Far Cry 5

Alle volte essere dei novellini può costituire un vantaggio: non ci si fa prendere dalle emozioni e si vede la realtà con distacco. Chi scrive è sempre stato una schiappa con gli sparatutto in prima persona e fatta salva qualche rara eccezione, come Battlefield 4 – li ha spesso lasciati sugli scaffali. Con Far Cry 5 è stato diverso.

L’ambientazione: l’America profonda, sconfinata e, per lo più, disabitata.

Dall’annuncio del maggio scorso il titolo ha stuzzicato la curiosità per l’ambientazione: l’America profonda, sconfinata e, per lo più, disabitata. L’America delle roccaforti repubblicane, quella che nessuno per davvero conosce, quella di cui i nostri giornali e televisioni non parlano mai, salvo affrettarsi a descriverla come una landa di bifolchi quando alle presidenziali laggiù votano il candidato che qui non piace: Bush, McCain, Romney, Trump.

L’America che la maggior parte dei turisti snobbano, come se gli Stati Uniti fossero solo l’area metropolitana di New York, il foliage del New England o le torrette da bagnino delle spiagge californiane.

L’America dei cedri rossi, degli aceri e delle verdi praterie a perdita d’occhio, l’America dei granai, dei pickup, l’America del freddo, della noia, della nebbia, dei grizzly, delle aree urbane costruite a reticolato attorno a chiese, Pizza Hut,  CVS Pharmacy. L’America delle pompe di benzina sperdute in mezzo al nulla, delle camicie di flanella, dei latifondi solcati da mezzi agricoli John Deere della stazza di un edificio a tre piani. L’America del Montana, dove in media più di un essere umano su due possiede un’arma da fuoco.

 

 

Proprio in questo Stato Ubisoft ha deciso di inscenare il nuovo capitolo della saga, che fondamentalmente segue la parola d’ordine tipica dei franchise open world pubblicati dalla multinazionale francese: più.

Ogni nuovo episodio rispetto al predecessore ha più missioni principali da completare, più quest secondarie in cui destreggiarsi, più duci e ducetti da sopprimere, più mezzi da guidare, più armi, più oggetti, più abilità da potenziare, più icone che appaiono a schermo, più aree da visitare nella mappa (che ovviamente occupa più metri quadri), più qualsiasi cosa.

Il filo conduttore è sempre quello. In questo senso Ubisoft vince a mani basse la Champions League del bigger, better, confermando di essere un vero e proprio bidone aspiratutto del tempo libero dei consumatori.

I quali si trovano ogni anno tra le mani giochi-lavoro in grado di sommergerli con sterminate to-do list cui mettere la spunta. Completare al 100% bestioni del genere richiede una dedizione da francescani.

 

 

Si tratta di produzioni quasi sempre di lodevole fattura, amatissime dal pubblico, che rappresentano un investimento in grado di ripagare con gli interessi i sessantanoveuro e novantanovecentesimi necessari per l’acquisto. E poi per politica aziendale a Ubisoft le critiche si ascoltano, come è stato dimostrato con l’apprezzato rinnovamento dell’epopea di Assassin’s Creed.

Proprio su quest’ultimo aspetto Far Cry 5 è sorvegliato a vista. Ai tempi del predecessore i recensori avevano accusato la saga di immobilismo, rinfacciandole di trascinarsi appresso gli stessi difetti da troppi anni: intelligenza artificiale dei nemici con margini di miglioramento, qualità della narrazione non sempre convincente, difettucci tecnici qua e là, discutibile gestione dei danni nelle sparatorie.

 

 

Per sgombrare il campo da dubbi dell’ultimo minuto sull’acquisto del titolo, l’ufficio stampa della casa francese ha pubblicato nei giorni scorsi un comunicato in cui vengono sbandierate le seguenti caratteristiche:

  • “Nessun protagonista prestabilito, dovremo crearlo noi – Al contrario dei capitoli precedenti, in questo caso saremo noi a scegliere l’aspetto, il sesso e l’outfit del protagonista con l’apposito editor.
  • Libertà di esplorazione ancora più ampia – La formula open world sarà totalmente priva di vincoli, con la possibilità di andare dove si vuole in qualsiasi momento dell’avventura.
  • Comparto co-op esteso – Il comparto co-op non sarà una modalità a parte: l’intera avventura potrà essere affrontata in compagnia di un amico dall’inizio alla fine.
  • La reputazione conta – Il sistema di reputazione e di Resistenza influirà sul mondo di gioco, rivelandosi un elemento molto importante nel corso della progressione.
  • Ogni area ha caratteristiche diverse – Ogni area della mappa offrirà sfide uniche e nemici caratteristici, differenziandosi in base all’antagonista che la gestisce.
  • Le torri radio sono sparite – Non sarà più necessario scalare le torri radio per visualizzare la mappa e i vari punti di interesse”.

