Ogni anno vengono prodotte decine di serie tv. Alcune spopolano, altre, nonostante un elevato livello qualitativo, restano più in ombra e lontane dal grande pubblico.
È questo il caso di Sons of Anarchy. Andata in onda sul canale FX dal 2008 al 2014, la creatura di Kurt Sutter (già membro della squadra che ha dato vita a The Shield), che narra le vicende di un club di motociclisti dedito ad attività criminali, nonostante gli elogi della critica e un interesse crescente a livello di pubblico, non ha avuto in Italia la stessa cassa di risonanza di serie più mainstream come The Walking Dead e tante altre.
Basti pensare al fatto che sui canali tv in chiaro ha goduto solo di un passaggio (ad orari improponibili) su Cielo, e in Home Video è stata pubblicata solo in DVD e in netto ritardo rispetto agli altri paesi (l’ultima stagione doppiata in italiano è stata pubblicata solo lo scorso gennaio, a tre anni dalla messa in onda in USA e a un anno e mezzo dalla trasmissione sulla pay TV italiana).
Perché un appeal così scarso della serie da parte delle reti italiane? Molto probabilmente perché ci si è fermati solo alla superficie, senza approfondirne le tematiche e il suo valore intrinseco.
Dentro a un involucro fatto di armi, sparatorie, sangue, violenza, sesso (a volte fin troppo esplicito), Sons of Anarchy contiene un nucleo composto da sentimenti profondi, bugie, macchinazioni, alleanze, valori (spesso discutibili) e richiami ad opere shakespeariane come Amleto (la conquista del comando grazie al tradimento e al delitto) e Macbeth, che non ci si aspetterebbe da un prodotto di questo tipo.
Ma il vero fulcro di Sons of Anarchy, l’architettura sulla quale poggia l’intera serie, sono i suoi personaggi: mai totalmente “buoni” o “cattivi”, ognuno spinto da motivazioni – condivisibili o meno – mai banali, non restano in scena oltre l’esaurimento del proprio ruolo (vale a dire: muoiono al momento giusto, senza trascinarsi ulteriormente per altre stagioni).
Il cardine di questo gruppo di personaggi è Jackson “Jax” Teller, figlio di uno dei fondatori dei SOA e destinato ad ereditare la carica da presidente, desideroso di riportare il club nella direzione sognata dal defunto padre (un club fondato come simbolo di ribellione) e pronto a scontrarsi più volte con il patrigno Clay Morrow, che di quel club ne ha fatto un’organizzazione criminale, e facendo spesso i conti con il fatto che certe cose non si possono cambiare e alcune situazioni possono essere risolte solo attraverso vie violente.
Jax rappresenta un antieroe che racchiude in sè il DNA di altri grandi personaggi di altri serial cult: come Walter White evolve fino a diventare cattivo, come Tony Soprano sente il peso dell’eredità del proprio padre, e come Dexter teme che le sue azioni si ripercuotano su suo figlio.
Ma la complessa figura di Jax Teller non è l’unico motivo per guardare Sons of Anarchy.
Meritano attenzione altri personaggi chiave come la “matriarca” Gemma Teller (una sorta di “burattinaia” che orienta le azioni di alcuni personaggi principali) Tara Knowles (moglie e “bussola morale” di Jax), il già citato Clay Morrow (la cui avidità e malvagità ne fanno, di fatto, l’antagonista principale della serie insieme alla moglie Gemma) e Opie Winston (amico fraterno di Jax, con il quale condivide il desiderio di dare una nuova direzione al club), nonché figure secondarie (che, con il passare del tempo, acquistano sempre maggiore importanza) come Chibs, Tig e Bobby (membri storici del club), Wayne Unser (Capo della Polizia e amico dei SOA) e Juice Ortiz (la cui figura sarà centrale nella stagione finale della serie).
In una serie così fortemente orientata su vicende di stampo criminale, non potevano certo mancare dei villain degni di tale nome: fra questi, vale la pena citare Marcus Alvarez, Presidente del club rivale Mayans (figura presente fino alla fine delle serie), Ethan Zobelle, leader dei nazionalisti americani presente nella seconda stagione, l’irlandese Jimmy O’Phealan al centro delle vicende della terza stagione, Damon Pope, boss criminale antagonista della quinta stagione, e alcuni “soci in affari” del club come August Marks, il cinese Henry Lin e l’ex poliziotto corrotto Charlie Baroski.
Impossibile scrivere di Sons of Anarchy senza fare riferimento al forte simbolismo presente all’ interno della serie, a partire dal logo del club (la mietitrice che stringe in una mano una falce che ha come impugnatura un fucile, preludio alle numerose morti e ai molteplici conflitti che avverranno durante la serie), passando per l’insegna dell’officina “Teller-Morrow” (simbolo di iniziale fratellanza e successivo tradimento da parte di Clay Morrow nei confronti di John Teller) e soprattutto la ricorrente figura della senzatetto (figura che si presta a varie teorie, la più popolare sostiene che rappresenti l’incarnazione della morte).
Al pari del simbolismo, è d’obbligo citare i forti temi esistenziali affrontati dalla serie come la fratellanza (il concetto di club non come semplice banda, ma come famiglia), la vendetta (vista come atto imprescindibile nei confronti di un’offesa, e mai come alternativa al perdono), e l’ineluttabilità del destino contrapposta al desiderio di cambiamento (la volontà di Jax di allontanare il club dalle attività criminali, con la crescente consapevolezza della difficoltà nel cambiare le cose).
Fiore all’occhiello della serie, una strepitosa soundtrack composta da pezzi che si accompagnano perfettamente alle immagini. Tra le più significative vale la pena citare, oltre alla sigla “This Life” di Curtis Stigers, “John the revelator” (sempre di Stigers), “Day is gone” di Noah Gundersen e “Come Join to the murder” di The White Buffalo.
Questi sono, di fatto, i punti di forza della serie e i motivi per i quali merita di essere guardata, in attesa dello spin-off Mayans Mc, già in lavorazione.
- Sons of Anarchy: La Serie Completa (amazon.it)