L’attesissimo remake di Resident Evil 2 sta per arrivare su console di nuova generazione e PC. Scoprite come ci è sembrato il ritorno del survival horror di Capcom con la nostra recensione.
Dopo la super presentazione all’E3 2018 che gli è valsa il premio Best of Show da parte dei Game Critics Awards, il remake di Resident Evil 2 ha continuato a far parlare di sé e ad essere l’oggetto del desiderio di tutti i fan della serie survival horror firmata Capcom per un bel po’ di mesi. Nell’ultima settimana abbiamo giocato approfonditamente questo titolo che va, in un certo senso, a inaugurare la stagione videoludica per il 2019.
Se siete curiosi di scoprire come ci è sembrato, non vi resta che proseguire nella lettura della nostra recensione. Vi ricordiamo che Resident Evil 2 arriverà ufficialmente sia nei negozi fisici che negli store digitali il 25 gennaio 2019 per PC, Xbox One e PlayStation 4. La versione da noi testata è stata quella per PlayStation 4 Pro.
A prescindere dalla vostra età, se siete appassionati di videogiochi la serie Resident Evil non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. E se avete già anche qualche anno d’esperienza in campo videoludico, Resident Evil 2 è probabilmente anche per voi uno dei capitoli meglio riusciti, forse il più amato dai fan della trilogia originale uscita per PlayStation – al netto di altri due pezzi da novanta, beninteso.
Non c’era miglior punto di partenza, dunque, per rimettere mano sui primi capitoli della serie (visto che Resident Evil 0 e Resident Evil sono stati già rimasterizzati per la generazione corrente dalle loro versioni, già riviste al tempo, per Game Cube). Ma queste due operazioni si distinguono per tantissimi aspetti, che esulano dal mero lato tecnico: se infatti il titolo per Game Cube riproponeva fedelmente storia e gameplay dell’originale, aumentando solo la qualità visiva e sonora, qui troviamo uno stravolgimento del gameplay originale, oltre a una parziale riscrittura degli eventi – che non va tuttavia a stravolgerli, tranquilli.
Resident Evil 2 abbandona controlli e telecamera statici per adottare un sistema da tps con visuale visuale over-the-shoulder, più moderno e dinamico, evolvendo la filosofia di gioco del quarto capitolo, da cui si sono poi sviluppati anche i successivi. È ironico che la prima cosa che vedremo nei panni del giovane Leon S. Kennedy – recluta del dipartimento di polizia di Raccoon City nel momento peggiore in cui prendere servizio – una volta messo piede nella stazione di polizia, sia un filmato dalle telecamere a circuito chiuso che mostra un agente intento a sfuggire agli zombie, proprio con delle inquadrature statiche.
Che sia intenzionale o meno, è un promemoria di ciò che il remake ha sacrificato per poterci consegnare il controllo della telecamera. Lo stress di non poter sbagliare neanche un movimento, la paranoia data da inquadrature dall’alto di ambienti angusti e di onnipresenti punti ciechi, che costringevano spesso a sparare affidandoci solo all’udito.
Ma ci sono nuovi modi per farci provare le stesse sensazioni; attraverso il level design la presenza invisibile è una costante anche in questo remake grazie all’audio binaurale: dai classici lamenti di uno zombie che si aggira da qualche parte nella stanza al gocciolio sinistro di una tubatura, dai passi pesanti di qualcuno che ci insegue al rumore di uno o più infetti che cercano di sfondare una finestra (sempre che non la barrichiate prima).
Anche la storia di Resident Evil 2 era ed è composta da due avventure, quella di Leon, già citato sopra, e quella della giovane Claire Redfield, sorella minore di Chris, il protagonista del primo gioco. I due si incontreranno casualmente sulla strada per Raccon City, ma le loro strade dovranno ben presto separarsi per poi continuare ad incrociarsi durante l’intera trama. Leon, come già vi dicevo prima, è una recluta della che sta per prendere servizio nella Centrale di Polizia, mentre Claire è sulle tracce del fratello.
Sullo sfondo, l’epidemia esplosa in seguito a esperimenti su dei virus genetici condotti dalla Umbrella Corporation, che hanno reso Raccoon City una città di infetti e creature abominevoli.
Starà al giocatore farsi un quadro completo della vicenda giocando, nell’ordine che preferisce, sia la campagna di Leon che quella di Claire. Non posso addentrarmi oltre per quanto concerne la trama perché finirei inevitabilmente con lo spoilerare qualcosa, ma vi basti sapere che mantenendo il substrato narrativo originale, la scrittura di questo remake è decisamente più articolata e approfondita, con gradite variazioni sulla trama originale.
