Sta per arrivare finalmente il nuovo capitolo del calcistico firmato Konami: PES 2018. Lo abbiamo giocato a fondo ed ecco la nostra recensione.

E’ stato bello essere giovani con PES. Nel 1996, alle medie, tra una tortina Loacker e l’altra, i pomeriggi con gli amici filavano via in doppio a International Superstar Soccer Deluxe, l’antenato uscito per Super Nintendo. Nel 1998, al liceo, quando Britpop e Topexan scandivano le giornate, sbancava su PlayStation l’edizione con i faccioni in copertina di Fabrizio Ravanelli e Paul Ince che si guardano in cagnesco.

 

 

Anni di trionfi di vendite e di critica, cambio di pelle con la linea Pro Evolution Soccer, day-one rotti dopo aver stalkerato il negoziante di quartiere, serate universitarie a base di birra, rutti, e calcio virtuale made in Konami, FIFA costantemente sbeffeggiato, una fanbase orgogliosissima della propria identità e pronta a colmare i buchi di licenze duplicando sulle memory card della PlayStation 2 il file opzioni che include l’Albinoleffe o il pizzetto di Fabio Quagliarella nell’Ascoli della Serie A, la Gazzetta dello Sport che esce in edicola allegando la demo dell’edizione con Pierluigi Collina come testimonial, fino all’apice della serie, curiosamente raggiunto con il capitolo arrivato l’anno della vittoria della Nazionale ai mondiali. PES era un mito.

 

 

Poi nell’ottobre 2007, a pochi mesi dalla mia laurea, il disastro: PES  si infrange sugli scogli di Xbox 360/PlayStation 3 e dei televisori in HD, tecnologie di cui i programmatori Konami all’epoca evidentemente non avevano capito un tubo, perché il prodotto esce, oltre che bruttino da vedere, inspiegabilmente macchinoso, pieno di bug, con un multiplayer online non al passo con i tempi. Un fiasco che, oltre a spezzare il cuore agli appassionati, costa carissimo al produttore, la concorrenza riesce ad alzare la testa – immersa nell’acqua del cesso dai tempi di Road To World Cup ‘98 e Song2 dei Blur – e sfodera FIFA ‘08, un purosangue.

Tutti salgono sul carro del vincitore e FIFA edizione dopo edizione annienta PES perché è, semplicemente, migliore.  Quest’ultimo, in un singolare parallelismo con il calcio italiano, entra in una notte fonda che attraverserà tutta la precedente generazione di console e oltre, fino al contropiede del 2014, quando la serie inaugura il motore grafico di Metal Gear Solid V e sfoggia un gameplay divertentissimo. Da lì in avanti stesso tran-tran: PES è tornato nel cuore delle generazioni di chi nel frattempo ha messo su famiglia, ha qualche capello bianco e magari un mutuo sul groppone, ma non è riuscito a entrare nell’immaginario dei ventenni di oggi, i quali se ne guardano bene dal concedere una chance a Konami mettendo in discussione le certezze offerte dalle meccaniche, dallo spettacolo, da FUT, dall’online granitico, dalla ricchezza visiva e soprattutto di contenuti del calcistico EA.

 

 

Scoprite di seguito se quest’anno PES è finalmente riuscito ad agganciare il rivale di sempre. Il gioco è  in uscita il 14 settembre su PlayStation 4, PlayStation 3, Xbox One, Xbox 360 e PC. E la versione Nintendo Switch? “Vogliamo farla e speriamo di poterlo fare, ma se vogliamo farla – ha supercazzolato Adam Bhatti, product e brand manager di PES – dobbiamo fare in modo che sia appositamente creata per Switch, piattaforma che ha colpito e conquistato molte persone. È una macchina alla quale guardiamo con interesse. Konami ha un ottimo rapporto con Nintendo: abbiamo pubblicato Bomberman R sulla console, che ha ottenuto un notevole successo. Chi lo sa”.

 

 

 

 

Tagliamo la testa al toro: in PES 2018 la Juventus si chiama “PM Black White” e il Real Madrid “MdWhite”, e il Bayern Monaco nemmeno esiste.

Tagliamo la testa al toro: in PES 2018 la Juventus si chiama “PM Black White” e il Real Madrid “MdWhite”, il Bayern Monaco nemmeno esiste, nella Serie B spadroneggiano “Spremonese” e “Teccarina” al posto di Cremonese e Ternana, pressoché tutte le squadre della Premier League hanno nomi e maglie di fantasia. Il fascista di FIFA può concludere qui la lettura, presumendo di aver già sufficienti argomenti per occupare il tempo sui social pubblicando l’annuale scarica di insulti al rivale.

