Dieci anni fa Mark Millar e Steve McNiven raccontarono uno dei migliori what if dell’universo Marvel “recente”: Old Man Logan. Il futuro distopico senza più eroi oggi ha anche un prequel, ma il protagonista è cambiato e risponde al nome di Old Man Hawkeye. Questo è il viaggio della vendetta di Clint Barton.
C’è poco da fare: l’atmosfera post apocalittica alla Mad Max mi ha sempre fatto impazzire. Se poi ci aggiungiamo gli iconografici personaggi della Marvel il connubio sembra funzionare dannatamente bene.
Proprio da questo presupposto nel 2008 quel fenomeno di Mark Millar creò una serie destinata a rimanere forse per sempre nei cuori dei Marvel fans: Old Man Logan.
Ci catapultò in un futuro distopico, in cui quasi tutti i supereroi erano stati sconfitti e uccisi dall’unione di tutti i villain del mondo.
Un mondo dove Las Vegas, quasi rasa al suolo, prende il nome di Hammer Falls, perché li Mjolnir cadde assieme al Dio del Tuono e ai più grandi eroi del mondo.
Un mondo in cui gli Stati Uniti furono prima annichiliti e poi spartiti in territori tra i super criminali più potenti della Terra.
Un mondo in cui lo Studio Ovale della Casa Bianca era occupato dal peggiore di tutti loro, il tiranno per eccellenza, nonché la mente strategica che partorì il diabolico piano per la distruzione delle forze del bene: Teschio Rosso.
In questo scenario si muoveva un vecchio e remissivo Logan, non più in grado di essere Wolverine, piegato dai sensi di colpa e dagli stenti per riuscire a mantenere la propria famiglia nel territorio della progenie di Hulk.
Un grande protagonista necessitava di una grande spalla e questo ruolo fu affidato a Clint Barton, Occhio di Falco, che nella serie del 2008 non solo era invecchiato (molto), ma era diventato cieco a causa del glaucoma, senza perdere tuttavia il suo carisma e la sua mira letale. Assieme i due hanno attraversato gli Stati Uniti nella disperata missione di donare al mondo un’ultima speranza di sconfiggere il male.
La serie in 8 numeri fu una bomba, sotto tutti gli aspetti, rimanendo ancora oggi un punto di riferimento narrativo.
Tuttora la serie di Millar e McNiven è una delle mie preferite degli ultimi 20 anni di Marvel. E deve esserlo anche per tanti altri fan nel mondo se ad un certo punto la Casa Delle Idee ha deciso di raccontare ancora qualcosa di quell’incredibile universo.
D’altronde il potenziale di questa ambientazione post apocalittica è davvero troppo elevato (e potenzialmente redditizio) per abbandonarlo. Troppi personaggi ancora da mostrare e piccoli misteri irrisolti da svelare ai fan.
Ed eccoci qui, in quello stesso universo, ma con il calendario della narrazione spostato all’indietro di 5 anni.
Clint Barton sembra piuttosto in forma, possiede ancora la vista, anche se è consapevole che in pochissimo tempo (questione di mesi) dovrà affrontare il buio della cecità.
La sua stessa leggendaria infallibile mira sembra perdere più di qualche colpo ed è proprio questa consapevolezza che lo porta ad accettare incarichi di protezione fintanto che è ancora in grado di scoccare una freccia.
Ma c’è molto di più.
In lui brucia il fuoco della vendetta verso i criminali che hanno sterminato gli Avengers e tutti i compagni di un tempo. Il ricordo di Natasha Romanoff in particolare è quasi un’ossessione per Clint che sente di non avere più molto tempo per completare il suo piano.
Logan, come sappiamo, non è intenzionato a sfoderare gli artigli. Ashley, figlia di Clint e di Tonya Parker, detesta il padre e sembra quindi non esserci ormai alcun legame a trattenere Occhio di Falco.
La sua caccia partirà per stanare tutti i membri ancora in vita dei Thunderbolts (Atlas, Scarabeo, Songbird) suoi ex compagni, più volte divenuti criminali, colpevoli tuttavia di aver “venduto” i Vendicatori e gli altri eroi ai super villains e di aver contribuito al genocidio avvenuto 45 anni prima.
È tempo quindi di nuovo pericoloso viaggio attraverso l’America dei super criminali e di una nuova caccia.
Perché le azioni di Clint non sono passate inosservate e sulle sue tracce ci sono parecchie conoscenze che interagiranno con lui, a partire da chi lo vorrebbe morto, come ad esempio il simbionte Venom (scoprirete non solo come è sopravvissuto ma come diventerà ciò che abbiamo visto in Old Man Logan) e soprattutto lo sceriffo della morte di Teschio Rosso, ovvero Bullseye in persona, in una versione quasi steampunk davvero eccezionale.
