Il crollo dell’Unione Sovietica è stata la tomba di molti sogni: il Comunismo, un mondo diverso, l’architettura pacchiana di Stato. Ma anche dello Shuttle “made in Cremlino”.
Ma facciamo un passo in dietro di una ventina di anni, perché la nostra storia inizia nel 1969. Quando un trombettista yankee con la passione dello spazio indossa i suoi Moon Boot e fa una passeggiata sulla Luna in mondovisione.
Quel giorno dalle parti di Mosca si sentono improperi da ogni dove.
E non solo per la “battaglia fredda” della corsa alla Luna, vinta dai rivali. Ma perché, anche se alla storia si cerca di nasconderlo, l’URSS investì parecchio sulla conquista lunare ed era solo questione di tempo perché la macchina spaziale sovietica mietesse un’altro record.
Oggi tendiamo a dimenticarlo, complici l’allunaggio USA e il crollo dell’URSS, ma il programma spaziale sovietico era qualcosa di impressionante.
Come per quanto riguarda la Nasa iniziò con l’aiuto degli scienziati tedeschi imprigionati (o pakati1!1!, dipende) dopo la Seconda Guerra Mondiale, come ci ha raccontato Lugg nei suoi articoli:
Quello che L’URSS ottenne nei decenni seguenti fu una sfilza di record che riporto pari pari presi da Wikipedia:
- Primo ICBM, l’R-7
- Primo satellite, lo Sputnik 1
- Primo animale in orbita, Laika con lo Sputnik 2
- Prima persona lanciata nello spazio: Jurij Gagarin con il Vostok 1, programma Vostok
- Prima missione con due navette con equipaggi che si avvicinano nello spazio, la Vostok 3 e la Vostok 4. Sebbene sia considerato da molte persone il primo rendezvous in realtà le navette erano a 5 km di distanza e su diversi piani orbitali. Il primo rendezvous venne svolto dalle navette americane Gemini 6A e Gemini 7 tre anni dopo.
- Prima donna nello spazio, Valentina Vladimirovna Tereškova sul Vostok 6
- Primo equipaggio di tre persone nel Voschod 1
- Prima attività extraveicolare, Aleksej Archipovič Leonov dal Voschod 2
- Primo attracco orbitale di due equipaggi umani con cambio di equipaggio, Sojuz 4 e Sojuz 5.
- Primo lancio di una sonda verso un altro corpo celeste, Luna 1
- Prima sonda sulla Luna, Luna 2
- Prime immagini del lato nascosto della Luna dal Luna 3
- Prima sonda lanciata sul pianeta Venere, il Venera 3
- Prima sonda lanciata sul pianeta Marte, il Mars 3 e invio di dati dal pianeta
- Prima sonda in orbita attorno alla Luna, Luna 10
- Prima sonda tornata sulla Terra da un altro corpo celeste, il Luna 16
- Primo rover spaziale Lunochod
- Prima stazione spaziale, la Salyut 1 nel 1971
- Prima attività extraveicolare di una donna nello spazio, Svetlana Evgen’evna Savickaja nel 1984 dalla stazione spaziale Salyut 7.
- Prima stazione spaziale abitata permanentemente da equipaggio umano, la Mir, che orbitò intorno alla Terra tra il 1986 e il 2001.
Programma spaziale sovietico (wikipedia.it)
Semplificando il concetto possiamo dire che il mezzo di trasporto che tra poco ci porterà su Marte è frutto della NASA (inchinatevi davanti a Elon Musk a proposito) ma tutto il resto, quello che materialmente ci farà stazionare sul pianeta bolscevico&traditor, è di origine Sovietica ed è frutto dei programmi Sojuz e Mir.
Tra l’altro, continuando nel fuori tema, anche l’ESA avrà un ruolo fondamentale nello sbarco dell’uomo su Marte, sviluppando l’ecosistema autosufficiente (aka l’enorme biosfera per gamberetti, chiamato progetto MELiSSA) che ci permetterà di respirare e bere autonomamente.