Gli altri potranno serenamente collegarsi, ad esempio, al mai abbastanza lodato pesteam.it, per trovare file opzioni – aggiornati costantemente nel corso della stagione – che permetton grazie all’editor  di colmare, nel giro di una ventina di minuti, ogni carenza del titolo, fino ad aggiungere l’ultimo look di Riccardo Improta del Bari appena uscito dal barbiere o a scendere in campo con la seconda maglia del Cittadella con il suo logo “OCSA Gabrielli” e lo sponsor tecnico “Boxeur”.

Tutto questo basterà a convincere le nuove leve a dare fiducia al gioco? Non ci scommetteremmo un euro. Del problema generazionale che la serie Konami si porta appresso n’è accorto persino Adam Bhatti, secondo cui:

L‘opzione Edit File è una grande opportunità, e sono davvero felice di averla. Ma al tempo stesso ho un cognato che è molto più giovane, è molto superficiale, vuole tutto solo su disco, a lui non importa, è pigro e vuole solo iniziare, e vuole che sia messo tutto solo sul disco, e dobbiamo rispettare questa volontà. E questo è il motivo per cui dobbiamo fare in modo di assicurarci le licenze.

Sarà. Per ora ci limitiamo a sottolineare che sì, PES non vanterà la mole di diritti acquistati da Electronic Arts – il difetto, sia ben chiaro, deve incidere sul voto finale – e che sì, lascia l’amaro in bocca la politica adottata da Konami di stipulare accordi commerciali con una manciata di club (come Borussia Dortmund, Inter e Barcellona), i cui stadi, maglie, giocatori sono riprodotti fino all’ossessione, mentre intere competizioni vanno in vacca (manca del tutto la Bundesliga), però, ammettiamolo, basta un briciolo di volontà per risolvere del tutto la questione licenze che affligge il calcistico giapponese dalla notte dei tempi e volgere, finalmente, l’attenzione su ciò che conta davvero in un gioco di calcio: l’esperienza sul campo.

 

 

E qui PES 2018 dimostra di essere un osso durissimo da battere. Gli sviluppatori hanno lavorato sodo sulla fisica, il pallone non pare di gommapiuma come in altre edizioni e, soprattutto, il controllo varia a seconda che la sfera tocchi la coscia, il piede, il petto o il ginocchio e, ovviamente, in base alla stazza e al tasso tecnico del calciatore. L’innovazione, chiamata Real Touch+   – sigla buona per riempirsi la bocca alle fiere ma destinata al dimenticatoio nel giro di una stagione – aumenta il realismo delle gare e introduce un tocco di imprevedibilità ad ogni azione mai conosciuto in passato.

Ancora: i modelli poligonali degli atleti pesano al punto da sembrare materiale umano, restituendo una sensazione di fisicità senza precedenti, accentuata nelle marcature e nei contrasti. Il tutto a vantaggio di un approccio al calcio sempre più tattico, più ragionato, meno votato all’azione personale del fuoriclasse (che resta senz’altro possibile) e maggiormente incentrato sulla costruzione della manovra per trovare un varco nelle difese, sul passaggio teso in profondità, sul movimento senza palla, complice un ritmo di gioco leggermente inferiore rispetto al passato.

In PES 2018 si ha la sensazione che nessuna partita sia uguale alla precedente perché ogni contrattacco, ogni scivolata, ogni tocco di prima, ogni tiro da fuori area fa storia a sé.

Il corredo di animazioni, pur con qualche legnosità, soddisfa qualsiasi appassionato, così come la realizzazione dei giocatori, specie di quelli più noti, tanto che, in alcuni frangenti, la mente dimentica che si tratta di un videogioco: in un tafazziano tentativo di riscrivere la storia della finale di Cardiff, all’uscita delle squadre dal tunnel degli spogliatoi la tensione si tagliava col coltello e, partito l’inno della Champions League, abbiamo avuto la pelle d’oca. Come bambini.

 

 

Il piacere di giocare sale gara dopo gara, non ci si stacca più dalla televisione, merito anche di un’IA del computer in grado di costringere gli allenatori della domenica all’esonero dopo una giornata.

Il piacere di giocare sale gara dopo gara, non ci si stacca più dalla televisione, merito anche di un’intelligenza artificiale del computer in grado di costringere gli allenatori della domenica all’esonero dopo una giornata: ai livelli più elevati di difficoltà il consiglio è di spendere qualche minuto nei rudimentali ma efficaci menù pre-partita, perché sbagliare l’assetto della squadra significa rischiare di prendere la proverbiale imbarcata. Che si azzecchi o meno la formazione, bisogna poi vedersela con i portieri, storica spina nel fianco della serie: qui va riconosciuto a Konami di aver ascoltato i fan e ora anche gli estremi difensori di una provinciale, cui si perdonerà qualche papera, possono sventare sopra la traversa il siluro scagliato all’ultimo secondo, tenendo in piedi la baracca dopo novanta minuti d’assedio.