Clint Barton si muove tra i deserti e le città di questo futuro Marvel con la stessa andatura grave di Max Rockatansky di Mad Max.
Cerca di fare qualche battuta, per smorzare la tensione così come imporrebbe il suo personaggio, ma la tristezza della sua condizione e la rabbia cieca che lo anima non permettono al leggendario arciere di rimettersi di sorridere.
In Vecchio Occhio di Falco ritroviamo tutta l’ambientazione e il mood dell’illustre predecessore, oltre a molti nuovi curiosi dettagli che ci vengono svelati sul massacro degli eroi.
Ethan Sacks, al suo secondo impegno ufficiale da fumettista, scrive una trama lineare ma solida.
I personaggi più iconografici del mondo Marvel sono morti o già stati mostrati in Old Man Logan e quindi, in modo intelligente e dando prova di una notevole conoscenza della continuity della case Delle Idee, l’autore di Old Man Hawkeye sfrutta personaggi “minori” come i Thunderbolts, Taskmaster, Madrox, gli eredi di Kraven il Cacciatore e Kate Bishop.
Ad ognuno conferisce personalità e solidità, aiutato dal mood “western” della storia e anche da alcune trovate davvero interessanti come quella applicata sul simbionte Venom.
Ma l’eccellenza è raggiunta con la caratterizzazione di Bullseye, qui mostrato in veste di Marshall della Morte con gli innesti cibernetici di Deathlok, esteticamente simile ad uno spietato Lee Van Cleef e altrettanto cattivo.
Le scene in cui compare sono davvero appassionanti e anzi rischiano di adombrare il protagonista Occhio di Falco, che spesso appare confuso e spaesato. Non è che manchi di carisma, semplicemente Clint Barton in questa storia non ha la potenza esplosiva della sua versione scritta da Mark Millar. E’ un personaggio abbattuto da una profonda tristezza e che quindi fatica un pochino ad entrare nelle simpatie dei lettori. Ma quando il suo dolore traspare l’empatia si sente subito.
E poi c’è Marco Checchetto. La Young Gun 2018 non sbaglia una singola tavola.
Dal punto di vista estetico Vecchio Occhio di Falco è un (neanche tanto) piccolo capolavoro, fatto eccellenti inquadrature cinematografiche, personaggi splendidamente caratterizzati e tante scene d’azione convincenti e dinamiche.
Il character design dei personaggi, benché debitore dell’opera di McNiven, è azzeccato e sempre affascinante con picchi notevoli nelle grandi splash sparse tra le pagine.
Marco ha questo dono di rendere belli anche i personaggi che normalmente non dovrebbero esserlo ed inoltre riesce a non perdere la sua ricchezza di dettagli nemmeno nell’inferno delle scena più concitate.
E pare anche essersi divertito molto ad inserire alcuni evidenti tribute nelle tavole, non solo al Mad Max di George Miller, ma anche ad Alex Ross e allo spaghetti western di Sergio Leone.
Andres Mossa fa un ottimo lavoro ai colori anche se non avrei disdegnato un’ancor più pesante patina giallastra a fare da filo conduttore con l’immaginario western/post apocalypse.
A voler essere fastidiosamente pignoli una storia del genere avrebbe meritato una certa sporcizia e spigolosità nel tratto che in effetti non sembra far parte dello stile di Marco, ma ripeto ci troviamo di fronte a dei disegni sontuosi. Non potevamo aspettarci di meno da una delle matite di punta di Marvel che sta regalando tante soddisfazioni al nostro Paese in ambito internazionale.
I primi sei numeri contenuti nel cartonato di Panini Comics scorrono piacevolmente, con un più che discreto ritmo e buone citazioni e lasciando una piacevole sensazione di curiosità per il proseguimento della storia (che dovrebbe concludersi con il numero 12 americano, attualmente è in pubblicazione il numero 11), promuovendo Ethan Sacks come scrittore e consacrando il nostro Marco Checchetto a superstar.
Essendo un prequel conosciamo già la direzione che la storia dovrà prendere sul finale, ma il bello di queste storie sta tutto nel percorso per arrivarci. Ci aspettiamo ottime cose quindi dalla penna di Sacks e soprattutto dalle matite del nostro Marco.
Facci sognare, campione!
- Marco Checchetto è semplicemente straordinario: dettagliatissimo e sontuoso, i disegni di questa serie sono sorprendenti
- E' bello poter tornare all'ambientazione del mitico Old Man Logan
- Trama solida e con i giusti cliffhanger
- Bella la scelta di usare personaggi "minori" permettendo ai lettori di incuriosirsi e agli hardcore fans di trovare numerose chicche
- Essendo un prequel non può raggiungere il fascino dell'illustre Old Man Logan
- Manca un po' di "sporcizia" in generale, sia nel tratto che nei colori, che ben si sarebbe adattata all'ambientazione