Netflix ha cancellato Sense8. Mi spiace molto della chiusura di una serie di questo tipo, coraggiosa e a suo modo romantica (anche produttivamente).
Va detto che però, quando gran parte dei fan si trova a difendere una serie più per quello che rappresenta che per la sua effettiva qualità, il problema è già palese.
Mi mancherà Sense8. Ma forse mi mancherà di più il senso di frustrazione per l’ennesimo episodio tanto simpatico ma narrativamente vuoto.
Sense8 era così: ti regalava il sorriso, ti faceva palpitare per l’umanità dei personaggi, poi crollava con una trama orizzontale sempliciotta e portata avanti con toni catatonici.
Chi cercava il “senso” e si trovava di fronte una telenovela con piccoli sprazzi di sci-fi ha tutte le ragioni di aver abbandonato la serie.
Thank you for being a part of our journey. Sensates forever. pic.twitter.com/SClwiY3rwy
— Sense8 (@sense8) June 1, 2017
Non parliamo poi della gestione dei personaggi, con gente che per un’intera stagione va in vacanza e altri che sopravvivono a svariati attentati alla vita, altri chiusi in un loop sempre uguale, altri schiavi del cliché incapace di essere trattato diversamente dal cliché.
Ci sono stati grandi momenti, ci sono stati grandi colpi di sonno e sbuffi che a confronto il Gran Tifone di Mazinga è un ventilatorino cinese con le pile scariche.
Se mi dai 12 location mondiali fotografate da dio ma lo show non ha la tenuta di una serie girata in un vicolo e 3 stanze come Daredevil, il problema è del tuo show.
Quindi, sono sollevato di potermi permettere il lusso di lasciar perdere una stagione (la seconda) e un prodotto che già avevo messo in standby perchè non mi convinceva.
Ma sono triste per le potenzialità di un’opera che rimarranno inespresse.
Le sorelle Wachowski si confermano sognatrici incapaci di dare reale forma compiuta [compatta e abbordabile] ai propri sogni – un po’ come tutti i sognatori, in fondo. Stavolta neppure un professionista consumato come J.M. Straczynski è riuscito a salvare la baracca a livello narrativo.
Per noi l’ennesima conferma che gli applausi per “i belli e bravi” ma che alla fine non ballano (non fanno ascolti) non servono nè sono mai serviti.
Serve sostanza, prima ancora che buone intenzioni, per coniugare intrattenimento e messaggi, di qualsiasi tipo siano.
O perlomeno saper capire quanto chiedere per le proprie ambizioni (nove milioni di dollari per singolo episodio sono un insulto, considerati i contenuti)
Resta il fatto che Sense8 mi mancherà. Perché era sincero e in certo senso importante. Magari è meglio che sopravviva nei ricordi di chi gli ha voluto bene.