Il 24 Aprile arriva nelle nostre sale Loro 1, la prima parte del nuovo film di Paolo Sorrentino incentrato su Silvio Berlusconi. Un film che si focalizza sul lato “oscuro” del personaggio, sul marciume di cui si è circondato e che, all’opposto di una pellicola come Il Divo, non riesce a far emergere la storia, i volti, le azioni, confinando tutto al mero estetismo.
Paolo Sorrentino, il regista Premio Oscar italiano de La Grande Bellezza, ritorna sul grande schermo accompagnato dall’attore feticcio Toni Servillo, in una pellicola divisa in due parti che fin dall’inizio della sua produzione ha fatto parlare molto di sé.
Loro, pellicola divisa in due parti al cinema tra oggi 24 Aprile e il prossimo 10 Maggio, è un biopic in bilico tra realtà e finzione.
Sorrentino usa l’escamotage della figura di Berlusconi e di alcuni eventi che si sono concentrati sulla sua persona tra il 2006 e il 2010 per raccontare il degrado di una società ammaliata dalla sete di fama e potere.
Una manciata di individui che pendono dalle labbra di un uomo, quasi un’entità divina che per gran parte del film non viene mai nominato, se non attraverso parole come “Lui”.
Prima di continuare è necessario chiarire che questa recensione è basata sulla visione della sola prima parte di “Loro”, questo “Loro 1” che vedremo al cinema da oggi e che è stato proiettato in anteprima per la stampa i giorni scorsi.
Questa recensione è quindi una specie di “first look” di un’opera più grande, più complessa, che lo stesso regista ha deciso di mostrare a metà, troncata.
Questa prima parte di Loro, più che raccontare di Berlusconi uomo, racconta di quegli italiani in bilico tra la loro natura prevedibile e il loro sguardo indecifrabile e della loro visione dell’uomo Berlusconi, come qualcosa di irraggiungibile, ma talmente tanto bello e grande da essere disposti a tutto, realmente a tutto, pur di godere, anche solo per una manciata di secondi, della sua attenzione.
Per gran parte del film, la persona e le stesse parole “Silvio Berlusconi”, sono un mistero quasi irraggiungibile, eppure tangibile.
Berlusconi non viene mai nominato o mostrato, se non verso la fine di questa prima parte di Loro.
Ed anche quando il velo su di “Lui” viene finalmente tolto, Berlusconi ci appare come un “uomo qualunque”. Un uomo ricco, potente e sicuro di sé e del suo operato, con un sorriso stampato sulle labbra tanto splendente quanto falso.
Un uomo che, più che essere associato alla figura del politico degli ultimi anni, sembra essere semplicemente in pensione, ingiustamente chiacchierato e con troppe gatte da pelare che trascendono dal suo controllo.
Un uomo che, nonostante il vizio e il peccato, tenta dolcemente di riconquistare la “sua Veronica”, in momenti di tenerezza e ingenuità. Ma ci basta qualche dialogo in più e la voce di Toni Servillo che riproduce l’accento marcato del Cavaliere per addentrarci nella duplice natura di un uomo che, abilmente e con perseveranza, ha saputo costruire un impero, facendo pendere dalle sue labbra uomini e donne, ricchi e poveri, illusi e meno illusi.
E questo potrebbe anche starci bene, riportandoci quasi al ricordo del Sorrentino de Il Divo, dove le storie contavano molto di più delle “semplici” belle immagini, ma così non è. E ce ne accorgiamo subito, fin dal primo inutile fotogramma dell’ennesima “storia” di Paolo Sorrentino ammantata da un estetismo borioso, fine a sé stesso e di un livello assai più basso rispetto a La Grande Bellezza, dove l’estetica raccontava le bellezza di una Roma che, nonostante tutto, continua a restare la Città Eterna.
Una regia che continua a guardarsi allo specchio tra rallenty, scene oniriche e personaggi sospesi nel vuoto, rinoceronti, capre ed esplosioni di rifiuti, dove la macchina da presa vuole essere messa al servizio della “grande bruttezza” che si nasconde nei volti di plastica, negli occhi vacui di questi individui perennemente in compagnia, ma eternamente soli.
Una regia che però alla fine della giostra non riesce mai a coinvolgere, a trasmettere un’emozione genuina e autentica.
Un senso di disagio e quasi imbarazzo si fa sentire prepotente per gran parte della narrazione – se così vogliamo davvero chiamarla – infarcita da battutine e barzellette in stile Bagaglino dove tutti sono un’imitazione di sé stessi.
Un continuo già visto che riduce a mera carne i corpi femminili buttati alla mercé dell’occhio della camera, senza una vera contemplazione, ammirazione della nudità, del corpo sovrastimolato dallo sballo del sesso per ottenere qualcosa di più, dalle droghe e dall’alcool che scorre a fiumi nelle ville extra lusso di persone ancora più vuote di quei muri eretti per sfarzo.
La domanda viene quasi spontanea: ma quanto ti hanno ferito le donne, Paolo? Ma, non è questo di certo il punto e, in fondo, l’abbondanza di sesso e nudo ce la si aspettava, ma magari con un maggiore garbo.
Ancora una volta, dopo La Grande Bellezza, Sorrentino cerca l’esistenzialismo umano nell’immagine, negli sguardi persi nel nulla, di raccontare la sofferenza e la solitudine umana, senza riuscirci davvero, se non a metà.
Ci riprova a raccontare quelle storie viste in pellicole come Le Conseguenze dell’Amore o This Must Be The Place, dove era così “facile” perdersi tra i personaggi. Qui, invece, come ormai da un paio di film a questa parte, il regista si perde nel dettaglio, nella sfarzosità di un’immagine eccessivamente costruita, metaforica ma senza reale messaggio, dove perfino lo stile passa in secondo piano scadendo in un artificio ben lontano dall’eleganza vista in un film come La Grande Bellezza.
A Sorrentino, e Loro 1, va dato atto, però, di qualcosa da non sottovalutare: il giudizio.
Nel film nessuno viene giudicato, a partire da Silvio Berlusconi fino ad arrivare ad Apicella, passando per Sergio Morra e Kira (che ben palesemente rappresentano Gianpaolo Tarantini e Sabina Began). Nessuno viene additato in un modo e qualcun altro in un altro. Tutti si trovano sullo stesso piano, o quasi. E nessuno, regista e attori compresi, può puntare il dito contro i personaggi, esasperati ed esasperanti.
In conclusione, fermo restando che ci troviamo di fronte alla prima parte di un’opera più grande – ribadiamo per decisione del regista stesso – il primo sguardo su Loro non è dei più positivi.
Il cinema è molto di più che immagini senza forma, senza desiderio e senza passione.
Il cinema è anche storia, non tutti i film hanno bisogno di una storia per essere racconti, e ce ne da prova La Grande Bellezza, ma questo non è il caso in Loro 1.
E no, non basta il carisma del suo protagonista, confinato agli ultimi 20/30 minuti di film, a salvare questa prima parte dall’essere un mero esercizio stile.
Parafrasando le stesse parole scritte da Sorrentino per Kasia Smutniak,:
Arriverà un momento in cui non potremmo più avvicinarci ad uno specchio.
Ed io mio auguro che questo momento, per Paolo Sorrentino, arrivi presto, magari proprio con Loro 2.