 

Scoprite con la nostra recensione se Far Cry 5 è riuscito a convincerci. Il gioco è in uscita il 27 marzo per Playstation 4, Xbox e PC.

Pronti, partenza via e Ubisoft ci spedisce a Hope County, nel cuore del Montana, per fare da spalla allo sceriffo e ad alcuni agenti federali nell’esecuzione di un ordine di servizio. Ovvero, mettere le manette ai polsi di Joseph Seed, detto il Padre, leader degli Eden’s Gate, una misteriosa setta di fondamentalisti evangelici,  gli Edeniti, che nel giro di pochi mesi ha fondato una teocrazia nel cuore degli Stati Uniti.

Il predicatore è da camicia di forza: sostiene di essere il prescelto chiamato a salvare i fedeli quando la profezia – ossia l’arrivo di una catastrofe che travolgerà il genere umano – si avvererà e, per l’occasione, ha ordinato la costruzione di bunker dove salvare il salvabile sulla falsariga dell’Arca di Noè. Il bello è che là fuori gli credono pure. La religione è l’oppio dei popoli, diceva un tale.

 

 

 

 

Vabbé, abbiamo un mandato di cattura e le pistole nella fondina, qual è il problema? Arrestiamo il Padre proprio durante un sermone e, tra le urla belluine della folla, lo carichiamo a bordo di un elicottero diretto a Washington. Inutile dire che qualcosa va storto, il velivolo viene abbattuto e Seed, che ha sette vite come i gatti, è di nuovo al suo posto, solo più incazzato di prima. Dopo una fuga all’ultimo respiro tra le pallottole, facciamo la conoscenza di un certo Dutch Roosevelt, un pregiudicato, colpevole di aver osato raccogliere l’acqua piovana senza autorizzazione alla setta (con la giustizia del Montana di Ubisoft non si scherza, portatela da noi).

Dutch ci fornisce un nascondiglio e si premura di informarci che no, non c’è scampo. Lasciare la valle è un casino perché le comunicazioni con l’esterno sono state tagliate e i posti di blocco sono ovunque. Ci comunica altresì che i membri della nostra spedizione sono stati imprigionati in aree diverse della mappa, ognuna delle quali è sotto la giurisdizione di un membro della famiglia del Padre. Jacob, il più vecchio dei fratelli, addestra i soldati ed è responsabile della creazione dei lupi mostruosi del nord che la setta chiama “Giudici”.

John, medaglia d’oro al sadismo, si occupa invece dell’arruolamento delle matricole che per miracolo sopravvivono al percorso di iniziazione alla congrega. E poi c’è Faith, detta la sirena, la cui provenienza e grado di parentela con la famiglia Seed sono ignoti. La donna è tanto venerata quanto temuta. Ci sarà un perché.

La via della salvezza è una sola: fondare una resistenza, fare proseliti e rovesciare uno ad uno i generalissimi dopo aver conquistato le aree da essi controllate, per poi impugnare le armi in vista dello scontro finale con il Padre.

Di qui in avanti meglio tacere con la trama, sarebbero solo spoiler.

 

 

Possiamo però anticiparvi, in primo luogo, che la caratterizzazione dell’antagonista è riuscita alla perfezione: le animazioni di Seed, l’occhio da invasato, la gestualità, la voce, le movenze. Ogni aspetto del personaggio contribuisce a infondere la sensazione di trovarsi alla mercè di un integralista capace di sottomettere chiunque con la forza della parola, disposto ad ogni atrocità pur di portare avanti la sua opera di conversione delle masse. Neanche fosse un Al Baghdadi qualsiasi. Stessa musica per i vertici della setta, fanatici da non sottovalutare, cattivi, infidi, paranoici, senza pietà. Il discorso non vale invece per le carrettate di Edeniti che ci sbarreranno la strada spuntando – in modo spesso grottesco – letteralmente dal nulla. Va detto poi che i modelli poligonali dei fedeli sono tutti un po’ troppo simili e, da un punto di vista artistico, sciatti e abbastanza anonimi. Altra seccatura: i seguaci del culto ripetono ossessivamente un frasario da terza elementare, finendo per suonare come citofoni con due gambe.