Per avere un’idea di quanto il team di sviluppo abbia dedicato ogni risorsa a puntellare il gameplay basta riflettere sull’offerta offline del titolo, arenata sulle stesse proposte da qualche anno. Campionati e competizioni ufficiali a parte (PES vanta, su tutte, la partnership con la Champions League e l’Europa League), tornano puntuali come un orologio le modalità Master League e Diventa un Mito.

La prima – in cui è possibile prendere una Pro Vercelli e condurla, calciomercato dopo calciomercato, sul tetto d’Europa – è un pilastro della serie e non ci sarebbe granché da sindacare, se non fosse che, pad alla mano, la puzza di scantinato comincia a farsi sentire. Nonostante l’inserimento dei tornei pre-stagionali e degli obiettivi di inizio stagione in base alla squadra scelta, resta l’impressione che la Master League abbia bisogno di nuove soluzioni.

La seconda invece permette di impersonare un primavera e trasformarlo in un idolo della curva ed è invecchiata di colpo dopo che FIFA ha introdotto il Viaggio un anno fa. Probabilmente Konami a breve si troverà costretta a rivoluzionare la modalità, correndo il rischio di copiare a testa bassa la concorrenza, oppure semplicemente a sopprimerla.

Sarebbe da sopprimere senza troppe remore invece la telecronaca di Caressa e Bergomi, il cui timbro potrebbe persino evocare certe serate a pantofole e divano davanti a SkyCalcio, peccato che il campionario di frasi preregistrate si riveli più ripetitivo di un citofono.

 

 

 

 

In conclusione, se idealmente si potesse circoscrivere la sola esperienza sul campo, riteniamo che PES 2018 abbia gettato il cuore oltre l’ostacolo, migliorando gameplay e meccaniche, peraltro già solidissimi, in un equilibrio tra simulazione e divertimento senza paragoni. Impegnativo, appagante e imprevedibile il calcio secondo Konami è magia che provoca dipendenza. Resta da verificare se la più blasonata concorrenza riuscirà a fare meglio di così – e potremmo persino dubitarne – ma gli elogi riguardano in particolare, va ribadito, i novanta minuti che seguono il fischio d’inizio. Peccato che, proprio come nella gestione di una vera squadra di calcio, conta anche tutto quello che avviene al di fuori della partita, a riflettori spenti. E qui PES 2018 dimostra di avere ben poche frecce al proprio arco per conquistare chi finora lo ha snobbato, che continuerà a non tollerare il consueto bagno di sangue in termini di licenze e alcune modalità ormai stantie.

C’è infine un dubbio che serpeggia: non sappiamo per quanto tempo ancora potremo contare su Konami. Il FOX Engine oggi se la cava bene, ma nel giro di pochi anni diventerà obsoleto, rendendo difficile per PES tenere il passo dei rivali e a quel punto sarà inevitabile mettere sul tavolo la questione del futuro della serie. Sennonché, defenestrato un genio come Hideo Kojima, snellita fino all’osso l’offerta di titoli tripla A, sviluppate altre linee di businness – come le palestre o i giochi mordi e fuggi per smartphone – non è scontato che Konami sia disposta a investire quattrini in una saga tanto gloriosa quanto da tempo sistematicamente bastonata dalla concorrenza in termini di vendite. Non vogliamo neppure per un istante pensare a un futuro senza PES. Godiamocelo, finché dura.

 

Avvertenza: Non abbiamo potuto recensire il comparto online del titolo, perché al momento della stesura di questa recensione i server erano prevedibilmente chiusi. Il voto che trovate in fondo si riferisce quindi a quanto siamo riusciti a provare. Al day-one Konami pubblicherà una patch che, tra l’altro, aggiornerà le rose all’ultima sessione di calciomercato.

 

91
PES 2018
Recensione di Luca Fabbri
ME GUSTA
  • Gameplay da primo della classe, uno spettacolo
  • divertentissimo, appagante e impegnativo
  • chi già ha amato PES lo amerà ancora di più
FAIL
  • Appreso che la Juventus e il Real Madrid escono con nomi di fantasia l’appassionato di FIFA oltre a sbellicarsi dalle risate farà il gesto dell’ombrello
  • Nessuna novità di spessore da segnalare nelle modalità di gioco
  • Per quanto ancora Konami crederà in PES?