In bilico tra videogioco e videoclip, RIDE di Jacopo Rondinelli, scritto e prodotto da Fabio&Fabio, entra nel panorama del cinema italiano dando inizio a una vera e propria rivoluzione.
In un 2018 poco memorabile per il cinema italiano, sovrastato da blockbuster internazionali privi di anima, a fine estate arriva un film indefinibile, inedito e diverso. Una pellicola di vera rottura, che non solo rappresenta il vero concetto di adrenalina, ma che fonde tecniche e generi diversi in un mix che lascia storditi, con il battito accelerato e le pupille dilatate.
Il film in questione è RIDE del regista Jacopo Rondinelli, scritto, prodotto e supervisionato dal duo Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, che dopo l’esperienza di Mine ritornano al cinema con una storia dove il concetto di suspense si espande, portando lo spettatore a livelli altissimi di coinvolgimento e interazione.
RIDE è un nuovo inizio per il cinema italiano – e forse non solo quello italiano – dove non è solo lodevole l’ambizione di un progetto crossmediale (film, fumetto e libro in uscita) ma anche il coraggio di osare con un mix esplosivo di tecniche di ripresa, dove a farla da padrone è l’uso delle action cam che ci permette di essere totalmente protagonisti della storia, sospesi in una corsa fino all’ultimo respiro, dove la posta in gioco è la vita stessa.
RIDE è il primo film italiano a essere interamente girato con action cam dai suoi stessi protagonisti, correndo a perdi fiato su di un percorso letale.
Tutto sembra ricondurre ad un solo centro: la vita.
Si, perché per sentirsi vivi i nostri protagonisti sfidano costantemente la morte, si spingono quasi oltre il punto di non ritorno per poi tornare indietro, beffardi e orgogliosi delle loro imprese. Per sopravvivere sono dispostiti a tutto, anche a correre la corsa della vita, dove però le regole sono molte diverse.
E ad affiancare il concetto di vita c’è quello di adrenalina, quella botta che ti inonda come una scarica elettrica, che ti spinge ad accelerare sempre di più, ad andare oltre anche quando sai che dovresti fermati, ad andare avanti quanto non ce la fai più.
L’adrenalina che ci rende animali, spericolati, feroci, affamati, instancabili.
E tutto questo sembra avere un doppio rimando. Un primo, rivolto allo spettatore, che ci riporta al concetto di vita; ovvero che Ride, come recita anche il suo sottotitolo, è la vita stessa: o corri o muori.
Anche quando sembra essere finita, arriva una nuova svolta, un nuovo livello. E se prima il gioco sembrava non valere la candela, adesso è impossibile fermarsi. Adesso si che si inizia a sentire il sapore del sangue e del sudore.
E cosa facciamo ogni giorno nelle nostre esistenze? Corriamo. Corriamo. Sempre più forte.
A volte arriviamo secondi, altre non ci qualifichiamo nemmeno, ma altre ancora tagliamo il traguardo carichi di voglia di vincere, di rabbia, di dolore, di tutte quelle botte che abbiamo preso corsa dopo corsa, curva dopo curva. Una corsa che non può fermarsi, perché sappiamo bene cosa succederebbe in caso contrario.
Il secondo rimando, ovviamente, è l’intento del regista e degli autori. Si perché RIDE non è solo un film coraggioso o ambizioso.
RIDE è un film necessario in un cinema addormentato, stanco, privo della voglia di sorprendere.
Guaglione e Resinaro, ma anche il regista Rondinelli e il co-sceneggiatore Marco Sani non ci hanno risparmiato di un colpo. Hanno usato – apparentemente – tutte le loro cartucce.
Non hanno dato semplicemente di più, sono andati oltre, dimostrando che si può fare, si può cambiare, si può ancora inventare, far crescere l’adrenalina, fremere di passione.
RIDE è la duplice faccia di questo cambiamento che si traduce in un cocktail – ben dosato – di generi, dove dall’action movie si passa al videoclip e poi al videogioco, inserendo schermate da vero giocatore, bonus e malus.
E poi si arriva alla vera anima del film, un thriller dalle sfumature horror che porta la suspense all’estremo in un finale che lascia ad occhi sgranati e fiato sospeso.
Una pellicola difficile da dimenticare, che porta anche a giocare con i molteplici punti macchina, con i movimenti frenetici delle Go Pro durante i percorsi ed immagini più pulite, ma che seguono costantemente i protagonisti, ovvero due bravissimi Lorenzo Richelmy e Ludovic Hughes nei panni degli spericolati Max e Kyle.
Ciliegina sulla torta di questo film? Il montaggio sonoro.
La musica rapisce, catapulta letteralmente all’interno della storia, quasi sincronizzata con le pulsazioni dei protagonisti.
Ogni loro cambiamento, dai momenti più dinamici a quelli più profondi, viene letto dalla musica che diventa molto più di un semplice tappeto sonoro. È molto più perfino di un personaggio, una vera forza motrice che mette in circolo gli istinti più feroci e privi di limiti di Kyle e Max.
Se con Mine Guaglione e Resinaro aveva compiuto un piccolo grande miracolo, con RIDE siamo all’inizio di una vera e propria rivoluzione cinematografica.
Una rivoluzione vera, che parte dalle fondamenta, che abbiamo visto iniziare con Gabriele Mainetti (Lo chiamavano Jeeg Robot) e che con Fabio Guaglione e Fabio Resinaro diventa sempre più violenta, più forte.
La strada è lunga, ma qui abbiamo già bruciato chilometri. Siamo andati oltre. Abbiamo sperimentato tecniche efficaci che strizzano l’occhio alla nicchia e al grande pubblico, a un target sfaccettato che saprà cogliere le tante chicche seminate in questa corsa a perdifiato per la vita. Del resto…
RIDE OR DIE!
RIDE arriva nei cinema italiani dal 6 Settembre.