Bisogna comunque riconoscere che, nonostante la discutibile originalità delle premesse, gli sviluppatori sono riusciti a imprimere alle prime fasi della sceneggiatura un registro carico di una tensione che ci ha letteralmente preso alla sprovvista. Nonostante il prodotto mantenga il tono scanzonato della serie, la sensazione di minaccia è onnipresente. L’idea di essere costantemente braccati da una selva di fanatici e, quindi, di doversi muovere nell’ombra, aggirandosi nel silenzio dei boschi come cacciatori solitari, nascondendosi dietro a un albero, un riparo di fortuna o nell’erba alta, così come la necessità di doversi guardare le spalle perché pende una taglia sul nostro cranio, trasformano Far Cry 5 in una droga per un buon filotto di ore. La possibilità di giocare tutta la campagna in cooperativa con un amico di per sé poi vale l’acquisto del gioco.

Il problema è che tutta questa intensità emotiva, come un palloncino, si sgonfia troppo presto, ovvero non appena il titolo, anziché incoraggiarci a tirar dritto con la storia, lascia campo libero a uno tsunami di cose da fare nell’ordine che più ci aggrada. Risultato: si perde il filo. Anche volendo affrontare la sola main quest, la narrazione viene spezzettata continuamente con la scusa di questa o quell’altra distrazione. E poi non tutte le missioni della trama principale fanno avanzare il racconto, fermo restando che, in ogni caso, è la stessa impalcatura del gioco a impedire un’evoluzione precoce degli eventi. Perché prima di poter arrivare alla resa dei conti con i vertici della congregazione occorre infatti raggiungere un certo livello di reputazione completando incarichi primari e secondari oppure liberando ostaggi, distruggendo avamposti, edifici di culto e altre proprietà della setta.

 

 

Complice l’indubbia qualità narrativa di alcune missioni, si tratta comunque di attività che, specie in cooperativa, divertono e non poco: tra sfide a chi pesca la trota più grossa del Montana, battute di caccia per rivendere pregiate pelli d’orso o di puma (e con il ricavato acquistare munizioni o modifiche alle armi), scorribande a bordo di idrovolanti, elicotteri, quad e mezzi agricoli, magari dopo averli customizzati sbloccando qualche skin tamarra, incursioni contro posti di blocco, gite nei boschi per scovare scorte lasciate chissà dove dai prepper (ossia strambi sconosciuti che si preparano a fronteggiare una presunta fine del mondo), l’opera Ubisoft è un tripudio di differenti situazioni di gioco. Il know-how della compagnia francese in tema di free roaming è innegabile.

Peccato che, alla fine della fiera, tutto questo lo abbiamo già visto, già giocato in tutte le salse, già vissuto, già sperimentato in precedenti episodi della saga o in altri open world, magari firmati proprio Ubisoft. Insomma, nonostante lo sforzo produttivo da sollevare le montagne, Far Cry 5 cade in un paradosso: essere migliore dei suoi predecessori sotto ogni punto di vista senza tuttavia riuscire ad alzare l’asticella della serie cui appartiene.

 

 

Questo – sia chiaro – non significa affatto che l’opera di Ubisoft debba essere ignorata.

Anzi, l’intrattenimento offerto da Far Cry 5 è sempre stellare qualunque cosa si faccia, specie nei combattimenti, movimentati, dalla venatura arcade, davvero spassosi.

All’inizio – quando il nostro avatar è un rammollito e la capienza dello zaino non permette di girare armati fino ai denti – conviene agire con circospezione, preferendo l’ottimo approccio stealth messo a punto dai programmatori: mantenere un basso profilo quando ci si avvicina alle aree controllate dalla setta, sfruttando le coperture disponibili e ricorrendo a silenziose armi primarie (come il formidabile arco da caccia)  o secondarie (come i coltelli da lancio) consente di portare più facilmente a casa la pelle.

Nonostante il titolo a difficoltà normale sia tutt’altro che proibitivo – la barra della salute si ricarica in automatico e per intero – è altrettanto vero che difficilmente si uscirà vivi da uno scontro frontale contro un esercito di invasati. Certo,  Far Cry 5 resta pur sempre un Far Cry elevato al quadrato: gli assalti all’arma bianca e le azioni da kamikaze diventeranno via via più fattibili potenziando il personaggio. Portando a termine le sfide (ad esempio: stendi 20 uomini in corpo a corpo) si acquistano punti talento con cui sbloccare rampino, paracadute, fondine supplementari, eccetera.

 

 

 

 

Eppure anche sul versante degli scontri, il prodotto presta il fianco a qualche critica. I fanatici del culto si rivelano ben presto piccioni da impallinare: se viene dato l’allarme basta scappare dalla parte opposta in cui siamo stati avvistati, fare il giro dell’isolato e coglierli di sorpresa. Senza contare alcune incoerenze: capita che un pitbull inferocito incassi più pallottole di un essere umano.

