Presentato nella sezione Un Certain Regard, Fortunata di Sergio Castellitto è il primo dei due film all’interno della Selezione Ufficiale del 70° Festival del Cinema di Cannes. In bilico tra Mamma Roma e Bellissima, Fortunata è uno spaccato su una Roma periferica che diventa periferia di tutto il mondo.
Sergio Castellitto torna nuovamente dietro la macchina da presa, accompagnato da una sceneggiatura scritta dalla moglie Margaret Mazzantini, Fortunata.
Fortunata non è tratto da alcun libro, ma dentro la sua essenza sembra essere un’interpretazione in chiave moderna dell’Antigone che vuole riportare sullo schermo gli elementi principali del cinema neorealista.
Da Anna Magnani ad oggi il ruolo della donna madre, oppressa dalla presenza maschile e in continua lotta per la propria affermazione ed emancipazione, è stato un topic particolarmente usato all’interno della cinematografia.
E in questo caso la protagonista è una giovane madre di Torpignattara, interpretata da Jasmine Trinca, che sogna di aprire un proprio negozio da parrucchiera ma che è incapace di liberarsi dalle catene da lei stessa imposte.
Fortunata è un personaggio semplice e complesso al tempo stesso. Una donna in bilico che ha dentro di sé moltissime sfumature, fin troppo innamorata della vita e degli uomini.
Il suo vedere il mondo con gli occhi di una bambina cresciuta troppo in fretta, spesso non permette a Fortunata di concentrarsi sulla propria di bambina.
Una madre che prima di tutto ha il vero bisogno di trovare una balia per se stessa e rallentare con la propria esistenza. Nella vita di Fortunata ci sono diversi uomini. Il primo è Franco (Edoardo Pesce), ex-marito che non vuole concedere a Fortunata il divorzio. Geloso, possessivo e manesco. Pur volendo, Fortunata non riesce mai, davvero mai a liberarsi definitivamente dell’uomo.
Poi c’è Chicano (Alessandro Borghi), amico da una vita. Un’anima buona, un cuore puro, incapace a vivere davvero su questo mondo. Un altro eterno bambino che si nutre della vitalità di Fortunata alla ricerca di un po’ di luce all’interno della propria esistenza.
E, in fine, Patrizio (Stefano Accorsi), psicologo infantile che segue la piccola Barbara, che svilupperà una passione travolgente per la donna.
Da Mamma Roma a Bellissima, il Fortunata di Sergio Castellitto vuole essere una storia semplice e grezza, con protagonista una donna bambina, che combatte con le unghie e con i denti per la propria indipendenza.
L’idea di fondo di Sergio Castellitto, pur non brillando di originalità, riesce comunque a conquistare la folla, sia quella italiana che quella del Festival del Cinema di Cannes. Un dramma dai toni più agrodolci, capace di sdrammatizzare attraverso il paradosso delle situazioni tra i personaggi.
Una storia che scorre e che cerca di riportare alla luce quel cinema essenziale fatto di persone reali, di luoghi colmi di colori e sfumature differenti.
Ed ecco perché Sergio Castellitto ambienta il suo Fortunata nella periferia di Roma, centro folkloristico di differenti etnia e culture. Periferia delle periferia, la Tor Pignattare di Sergio Castellitto riesce ad essere realistica e autentica, senza cadere nel mero cliché.
Storia ben diversa per quanto riguarda i personaggi. Sicuramente a distinguersi tra tutti è la Fortunata di Jasmine Trinca. La Trinca è perfettamente calata nella parte, senza uscire mai dal personaggio. Una magnifica interpretazione, leggermente castrata da un personaggio femminile già visto nel cinema di Castellitto e tipico della bibliografia della Mazzantini.
Fortunata ha qualcosa di Italia, Gemma e Delia, solo alcuni delle donne della Mazzantini, alla costante ricerca della libertà ma da sempre schiave dei propri uomini, amanti, fratelli o amici che siano.
Per quanto riguarda Stefano Accorsi, regala un momento di ilarità unico dove, come accade spesso nei film con lui protagonista, immancabile la scena con urla immotivate. Ed anche se questa volta non c’è nessuna “Giulia” da chiamare, Castellitto riesce a dare il suo momento di “grida” all’attore, correndo lungo il Tevere.
In continua crescita, sebbene anche lui incastrato in ruoli piuttosto simili tra di loro, Alessandro Borghi. Un altro eterno bambino, fragile e costretto a fare l’uomo.
In generale il più grave problema di tutti gli attori sono i dialoghi sempre troppo enfatici e, per qualche personaggio, addirittura teatrali. Dialoghi che voglio dire sempre troppo, all’interno di scene che mostrano sempre poco; o meglio, non mostrano mai quello che lo spettatore vorrebbe guardare. Colonna sonora banale, di quelle già sentite all’interno della cinematografia di Castellitto e che poco dialoga con l’immagine.
Fortunata non sarà un capolavoro e neanche il miglior film di Sergio Castellitto, ma resta una storia semplice, godibile e scorrevole.
Non un cinema originale e necessario, ma un cinema che piace, a volte fa divertire, altre volte pensare. Un cinema, che nei suoi pregi e difetti, permette allo spettatore di familiarizzare con personaggi riconoscibili, riconoscersi e vivere insieme a loro.