L’attesissimo capolavoro firmato From Software è finalmente disponibile in versione rimasterizzata. Riscopriamo insieme cosa ha reso Dark Souls uno dei videogiochi più apprezzati di sempre.
Lordran e la sua ciclicità, i dualismi e le contrapposizioni, il caldo e la luce di una fiamma che si contrappongono al freddo e all’oscurità di una caverna buia; il bene e il male sono perennemente in lotta in questo regno, ma risulta meno netto il confine che li separa. C’è una storia raccontata sotto voce, un disegno tratteggiato su un foglio scuro coi gessetti, una sfida capace di stimolare come di rado accade.
Strano tornare virtualmente a camminare per quelle terre cui mi sono avvicinato per la prima volta quasi un decennio fa, incuriosito dal fascino di una produzione che – di certo in molti lo ricorderanno – non è stata compresa e apprezzata fin da subito, anzi. Ricordo bene come Dark Souls (e prima ancora Demon’s Souls, che ho avuto la fortuna di giocare al momento del suo arrivo in Europa) venissero additati come pessimi giochi, inutilmente punitivi per quanto riguarda il gameplay ed estremamente carenti sul fronte della narrazione. Si è dovuto aspettare che Edge lo mettesse al primo posto della sua classifica, e che spuntassero capaci commentatori del fenomeno come VaatiVidya e il nostro Sabaku No Maiku, affinché si riconoscesse che quelli che venivano indicati come difetti erano in realtà i più grandi pregi del gioco.
Dark Souls ha rappresentato per alcuni un ritorno alle origini di ciò che è stato il videogioco e per altri la scoperta di un modo diverso di giocare, ed è proprio di questo che vi voglio parlare approfittando dell’uscita di Dark Souls: Remastered, disponibile dal 24 maggio per PlayStation 4 e Xbox One ma che arriverà prossimamente anche per Nintendo Switch.
La narrazione
Il mondo era amorfo, immobile e avvolto in una nebbia perenne nell’Era degli Antichi. Non il nostro mondo, quello di Lordran, un tempo dominato dai Draghi, sconvolto dall’arrivo della Prima Fiamma che portò con sé il caos e i dualismi di cui parlavamo nell’introduzione. La fiamma, il fuoco, la luce che spezza l’uniformità di quel mondo oscuro ne interrompe anche l’eternità e stabilisce un ciclo: crea un inizio e una fine, crea la vita, in un certo senso.
Questo racconto, insieme all’ascesa dei Lord che vinsero la fiamma (Gwyn, Nito, la Strega di Izalith e il Nano Furtivo) lo troviamo nel filmato introduttivo di Dark Souls, l’unico di tutto il gioco che da lì in poi parlerà silenziosamente al giocatore della propria storia, attraverso dialoghi coi personaggi non giocanti e righe di testo nascoste nella descrizione degli item. Una scelta, quella di From Software, non proprio immediata per molti, ma che ha portato a interrogarsi sugli intrecci di questa storia dai contorni poco nitidi e alla nascita di una delle community più appassionate nella scena del videogioco moderno.
Eppure ciò che ho apprezzato più di tutto nel modo di raccontarsi del titolo è qualcosa che va anche oltre la Lore (ovvero il folklore, la cornice sottesa nelle storie di questa serie), è il senso di ineluttabilità che permea la nostra missione in quanto non-morto prescelto: noi ci muoviamo in un mondo il cui destino è già segnato, siamo quasi il criceto in una ruota che gira e che continuerà a girare accogliendo nuovi criceti dopo la nostra dipartita, tuttavia c’è un forte senso di speranza nel nostro percorso, è quasi catartico. La decadenza che fa da sfondo all’inusuale mondo fantasy partorito dalla mente di Hidetaka Miyazaki avvolge ogni momento senza però annichilirlo; gli stessi personaggi che incontreremo lungo il cammino restituiscono un’idea di malessere e cinismo fisicamente palpabili dietro ogni parola, ma ci sono.
Sono lì per noi, per aiutarci ad affrontare un viaggio che ci premierà infine con il libero arbitrio. O quantomeno con la sua illusione.
Il gameplay
Tranquilli, eviterò lo spiegone dettagliato di una struttura che sicuramente chiunque stia leggendo questo articolo conosce già ampiamente e mi soffermerò ancora una volta sul perché risulti giocabilissima e piena di fascino ancora oggi, al netto di due sequel che ne hanno modificato lo spirito in parte migliorando e in parte peggiorando quell’anno zero inaugurato appunto con Dark Souls. Il combat system, l’interconnessione della mappa nelle diverse aree di gioco, e una curva d’apprendimento molto graduale che rende il fattore sfida la chiave del successo del titolo, hanno definito un vero e proprio sottogenere degli action RPG oggi pacificamente definito “Soulslike”.
Tutto ciò che avviene in Dark Souls però non è finalizzato a causare ripetutamente la nostra morte creando una frustrazione tale da sterminare intere famiglie di gamepad, quanto piuttosto a indicarci in quali errori non incorrere in futuro. Grazie allo sdoganamento della dinamica ad opera di From Software oggi questa appare piuttosto diffusa, ma nel 2011 era in una fase di riscoperta – come si diceva in apertura – per i giocatori che provenivano dalla vecchia scuola a 8 e 16 bit, e di scoperta per tutte le nuove leve abituate ad essere tenute per mano dall’inizio alla fine del videogioco. Se si gioca con attenzione e si intuisce come padroneggiare le dinamiche del gioco non ci sarà bisogno di morire poi così tante volte, perdendo tutte le anime faticosamente accumulate. Se però si affronta il gioco con troppa sicurezza o leggerezza state pur certi che Dark Souls non vi perdonerà, neanche a distanza di sette anni.
Il pacchetto che Bandai Namco offre ai giocatori è esattamente quello che tutti loro hanno chiesto a gran voce per anni, per cui è inutile lamentarsi dell’assenza di nuovi contenuti (tanto più che il titolo è venduto a un prezzo budget e non ai canonici 70€). Ora anche tutti i giocatori PC potranno fruire di un prodotto ben fatto, dimenticando l’orrida conversione del titolo originale, e le librerie di PlayStation 4 e Xbox One – che verosimilmente resteranno in retrocompatibilità anche con le prossime generazioni – vedono la presenza di tutti e tre i capitoli di questa epica saga che ha rivoluzionato per sempre il mondo dei videogiochi.
Queste versioni sono state riviste non solo per quanto concerne la risoluzione e la pulizia dei poligoni, ma anche sulla fluidità che ora può vantare 60fps granitici anche nelle zone più tremende come nella Città Infame, sul sistema di illuminazione e sulla saturazione dei colori che rende decisamente più godibili molte aree. L’arrivo su Nintendo Switch poi offre l’inedita possibilità di giocare al titolo in mobilità e rappresenterà comunque un pezzo da novanta che la libreria dell’ibrida della casa di Kyoto potrà vantare da qui in avanti.
- È il primo, immortale, Dark Souls
- Fluidità granitica a 60fps
- Prezzo budget
- Si poteva fare qualche correzione in più, ma niente di enorme