Per aumentare le chances di uscire vivi dall’inferno è possibile arruolare – dopo aver portato a termine specifiche quest, in genere discretamente orchestrate – mercenari e specialisti (cani e orsi compresi), tutti peraltro potenziabili.

Senza il loro supporto, azionabile con la croce direzionale, in alcune missioni sopravvivere diventerebbe un’impresa. Bisogna comunque ricorrere a questi personaggi con un minimo di criterio perché gli ordini che possono essere loro impartiti sono limitati e siccome essi hanno spesso il grilletto facile, si rischia di scatenare il finimondo proprio mentre si striscia come bisce vicino a un accampamento.

 

 

Per quanto riguarda il comparto tecnico, abbiamo provato Far Cry 5 su Ps4 Pro in 4K e possiamo assicurarvi che il Montana secondo Ubisoft strappa applausi da stadio. L’abbondanza di dettagli rappresentati nei centri abitati e negli interni, così come la ricchezza visiva della vegetazione, rapisce costantemente l’occhio. Al punto che diventa un piacere battere la fiacca anche solo per qualche minuto pur di ammirare la profondità di campo, la pulizia dell’immagine, il riflesso della luce sugli arbusti, l’industriale quantità di oggetti stipati nelle abitazioni, che non sfigurerebbero in una puntata di Sepolti in Casa.

Peccato solo per un frame rate non elevatissimo e per qualche texture un po’ grossolana a distanza ravvicinata (ad esempio, con gli alberi). E poi siamo alle solite: il sistema di collisioni alle volte scricchiola e non è infrequente notare un seguace del culto incastrato, per dirne una, tra le lamiere di un’automobile.

 

 

Una parola infine per la modalità arcade. Essa include un enorme editor di mappe di gioco più altri livelli di vario genere realizzate da Ubisoft. Nel minestrone c’è un po’ di tutto: in una sezione bisogna unicamente fuggire da una magione abbandonata. Compito nient’affatto semplice visto che gli interni sono capovolti. Ci siamo quindi ritrovati a camminare lungo il soffitto o a salire scalinate che si contorcevano, tipo un quadro di Escher. In altri schemi occorre fare semplicemente piazza pulita di nemici o uccidere un numero di avversari entro un certo periodo di tempo. 

La modalità arcade non incide sulla valutazione finale che troverete qui sotto. Il titolo infatti resta un’esperienza fondamentalmente incardinata sulla campagna principale e, come da tradizione, sulla messe di quest secondarie che spuntano come funghi avanzando nel gioco. Non dubitiamo comunque che qualcuno possa trovare divertente perdere un’eternità a costruire mappe o a completare sfide così eterogenee, anche in PvP

 

 

In definitiva, chi in tutti questi anni non ha mai degnato il franchise di uno sguardo, difficilmente troverà una valida ragione per liberare il Montana infestato dagli Edeniti.

Allo stesso tempo i fan della serie Ubisoft non resteranno delusi: il lavoro svolto dalla compagnia francese è semplicemente impressionante.

Ci troviamo al cospetto di una produzione massiccia, divertente, impegnativa ed appagante.

Sorretta dalla potenza di una storia che, pur vedendo col binocolo la qualità di sceneggiatura dei più riusciti titoli lineari (The Last of Us) o open (Red Dead Redemption), resta comunque in grado di intrigare, anche grazie alla presenza di un nemico caratterizzato come pochi, veramente memorabile.

La questione piuttosto è un’altra: siamo convinti che la serie, così come ora strutturata, abbia raggiunto con questo episodio il proprio limite massimo. Con Far Cry 5 la saga è arrivata alle Colonne d’Ercole. Da qui in avanti la casa transalpina dovrà per forza navigare in acque sconosciute e rilanciare il franchise introducendo idee, elementi o meccaniche veramente nuovi.

A Ubisoft chiediamo: meno metri quadri, più coinvolgimento, più focus sull’impianto narrativo. Altrimenti, episodio dopo episodio, Far Cry rischia di commettere il peccato capitale per un videogioco. Annoiare.

Far Cry 5 è in uscita il 27 marzo per Playstation 4, Xbox e PC.

86
ME GUSTA
  • ambientazione ben realizzata
  • la solita, sconcertante, montagna di cose da fare
  • Joseph Seed
  • la storia si lascia giocare che è un piacere
FAIL
  • troppe cose da fare interrompono la narrazione
  • intelligenza artificiale dei nemici approssimativa
  • piccole sbavature tecniche
  • Ubisoft quand'è che ti inventi qualcosa di veramente nuovo per la serie?
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