Qualche anno fa, la National Science Foundation americana ha provato a chiedere agli alunni a cavallo tra le scuole elementari e medie di disegnare uno scienziato.
Il risultato, come prevedibile, è stato da parte di tutti qualcosa del genere:
La cosa più curiosa, se così vogliamo definirla, è che lo stesso tipo di disegno è stato eseguito anche da studenti universitari, quindi ben più adulti e in teoria meno legati alle figure stereotipate infantili. Questo test è stato effettuato più di una decina di anni fa.
Se venisse ripetuto adesso, potremmo quasi certamente pensare che molti degli studenti universitari – non pretendiamo troppo dai bambini, dai! – disegnerebbero questo:
Il “Big Bang” di una sitcom
The Big Bang Theory è arrivata all’undicesima stagione, e non accenna ad avere “cali di tensione”, nonostante la concorrenza dello spin-off “Young Sheldon”.
Certo, per la prima volta dopo un decennio dove ha dominato la scena mondiale delle serie tv ha risentito di una leggera flessione negli ascolti in qualche episodio, ma i numeri rimangono impressionanti e difficilmente eguagliabili da altre sit-com.
Adesso arriva anche in Italia, su Infinity di Mediaset, e anche il grande pubblico che la segue da noi potrà sapere come andrà a finire uno dei cliffhanger più importanti di sempre, soprattutto se pensiamo al personaggio di Sheldon Cooper.
Uno Sheldon che non a caso è fin dal suo esordio sui piccoli schermi uno dei numi tutelari di Lega Nerd.
The Big Bang Theory, con i suoi pregi e i suoi difetti, è entrata a far parte delle nostre vite e dei nostri universi dal 2007 e ci ha accompagnato in questi ultimi 10 anni.
Chi l’ha seguita assiduamente non potrà che ripensare alle risate, alle ricadute sociali (“Le tue magliette sembrano quelle di Big Bang Theory!” “Non fare lo Sheldon!” “Ah, ma sei intollerante al lattosio come Leonard” – true story) ai dibattiti, alle critiche, al godimento di vedere sul piccolo schermo irrompere icone nerd come Stephen Hawkins, Buzz Aldrin, James Earl Jones, Steve Wozniak e Adam West.
Il brivido di vedere “tutto questo”, dalle action figures ai riferimenti ai film cult, dai protagonisti della scienza e della tecnica, finalmente diventare un prodotto di successo mondiale, capace di scalare le classifiche di ascolti fino al top, di divenire proverbiale.
Perché sì, The Big Bang Theory ha cavalcato lo stereotipo dei nerd come “disadattati”, ma di fatto li ha sviluppati ed emancipati e li ha resi personaggi di successo dentro e fuori lo schermo.
Gli scienziati sono questi, dei “normali” ragazzi con delle passioni accecanti e delle ossessioni invadenti. Sono personaggi di una sitcom, esattamente come altre categorie professionali.
Così come non tutti gli avvocati sono come quelli dell tv (e per fortuna… o no?) è chiaro che i fisici, i chimici e gli ingegneri spaziali “del mondo reale” si descriveranno come persone normalissime.
Ma in uno show con persone normali o con passioni moderate, dove starebbe il divertimento?
“Quello è il mio posto!”
Esattamente come tutti noi, i protagonisti di TBBT hanno pregi e difetti, necessariamente esagerati come da copione, ma nel corso degli anni hanno dimostrato di poter conquistare successo, (semi) stabilità emotiva e relazionale, costruire una famiglia al di fuori della propria e superare le disfunzionalità individuali, o almeno accettarle.
Certo, si tratta di una sitcom quindi non tutto può essere “serio” e la stabilità spesso è transitoria per esigenze narrative, ma col tempo siamo cresciuti noi e loro.
Se nel mondo occidentale oggi “nerd” viene associato ai protagonisti di The Big Bang Theory e non a quelli di “La rivincita dei Nerd” o “Wayne’s World” probabilmente è un passo avanti, no?
