Presentato alla 75a Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica, La Profezia dell’Armadillo è la trasposizione dell’omonima graphic novel di Zerocalcare, diretta da Emanuele Scaringi. In occasione della presentazione del film, abbiamo incontrato e intervistato il regista.
Un progetto tormentato e incerto, ma che alla fine non è affatto dispiaciuto al pubblico di Venezia. La Profezia dell’Armadillo, presentato al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, arriverà nelle nostre sale il 13 Settembre: è diretto da Emanuele Scaringi e basato sull’omonima graphic novel di Zerocalcare.
Il successo di Zerocalcare e il suo modo di raccontare la vita, la periferia romana, la nostalgia e gli anni che hanno caratterizzato la formazione di tanti trentenni – e non solo – ormai è un fenomeno non solo nel nostro stivale.
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Riuscire bene nelle trasposizioni come questa non è mai facile, in questo caso, considerando il passato travagliato del progetto, lo è stato ancora meno. Eppure Emanuele Scaringi non sembra essersi perso d’animo e ha colto la palla al balzo, portando al cinema un film leggero, divertente, fresco e con qualche sfumatura più triste.
Un film che forse non rispecchia totalmente la fedeltà verso il fumetto a cui si ispira, ma che al tempo stesso riesce a restituire su schermo l’essenza di Zerocalcare.
Abbiamo provato diverse strade, anche l’animazione; però la strada “Roger Rabbit” è un film più per ragazzi, per famiglia. La storia di Michele racconta un’altra cosa […]
Volevo che l’Armadillo fosse materico, che un po’ ricordasse i Gremlins, perché in qualche modo è un mostro che si ciba delle nostre debolezza e da dritte strampalate.
Non poche le citazioni che si ritrovano all’interno del film, appartenenti non solo al mondo ritratto dai fumetti di Zerocalcare, ma anche dalla società e cultura in bilico tra la fine degli ’80 e gli inizi dei ’90.
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Emanuele Scaringi cerca di ricreare quel mondo, apportando al tempo stesso qualche modifica, per non rendere il film una mera copia carbone senza anima del fumetto da cui è stato tratto.
Mi sono avvicinato al lavoro di Michele cercando di non tradirlo, di re-interpretarlo, perché il fumetto è una cosa ma l’immagine su schermo è un’altra. Non è così automatico.
Ho sicuramente omaggiato alcune tavole di Michele ma, al tempo stesso, non volevo fargli il vero o cercare di copiarlo.