Head Lopper, il Mozzateste, è un caso piuttosto particolare: il fumetto fantasy di Andrew MacLean ha conquistato tutti, trasformandosi presto da autoproduzione indipendente ad opera di successo. Scopriamo come Norgal, lo Staccateste, sia riuscito a farsi strada fino a noi.
Quando pensiamo al genere Sword and Sorcery nella nostra mente si materializza la figura di Conan il Barbaro, il cimmero creato da Robert E. Howard.
Di fatto Conan incarna lo spirito e le regole del genere: un eroe coraggioso e (brutalmente) forte che si batte con uno o più nemici mostruosi, o nel del tutto umani, contrapponendo la propria spada alla loro oscura magia. L’ambientazione fantasy poi fa il resto assieme al variegato bestiario e le avventure mozzafiato. Più o meno tutti ne siamo rimasti affascinati, dai romanzi alle infinite sessioni di Dungeons & Dragons.
Non è propriamente un genere da primi posti in classifica, ma certamente è un evergreen dal fascino immortale, specie per i più giovani, che in qualche modo esisterà sempre, basti pensare ancora oggi a quanti videogame, boardgame, giochi di ruolo esistano sulla falsariga e continuino ad essere creati.
E Norgal, il protagonista di questo fumetto, è esattamente come dovrebbe essere: un colosso di muscoli, armato di una spada lunga 2 metri, un’indole per nulla amichevole e una gran voglia di staccare teste a mostri, streghe e altre ripugnanti creature che infestano il mondo.
Non ci viene raccontato da dove viene; oltre il soprannome, di lui sappiamo che è anche definito “figlio del minotauro”, chissà quale poi.
Quando incontriamo Norgal per la prima volta, vicino alla fortezza di Castlebay, è impegnato a combattere un’idra gigante, che manco a dirlo sarà decapitata con maestria, astuzia e una notevole dose di agilità dal nostro canuto gigante.
Il Mozzateste con le teste ci sa fare, non c’è che dire.
Nel suo peregrinare per le lande dell’isola di Barra, che fa da sfondo a questa serie, è accompagnato dal contenuto di una sacca che sembra molto importante: contiene infatti la testa mozzata, ma ancora parecchio vispa e chiacchierona, di Agatha La Strega Blu.
I due assieme formano la più improbabile delle coppie, classica sia nel cinema che nella narrativa: lui taciturno, burbero e pragmatico, lei logorroica, ingannevole, sempre pronta a qualche tranello.
Lui è la spada. Lei è la magia, anche se questo si scoprirà più avanti.
Insomma personaggi tipici per un’opera sword and sorcery ma anche la più classica coppia da buddy movie, con un connubio classico/moderno azzeccato e molto funzionale.
Ben presto le gesta di Norgal saranno notate dalla moglie del sovrano dell’isola di Barra che manderà a convocare il Giustiziere affinchè sconfigga lo Stregone della Palude chiamato Barra (porta lo stesso nome dell’isola quasi a suggerire una metafora della natura vendicativa che vede le proprie terre sottratte dall’uomo). Per colpa di questa oscura presenza le terre sono infestate di mostri e animali feroci e giganteschi, ma i suoi piani sono molto più sottili, le sue armi decisamente più celate alla vista.
Norgal però è un uomo semplice: gli chiedi di uccidere qualcosa di cattivo e lui la uccide, dimostrandosi valoroso ma anche ignorante come un bue.
Partirà quindi per un viaggio che attraverserà l’isola, con lo scopo proprio di affrontare l’incarnazione del male, non certo senza trovarsi in mezzo tanto agli attacchi di mostri, giganti, lupi ecc, quanto alle cospirazioni di altri personaggi, streghe e uomini con secondi fini.
Abbiamo davanti una storia piuttosto lineare, impreziosita certo da alcuni efficaci flashback, con il giusto ritmo e personaggi interessanti perché in effetti avvolti nel mistero con semplicità e maestria.
Ricordate: caratterizzare non significa svelare tutto e il passato misterioso dei protagonisti, sia il barbuto Norgal che Agatha la Strega Blu, ma anche lo stesso Barra, contribuisce a tenerci ben incollati alle pagine.
