raggranellare nelle stazioni di servizio più vicine.

Il primo centro abitato dista almeno una ventina di chilometri.  Si tengono compagnia parlando del più e del meno e, nel frattempo, sperimentano i misteriosi poteri telecinetici di Daniel, sollevando e scagliando sassi, barattoli o altra roba di piccola taglia. Non è chiaro fin dove tali capacità possano spingersi.

Per evitare che il fratello minore finisca dritto all’Area 51, Sean ha imposto un codice di condotta cui attenersi, in pubblico e nelle relazioni col prossimo. Primo: nascondi il tuo potere, specie in presenza di estranei. Secondo: sta’ zitto e non prendere iniziative. Terzo: in caso di pericolo, scappa. Tutto facile, no? Il problema è che Daniel comincia ad avere un febbrone da cavallo e le provviste stanno per finire.

Non possono più nascondersi dal mondo, serve un posto caldo e sicuro per riprendere le forze.

 

Ma dove vai quando la polizia di due Stati ti sta addosso? Ecco l’illuminazione: proviamo dai nonni materni, abitano in un paesino lontano un paio di giorni di cammino, possiamo farcela. Peccato però che la coppia di anziani rappresenti un’incognita: da quando la mamma ha abbandonato Sean e Daniel sparendo letteralmente nel nulla, essi sono cresciuti senza sapere nulla di loro.

Altra grana: se anche i due vecchi decidessero di ospitarli, rischierebbero un’incriminazione per favoreggiamento. Ci si potrà fidare? O conviene applicare il “codice Diaz” anche a loro? Che fatica con queste norme, di sicuro non c’è alcun settore dell’attività umana che sprigioni una noia così assoluta come il diritto, deve averlo scritto Michel Houellebecq.

Com’è facile intuire il grosso di questo capitolo è dedicato al rapporto tra le relazioni umane e il viluppo di regole etiche in cui ci troviamo, nostro malgrado, imbrigliati.

Come da tradizione della saga, c’è poi spazio, sia pure in misura ridotta, anche per alcune questioni d’attualità: tra fake news, teorie del complotto, social network, razzismo e indigenza, gli spunti di riflessione non mancano di certo. Senza spoilerare nulla ci limitiamo inoltre ad anticipare agli amanti dei canovacci intricati che la sceneggiatura a un certo punto si congiunge con il prologo della serie, Le Fantastiche Avventure di Captain Spirit, uscito la scorsa estate: se non lo avete giocato, recuperatelo prima di avviare Rules, ne vale la pena per comprenderne meglio alcuni passaggi.

 

 

È consigliato prendersi il proprio tempo e non correre.

Resta tuttavia il fatto che durante le tre/quattro ore che occorrono per completare l’avventura – in questo genere di giochi il consiglio resta comunque di prendersi il proprio tempo, senza correre, non ha alcun senso – non succede granché. I momenti di snodo si contano sulle dita, eppure rispetto all’episodio pilota pesano come il piombo. In questa puntata infatti un paio di decisioni, oltre a ripercuotersi sul finale, segneranno per sempre la memoria di Sean e Daniel.

Quando la narrazione pare decollare, la regia abbassa di colpo il sipario.

Aggiungiamo che, proprio quando la narrazione pare decollare, la regia abbassa di colpo il sipario. Ne deduciamo quindi che Rules raffiguri un momento interlocutorio nella vicenda dei due ragazzi. Una fase che gli autori hanno preferito tratteggiare preparando, a fiamma bassa, gli ingredienti chiave per il prosieguo della sceneggiatura, piuttosto che gettare frettolosamente il pasto nelle fauci dello spettatore.

Forse anche per tale ragione i giri del motore di questa puntata salgono giusto nel finale. Un ritmo più incalzante probabilmente avrebbe sacrificato qualcosa in termini di credibilità della scrittura che, nonostante qualche passaggio un po’ stereotipato, si conferma su livelli invidiabili persino da produzioni più blasonate.

Resta allora l’interrogativo di fondo: val la pena pagare l’obolo necessario per acquistare Rules? Lo diciamo con la massima franchezza: a meno che l’incipit della stagione non vi abbia folgorato al punto che bramate spasmodicamente di seguire Sean e Daniel passo per passo, vi consigliamo di attendere. Nel prossimo episodio gli autori dovranno per forza scoprire qualche carta e finalmente si capirà dove la serie va a parare. Se, come pensiamo, la storia di Life is Strange 2, avrà un guizzo e si scrollerà il torpore di dosso, saranno senz’altro soldi ben spesi.

81
ME GUSTA
  • Alcune decisioni pesano
  • Torna Captain Spirit!
  • Il finale lascia la voglia di giocare ancora
FAIL
  • Ritmo troppo lento in larga parte dell'avventura
  • Dialoghi e monologhi non sempre interessanti
  • Qualche piccola sbavatura tecnica
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