Se rimane l’inettitudine e i problemi nei rapporti con il mondo esterno, non sempre realmente limitanti ma dovuti a particolari modi di essere dei protagonisti, c’è tutto il mondo della cultura che ruota attorno a loro a farla da padrone.
Come un Tarantino applicato all’universo nerd, TBBT frulla e macina al ritmo di quattro battute al minuto tic, ossessioni, riferimenti, meme, personaggi e culti degli ultimi sessant’anni del nerdismo mondiale.
TBBT ha quasi sicuramente accompagnato gli ultimi dieci anni di vita di moltissimi di noi, segnando un’epoca e facendolo proprio nel contesto storico in cui la cultura nerd è andata progressivamente avanzando nel mondo.
Non staremo qui a fare l’ennesimo discorso sull’amletica questione “I nerd hanno vinto o hanno perso?”
La massificazione porta vantaggi e svantaggi, e se ci adagiamo a voler considerare realmente “nerd” quello che rimane di nicchia e mettere cartellini e bandierine qua e là a rivendicare autenticità, significa che a “perdere” siamo noi… perdere tempo, principalmente.
“Non sono gli anni… sono gli episodi”
L’universo nerd, attraverso la lente di un professionista storico della tv come Chuck Lorre, è stato declinato in salsa comedy con venature romantiche, e che piaccia o meno è anche (o forse proprio) quello che ne ha decretato il successo spropositato e la tenuta da record.
Come non parlare poi di come lo show ha dato progressivamente spazio alle figure femminili, dove Penny, che rimane un po’ svampita ma anche di carattere quando vuole, è stata affiancata dalle altrettanto peculiari Amy e Bernadette.
Ragazze niente affatto perfette, ma perfette per i nostri “eroi”.
Ragazze cervellone e/ma complicate, meravigliosamente dipinte nel corso delle varie stagioni e mai subordinate ai loro “love interest”, anzi…
L’unico cruccio, probabilmente, rimane quello di non vedere le ragazze appassionate di fumetti e serie tv come tante scienziate sono effettivamente nel mondo reale: ma qui c’era da controbilanciare i quattro ragazzi, presumo, altrimenti sarebbe stato tutto troppo facile.
The Big Bang Theory mette dunque in scena contrasti, come è suo dovere narrativo.
Le nostre nerd, scienziate o meno, ce le dobbiamo cercare nel mondo reale. E viceversa: le nerd che stanno qua fuori, se lo vogliono, devono cercarsi i loro “smart men”, appassionati di Sherlock o meno.
La pratica del Tutto
In questi anni TBBT è stato l’unico show capace di coniugare in modo globale l’amore per film e serie tv di culto alle equazioni, i fumetti all’astrofisica.
A volte, di fronte a certe critiche, trovo che certa parte della “comunità nerd” pretenda un po’ troppo da quella che è e rimane un’opera di puro intrattenimento.
Al di là del rimarcare come le discussioni non facciano altro che confermare e rinforzare il successo e l’attenzione della serie, sento umilmente di ri-sottolineare un dettaglio.
I personaggi di TBBT, come quelli di qualunque altra opera seriale, sono pura fiction, estremizzazione di comportamenti reali.
È ovvio che non rispecchino precisamente nessun nerd o scienziato in particolare, così come è chiaro che ne siano una sorta di “specchio deformante”.
Che cosa significa? Che gli autori, vecchi volponi del mondo dello spettacolo, sanno benissimo con chi hanno a che fare: film, telefilm, fumetti e concetti scientifici saranno pure entrati a far parte del linguaggio e della cultura popolare, ma non hanno certo “sfondato” in tutti, com’è logico.
Nessuno del “grande pubblico” si sente in dovere di sapere o ricordare a memoria che il pianeta natale degli Wokiee è Kashyyyk, anche se prova piacere nel guardare Star Wars.
Quasi nessuno si sente colpevole se tutto quello che sa su Doctor Who è che si tratta di un alieno che si rigenera e va a spasso nello spazio e nel tempo con una cabina della polizia chiamata Tardis.
