Dopo la mia infelice battuta di spirito e la sconsolata occhiata che Athonas mi riservò, decisi che per un po’ avrei fatto silenzio.
Presi quindi a guardarmi attorno, inizialmente per scoprire con lo sguardo dove si erano diretti i miei famigliari ed Ayura. Ero talmente preoccupato di trovarli che non realizzai subito né dove mi trovavo né su cosa mi trovavo.
La consapevolezza mi colpì in faccia come una di quelle pallonate che becchi quando a basket stai eseguendo male uno schema di gioco e un tuo compagno te la passa quando non te l’aspetti
Eravamo sicuramente molto in alto, lo si poteva capire dalla temperatura e dall’aria che respiravi, ma il vero shock arrivava quando con lo sguardo ci si posava su quello che c’era al di là della pista d’atterraggio sulla quale ci eravamo dolcemente posati qualche minuto prima.
Oltre quella lingua d’asfalto nera, decorata con geroglifici gialli (che ovviamente riuscivo a leggere!) si estendeva a perdita d’occhio una “foresta” di guglie metalliche dalle forme più disparate, ma tutte accomunate dal colore grigio piombo e dal fatto d’essere costellate di innumerevoli finestre di varie grandezze, alcune illuminate di un sinistramente minaccioso rosso, oltre che di varie forme.
Sembrava che la pista d’atterraggio conducesse direttamente verso un tipico skyline di quelli che si vedono nei film americani quando inquadrano New York dal Ponte di Brooklyn, solo che in questo caso i grattacieli erano molto più compressi e ravvicinati, ma non meno impressionanti.
Attorno a quella città in miniatura (anche se “miniatura” non gli rende giustizia come termine) si riusciva a scorgere una sorta di spaventosamente grande struttura tubolare che circondava l’intero posto, con l’eccezione della pista, la quale spuntava come una lingua impertinente che, ad essere sinceri, sbilanciava un po’ la pulizia architettonica del resto di…beh, di Attilan. Chiamiamola col suo nome.
Ero come soffocato, sopraffatto, da tutto quello che i miei occhi stavano vedendo per la prima volta, inoltre era stata una giornata decisamente pesante sin dal mattino.
Provate a pensarci: vi svegliate, fate colazione, “analizzate” la vhs di Mai Dire Gol registrata la notte prima -con particolare riguardo alla puntata di Playboy Late Night Show iniziata immediatamente dopo la fine del programma comico– , andate al campetto per una partita e, da lì in avanti, la vostra vita viene sconvolta.
Un caccolone verde vi ingoia come una Mentos, ne uscite con un fisico che farebbe impallidire Van Damme, la ragazza di cui siete innamorati sparisce (e in seguito scoprite che le è toccata la vostra stessa sorte), vi vengono “a prendere” due tizi che sembrano usciti da un cartone in stop motion di Tim Burton e vi portano a bordo di una specie di astronave verso una città sconosciuta che sembra l’incrocio fra l’immagine classica degli UFO -però sotto steroidi- e una cartolina di New York al tramonto.
Si fa fatica quasi a leggerlo senza farsi venire il fiatone, figuratevi a viverlo.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che questa delirante giornata in realtà è durata più di 48 ore, ma quel qualcuno potrebbe prendere un sonoro calcio nel culo.
Ripresi fiato e mi incamminai dietro ad Athonas, cercando di tenere il passo e, contemporaneamente, di ricominciare a scandagliare l’area circostante per trovare Ayura e la mia famiglia.
Di lì a breve li vidi, raccolti attorno alla gigantessa pallida, sorridenti e con delle coperte sulle spalle (evidentemente loro avevano più freddo di me). Li raggiungemmo ad ampie falcate proprio mentre Ayura stava iniziando a spiegare loro dove eravamo e cosa sarebbe successo di lì a breve:
<<Signori, è un piacere darvi il benvenuto ad Attilan: la nostra patria!>> disse solennemente e con un viso genuinamente orgoglioso.
<<So che avete molte domande, soprattutto tu Matteo, saremo ben lieti di rispondere a tutte. Ora vi chiedo di seguirmi verso il vostro alloggio temporaneo, in attesa che Sua Maestà vi conceda udienza.>>
Sua Maestà? Addirittura? Ero così importante oppure era un onore riservato a tutti?
Ma soprattutto…maestà di che? C’era per caso la Regina Elisabetta a bordo di quel Leviatano sospeso per aria? I reali inglesi erano tutti inumani?
Probabilmente Ayura intuì la mia perplessità e mi si accostò gentilmente.
<<Sarà tutto spiegato Matteo, non devi preoccuparti. Sua Maestà la regina Medusa non concede facilmente il suo tempo, devi ritenerti onorato!>> sorrise ampiamente e aggiunse: <<Ora salite con me a bordo del vagone, in pochi minuti saremo nel vostro alloggio>>.
Aprì con un delicato gesto lo sportello di una specie di ovovia lucente che nel frattempo si era silenziosamente affiancata a noi, percorrendo un binario interrato nel pavimento che ricopriva la zona che stava al fianco destro della pista.
Salimmo uno dopo l’altro, mio fratello ancora dormiva beatamente (chissà come avrebbe reagito al risveglio, in un luogo così “alieno”) e ci sedemmo sui piccoli ma comodi sedili disposti concentricamente sul perimetro del mezzo. Ognuno di noi guardava negli occhi dell’altro in cerca di risposte a domande che non sapevamo nemmeno come fare.
Con un sibilo il vagone partì, era straordinariamente veloce e, per la prima volta, mi accorsi di quanto immensa fosse questa benedetta Attilan, visto che per raggiungere la galleria illuminata che percorremmo fino al nostro alloggio il nostro mezzo ci mise cinque minuti abbondanti, nonostante la velocità.
Ero spaventato e al contempo eccitato, dubbioso e al contempo mai ero stato così sicuro di me.
Non vedevo l’ora di incontrare questa misteriosa Regina, avevo veramente molte domande da farle.
– continua –