L’immortale

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Su Netflix è disponibile il live action de L’immortale, film tratto dall’omonimo manga di Hiroaki Samura. A dirigere la storia piena di emozionanti duelli con le spade in cui il sangue scorre a fiumi non poteva che essere il Maestro Takashi Miike, giunto al suo centesimo film in carriera.

Divenuto immortale, il ronin Manji verrà assunto come guardia del corpo dalla giovane Rin per vendicare i suoi genitori.

Manji è un abile samurai, al servizio del signore locale. Lo spadaccino però si macchia di un terribile delitto, uccidendo il suo corrotto signore e i cento samurai al suo seguito. Per questo è ricercato dai soldati dello shogun.

Ma il ronin non è come tutti gli uomini, innafatti è infestato dal verme kessenchu, un parassita che lo rende immortale e di cui potrà liberarsi solo quando avrà ucciso mille uomini che hanno compiuto dei crimini.

Durante il suo viaggio di redenzione Manji incontra la giovane Rin Asano, unica superstite al massacro della sua famiglia. Per vendicare i suoi cari, uccisi dagli uomini del dojo rivale dell’Itteroyu, la ragazza chiede aiuto al ronin per compiere la sua vendetta. Inizia così per i due un viaggio che li porterà a scontrarsi con gli assassini della famiglia di Rin.

 

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Scritto e disegnato da Hiroaki Samura, il manga de L’immortale è stato pubblicato tra il 1993 ed il 2012.

Questa la trama del manga L’immortale, scritto e disegnato da Hiroaki Samura. Pubblicato sulla rivista Afternoon da Kodansha tra il 1993 ed il 2012, dopo aver conquistato il pubblico giapponese e quello occidentale, non poteva mancare la sua trasposizione live action.

A dirigere la pellicola non poteva che essere il mitico Takashi Miike, cineasta noto per i suoi film estremamente violenti, in cui il sangue scorre a fiumi e maestro nel genere dei film di vendetta e più che a suo agio con le pellicole di cappa e spada ambientati nel Giappone dei samurai, a cui torna dopo 13 assassini (2010) e  Harakiri: Death of a samurai (2011).

Su Netflix è disponibile il live action tratto dall’omonimo manga e diretto da Takashi Miike.

Dopo essere stato presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, l’ultima fatica del prolifico regista nipponico dal 29 dicembre 2017 è disponibile su Netflix, per la gioia di tutti i fan di Miike. Che anche questa volta non delude.

 

 

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In genere i live action tratti dai manga sono deludenti, L’immortale è l’eccezione che conferma la regola.

Quando un manga od un anime vengono trasposti in live action, generalmente il risultato è molto deludente. Il motivo di tale malcontento è molto semplice: il film manca di anima. Spesso le pellicole tratte da opere cartacee o animate non riescono a riproporre gli elementi che hanno reso il prodotto originale così amato. Fortunatamente L’immortale è la classica eccezione che conferma la regola.

La pellicola diretta dal Maestro Miike è un susseguirsi di azione e combattimenti, dove l’onore e la vendetta sono i cardini della vicenda. Una storia che vede protagonista un ronin che è stanco di vivere ma che non può morire. Un uomo pieno di rimorsi, consapevole che non potrà mai espiare i suoi peccati, ma che troverà finalmente una ragione di vita grazie ad una ragazzina che ha perso tutto e il cui unico scopo è vendicare la morte dei suoi genitori.

Il film è un susseguirsi di azione e combattimenti, in cui il genere jidai-geki e gli elementi fantastici sono ben amalgamati.

Il film riesce ad amalgamare in maniera convincente e naturale il genere jodai-geki (l’equivalente del cappa e spada occidentale) con gli elementi fantastici. La sceneggiatura di Tetsuya Oishi dà vita ad una storia avvincente, intrigante e divertente dove i duelli si susseguono senza sosta e il sangue la fa da padrone.

 

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Il film riesce a riproporre a pieno l’epica del manga.