I protagonisti sono più veri, più umani. Giocando nei panni di Leon ci rendiamo conto di quanto egli sia inesperto e spaventato davanti all’ineluttabilità dell’infezione, ma non ha più importanza che quello sia il suo primo giorno di lavoro; è un agente di polizia e sente il peso della responsabilità di sanare quella situazione. Non sarà del tutto solo però, nel momento in cui entreremo in Centrale incontrerà il tenente Marvin Branagh, destinato a perire presto o tardi per colpa dell’infezione, che lo aiuterà a muovere i primi passi. Incontreremo poi la misteriosa Ada Wong, che utilizzeremo anche per una breve sequenza di gioco.
Claire compensa la mancanza di preparazione con una maggiore scaltrezza rispetto al giovane agente; è un personaggio in cui curiosità e istinto di sopravvivenza prevalgono sul senso del dovere e fanno in modo di guidarla attraverso una situazione più grande di lei. Nonostante la giovane età sarà comunque in grado di fronteggiare i pericoli che le si pareranno davanti e sarà fondamentale per portare in salvo la piccola Sherry Birkin.
Se si è giocato l’originale del 1998 non si può fare a meno di provare sensazioni un po’ contrastanti, come di sapere e allo stesso tempo non sapere cosa fare in quei luoghi; la gestione degli spazi è cambiata totalmente, nonostante esteticamente questi sembrino talvolta ricostruiti esattamente com’erano originariamente. Capcom ha voluto far sì che i giocatori di vecchia data si sentissero a casa, ma allo stesso tempo ha cambiato mura lasciando intatte a volte le decorazioni interne, altre volte la disposizione dei mobili.
La hall della Centrale di Polizia ha ancora la sua imponente ma barocca statua della Dea (l’edificio in passato era la sede di un museo d’arte e alcuni elementi della struttura, tra cui l’insolita torre dell’orologio, sono vestigia di un tempo passato), ma il suo puzzle ci richiede tre medaglie nascoste in diverse estremità dell’edificio, che ci costringono a tornare spesso sui nostri passi e ci introducono alle dinamiche con cui progrediremo in tutto il gioco, che conta ovviamente anche altre aree al di là della Centrale.
Alcune stanze sono più grandi di come le ricordavamo, altre più piccole, altre ancora si sono innestate su vecchi corridoi e molte delle rotte originali sono ora bloccate dai detriti. Ci sono molti nuovi enigmi e puzzle da risolvere, e il backtracking assume un valore fondamentale.
Molti di questi cambiamenti sono stati fatti pensando al realismo architettonico degli spazi in cui Leon e Claire si muoveranno.
Le mappe saranno il vostro migliore amico, poiché oltre a mostrare la vostra posizione e le varie aree degli edifici segnaleranno anche gli oggetti trovati in giro che non avete potuto raccogliere, per via della capienza della borsa; e anche gli altri elementi con cui hai interagito (un pannello elettrico, piuttosto che una cassaforte da sbloccare). In questa nuova versione di Resident Evil 2 c’è una chiara influenza della direzione intrapresa con Resident Evil VII, che punta a rendere gli obiettivi più trasparenti per il giocatore, senza però dirgli come risolverli.
L’imperativo è eliminare le frustrazioni senza togliere la soddisfazione di risolvere puzzle ed enigmi. Nella mappa, ad esempio, è indicata una porta chiusa a chiave, e in giro trovi una nota con degli indizi su una chiave smarrita: dove trovare la chiave e come arrivarci sta ancora totalmente al giocatore. In questo senso Capcom riesce a dare tutti gli spunti necessari per godersi il gioco senza che questo risulti quasi mai frustrante. A eccezione degli scontri coi nemici, chiaramente.
Qui bisognerà, come sempre, centellinare munizioni, spray ed erbe medicinali, facendo attenzione ad evitare il più possibile gli scontri (no, non potete giocarvela alla Rambo) e distinguendo le varie tipologie di infetti; ci sono i classici zombie resistenti al danno sul torace ma vulnerabili agli arti e, ovviamente, ai colpi alla testa.
Ma ci sono anche i maledetti Lickers, in grado di scalare le pareti e usare i fori per spostarsi da una stanza all’altra. Fortunatamente non hanno gli occhi, ma ci sentono benissimo, per cui muoversi silenziosamente è la strategia vincente. E poi ci sono i ciccioni come il povero William Birkin, e non solo lui…per non parlare del Tyrant, che ci inseguirà nei luoghi più remoti di ogni location dandoci non poco filo da torcere (per la tenacia mi ha ricordato il buon vecchio Nemesis di Resident Evil 3, ndr).
Dal punto di vista tecnico, infine, siamo di fronte a un titolo con valori produttivi altissimi e al miglior capitolo mai visto finora dell’intera serie, escludendo dal computo il settimo che presentava l’atipica formula da FPS.
Sempre fluido e dettagliatissimo, Resident Evil 2 è un gioiellino da guardare e da ascoltare, oltre che da giocare. È tutto ciò che si può sperare di avere in un remake e anche qualcosa in più. Un gran bel modo di inaugurare il 2019.
- Il miglior remake possibile di RE2
- Valori produttivi altissimi
- Doppiato in italiano
- Resta pur sempre un remake