Ma allora perché mostri sacri del fumetto statunitense come Jonathan Hickman e Mike Mignola se ne sono innamorati al punto da trasformare quest’opera indipendente in un caso di successo? Sottolineo: parliamo di un mago delle trame multistrato come Hickman e di un esperto di folklore e mitologie come Mignola.
Beh la forza di MacLean sta nell’aver avvicinato con successo due attitudini che sembravano destinate a non incontrarsi mai: l’heroic fantasy, vicino alle frange nerd più estreme di giocatori di ruolo e lettori innamorati delle ambientazioni di Forgotten Realms e Dragonlance, e il minimalismo autoriale da galleria d’arte, un po’ hipster se vogliamo.
Ma non le ha semplicemente avvicinate, le ha fuse trasmettendo caratteristiche dell’una nell’altra e viceversa.
Guardate i disegni. Linee semplici, forme minimaliste e nette, debitrici del sopraccitato Mignola, ma ricche di personalità. E soprattutto con una dinamicità incredibile e un’attenzione per i particolari e le “regole del gioco” assolutamente indiscutibile.
Quando Norgal corre, eccome se corre, l’essenzialità delle forme trasmette tutto il senso del movimento.
Le care buone vecchie decapitazioni abbondano, come piace a noi amici del D20, ma l’approccio alle stesse e leggero, fluido. E la cosa è assolutamente affascinante.
Ci fosse così tanta “aria” e leggerezza in certi comics supereroistici, molti rivaluterebbero il genere. La lettura è così scorrevole che quando finirà il volume non vi sarete accorti del tempo trascorso.
MacLean inietta morbidezza e dinamicità laddove il genere fantasy è più rigido.
Se Norgal è un noioso barbaro taciturno, l’autore a volte lo priva quasi dei lineamenti del viso, coprendolo con la folta barba lasciando solo che siano i suoi movimenti aggraziati a parlare per sé.
Alla stessa maniera ci fa sorridere con gli stessi continui interventi della strega Agatha, inopportuni se pensiamo agli stilemi di genere ma dannatamente divertenti in questo caso (c’è una scena con un teschio che è pazzesca, ma la leggerete).
Insomma MacLean abbatte i confini di entrambe le attitudini mostrando agli “hipster” che per una volta si può rinunciare al disagio e che una cara vecchia storia fantasy è sempre affascinante e permettendo ai “duri & puri” fan di Conan il barbaro di uscire un po’ dal proprio cortile.
Bisogna citare assolutamente il colorista Mike Spicer, che sa cogliere lo spirito giusto di ogni tavola, offrendo una prestazione davvero eccellente e che contribuisce non poco al valore che dell’intero fumetto, che in bianco e nero avrebbe perso molto potenziale.
Insomma Andrew MacLean con questa serie ha fatto una cosa davvero pazzesca, ed è per questo che ha saputo conquistare alcuni nomi stellari del mondo dei comics.
Non è certo il primo a compiere una fusione del genere, ma vi pare una cosa da poco?
Questo primo volume edito da Panini Comics contiene il primo arco narrativo autoconclusivo composto da 4 numeri, pubblicato negli USA da Image.
In America è già uscita una seconda “stagione”, sempre di 4 numeri, solo che stavolta ai colori troveremo addirittura Jordie Bellaire e il cast si arricchirà di un nuovo importante personaggio, che donerà tutta una nuova prospettiva alla narrazione.
Quando ho letto Head Lopper ho pensato: “questo è il fumetto per il popolo di Lega Nerd”. Una stretta di mano tra diversi appassionati. Un crossover di influenze.
Insomma, esattamente come siamo noi.
- Head Lopper è il punto di incontro tra l'heroic fantasy e il minimalismo autoriale
- MacLean fonde le due correnti traendo il meglio da entrambe
- Il look minimal restituisce una dinamicità e un senso del movimento pazzesco
- Diverte e intrattiene: la coppia Norgal/Agatha spacca
- Data la grande fluidità tende a finire pure un po' troppo presto
- E' arrivato in Italia un po' tardino rispetto il successo negli States