Non parliamo poi delle varie serie di Star Trek…
E di sicuro la quasi totalità dei milioni di telespettatori di TBBT non ha alcun interesse nell’approfondire o studiare temi che riguardano la biologia, la fisica, l’ingegneria spaziale.
Per cui non vedo perché dovremmo prendercela con una serie che da sempre rappresenta un divertimento – anche critico – sul “nostro mondo”, ci mette di fronte al dilemma e al dovere di essere la versione migliore di noi stessi come comunità culturale.
Penny, d’altro canto, è sempre stata formalmente la voce del “grande pubblico”: tutte quelle persone che sanno che non bisogna confondere Star Trek con Star Wars ma, quando le chiedi che differenza ci sia, rispondono:
“Non c’è assolutamente differenza!”
Certo, lei non ride quasi mai alle uscite dei quattro protagonisti, a differenza degli spettatori che ridono con/di loro, ma come biasimarla? Ci vive praticamente assieme.
[Avete mai provato ad avere una relazione con qualcuno che non adora Doctor Who, pur essendo una persona che ha l’esigenza di citarlo in ogni frangente della vita? Ecco. Potete sostituire il Doctor con Stallone/Naruto/le Tartarughe Ninja e la sostanza non cambia]
Quasi ce lo meriteremmo, uno show con scienziati “assolutamente normali” che fanno cose “assolutamente normali”, per poi vedere chi lo apprezzerebbe e se lo vedremmo arrivare a un’undicesima stagione.
Spoiler: non arriverebbe neppure alla fase di luce verde per girare l’episodio pilota.
Il nucleo è l’Anima
Il grande merito di The Big Bang Theory è quello di aver rappresentato degli stereotipi, sì, ma dotandoli di un’anima difficilmente vista prima.
Ha messo in scena personaggi che nel mondo reale sarebbero realmente quasi incapaci di vivere, ma ci ha dimostrato il loro valore.
Ne ha messo a nudo – tra le righe – i traumi infantili, le ossessioni, le debolezze e le abitudini moleste, arrivando anche mostrare dei comportamenti che mettono a disagio.
Questo riuscendo sempre a buttarla in farsa per tutti, ma per uno spettatore mediamente intelligente (come penso tutti voi che state leggendo) ci sono ben più che superficiali spunti di riflessione… o di autocritica.
Pensiamo anche solo all’evoluzione dei rapporti, a grandi linee: due disadattati si “aprono” a un alieno, qualcuno il più distante possibile dal loro universo.
Pian piano, dalla motivazione “primitiva” di uno, i mondi collidono, il gruppo si amplia, diventa un microcosmo, vengono affrontati diversi problemi, ci sono relazioni, crescita, successi e insuccessi.
Tutto quello che sta, in fondo, alla vita vera.
Quando sento dire
“Continuo a seguire la serie perché mi sono affezionata/o ai personaggi”
capisco che il successo di The Big Bang Theory è sempre stato lì.
Non nelle battute sulla cultura di nicchia divenuta pop, l’assurdità dei comportamenti, non nelle partite al N64 emulato o il ping-pong che evoca Thundercats e Transformers, nel presunto cosplay o nelle gare di chimica: nel cuore dei protagonisti, che sono riusciti a farsi amare nonostante la loro incapacità sociale e a volte sgradevolezza.
Che poi, non dimentichiamolo, TBBT è “solo” una comedy: ri-partendo da questo assunto, l’analisi si fa forse ancora più chiara.
E anche solo per il semplice fatto che nel 2018, qui su Lega Nerd, scriviamo e dibattiamo di The Big Bang Theory e di “come abbia cambiato la percezione del nerd”, trovando sicuramente fan, critici, hater, teorici, filosofi e nostalgici è la dimostrazione di come probabilmente undici stagioni di un telefilm non siano abbastanza per descrivere il nostro variegato e intricato ex-micro, ora macro-cosmo.
May the Bazinga be with you!