Il centesimo film diretto dal Maestro Miike, riesce quindi proprio lì dove in tanti prima di lui hanno fallito. La storia raccontata ripropone tutta l’epica del manga di Hiroaki Samura, il quale viene trattato con il massimo rispetto. Consapevole del valore dell’opera originale, il cineasta non si limita a ricreare la vicenda per filo e per segno in maniera asettica, ma conferisce ad ogni inquadratura quei sentimenti di rabbia, odio, amore, disperazione e vendetta che trasudano dalle pagine del manga.

Per quanto fedele all’opera originale non mancano le differenze.

Una trasposizione fedele all’opera da cui è tratta da un punto di vista contenutistico, ma dove non mancano le differenze. Riuscire a portare sullo schermo per intero 30 volumi in due ore è mezza è impossibile, soprattutto quando la storia si svolge in un arco temporale molto più lungo rispetto a quello che si ha nel film. Un cambiamento più che fisiologico ma che non intacca minimamente la fruibilità del prodotto anche a coloro che conosco il fumetto a menadito, per i quali il tutto risulterà più riassuntivo. Ma non per questo meno avvincente.

 

 

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L’immortale porta sullo schermo tutti gli elementi della poetica di Miike, a partire dalla vendetta e dal sangue.

L’immortale porta sullo schermo tutti gli elementi della poetica di Takashi Miike, a partire dalla vendetta e dal sangue. Un film in cui l’odio è la voglia di rappresaglia è il motore dell’azione di tutta la vicenda, in cui per quanto il rosso non sia predominante e non sgorghi nel tipico stile splatter in cui il Maestro ci ha abituato, viene “sostituito” dalla grande montagna di cadaveri presenti. Un colore che per quanto non domini sulla scena è una costante ben presente e caratteristica imprenscindibile del protagonista Manji, le cui membra si trasformano nel letto di un torrente color cremisi.

Il ronin diviene quindi in qualche modo la versione orientale di Wolverine, il cui unico desiderio è porre fine alle sue sofferenze. Una tematica quella della morte (in combattimento) che ritorna ciclicamente all’interno della storia, mettendo in evidenza al contempo l’importanza ed il desiderio di mantenere il proprio onore non tirandosi indietro difronte ad uno scontro leale. Un argomento che porta con sé anche la sua controparte riguardante il senso della vita e la ricerca di uno scopo.

Gli spettacolari duelli sono la linfa vitale de L’immortale.

Una storia in cui lo spettatore viene sin da subito portato all’interno dell’azione grazie ad una lunga, poetica e travolgente scena introduttiva in bianco e nero. Il prologo trascina nel pieno dell’atmosfera dell’antico Giappone e ci presenta Manji intento ad affrontare decine di avversari. Proprio gli spettacolari duelli sono la linfa vitale de L’immortale. Ben coreografati, esaltanti ed infiniti, sono fumettistici ma al contempo verosimili. Scontri in cui il sangue scorre copioso, dove non mancano l’eccesso e i dettagli mostrano ogni singola ferita e conferiscono enfasi alle varie situazioni.

 

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Ruolo fondamentale ricopre l’amore, causa di tutto.

L’immortale è un film che colpisce quindi positivamente per la buona trasposizione, in cui ruolo fondamentale è ricoperto dall’amore. Come ha dichiarato tempo fa lo stesso Miike in un intervista «l’amore porta morte» e il film rappresenta questa frase alla perfezione. Che sia l’amore di Rin per i suoi genitori, quello di Manji per la sorella o semplicemente per sé stessi, è la causa di tutto.

Inoltre nonostante le due ore e venti di durata il film non risulta pesante e noioso come si potrebbe pensare. Merito della scorrevolezza della pellicola è da ricercare oltre che nei molti ed avvincenti duelli, anche nell’immancabile ironia grottesca che da sempre contraddistingue il prolifico regista giapponese e capace di allentare la costante tensione.

Nonostante la lunghezza il film non annoia. Piacerà agli amanti del cinema giapponese e ai fan di Miike.

Un film che senza dubbio piacerà agli amanti del cinema giapponese e ai fan del Maestro Miike, il quale ancora una volta è riuscito a dare vita ad un film avvincente, appassionante, duro e carico di emozioni. Da vedere.

 

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