Beh, torniamo a noi. Siamo incazzati perchè gli USA si sono presi la Luna ed il nostro programma più costoso, chiamato con molta fantasia Programma Luna, può essere buttato nel cesso. La prima cosa da fare è quella di bruciare tutto.
Poi a mente fredda possiamo programmare una vendetta come si deve, come formare un pugile bionico che spacchi il culo a Rocky Balboa. Ma ci vuole tempo per questo.
Beh, sai che facciamo? – Dicono al Cremlino – Gli facciamo un taroccone dello Shuttle!
Un coro di “genio!” si alzò e leggenda narra che ci furono 92 minuti di applausi nella sala riunioni dell’agenzia spaziale sovietica.
Così nacque il progetto Buran.
Voglio uno Shuttle.
Ma lo voglio più grande
In realtà non andò proprio così, lo ammetto. Dopo che il progetto lunare diventò ingombrante i sovietici lo abbandonarono in favore di un sistema che permettesse il trasporto di grossi carichi ed il riutilizzo dei vettori.
L’obiettivo era quello di rifornire la stazione orbitante che sarebbe nata dal progetto Mir e che oggi vediamo ancora sopra le nostre teste.
Gli ingegneri russi pensarono ad un sistema piccolo e leggero, ma i vertici politici e militari la vedevano diversamente e imposero l’utilizzo delle ali a delta in fase di progettazione.
Curiosamente tutto questo era accaduto pochi anni prima al progetto Space Transportation System (aka Space Shuttle) che per essere portato a termine, visto l’enorme costo, dovette scendere a compromessi sposando le ali a delta tanto care ai militari e trovare così ulteriori fondi.
Se vi state chiedendo il perchè dell’amore viscerale tra militari e ali a delta, beh, lo sto facendo pure io. Nell’attesa che qualche ingegnere aeronautico in sala possa chiarire la faccenda io provo a fare qualche ipotesi.
Le ali a delta sono piuttosto fighe per vari motivi: prima di tutto hanno una superficie di contatto con la fusoliera molto elevata quindi non hanno grossi problemi con le sollecitazioni dovute all’attrito dell’aria.
Poi sono grandi e possono imbarcare più combustibile, quindi percorrere distanze maggiori.
Infine vanno particolarmente bene a velocità supersoniche e riducono il pericolo di stallo.
Insomma, l’ala a delta è una pacchia.
A parte quando devi decollare e atterrare, lì sono cazzi. Perchè serve un sacco di velocità rispetto alle ali tradizionali e quindi piste più lunghe e, per il decollo, motori più potenti.
E piloti ninja.
Detto questo ipotizzo che su un velivolo come Shuttle io possa caricare una quantità incredibile di bombe H, portarle dall’altra parte del mondo in pochissimo tempo e magari al di sopra dell’atmosfera. Piombare all’improvviso sopra le teste nemiche, scaricare qualche Megatone e tornare a casa, pregando un santo a scelta di atterrare come si deve.
Bene, torniamo dai russi. Si scelgono democraticamente le ali a delta (potevi comunque essere in disaccordo, per te ci sarebbero stati in regalo pochi grammi di Polonio) e si procede con la progettazione dello Shuttle made in Cremlino.
È il 1976 e il programma Buran ha ufficialmente inizio.
Buran vs. Shuttle
Quello che gli ingegneri sovietici sfoderano dal cilindro è un vero capolavoro. La forma è pressoché identica al cugino statunitense, ma molte caratteristiche chiave sono dalla parte russa. Innanzitutto poteva spedire nello spazio 5 tonnellate di materiale in più e riportarne a terra 10 più del cugino (30/25 vs 25/15).
Aveva poi un booster per il lancio (chiamato Energia) completamente riutilizzabile che già evitava l’utilizzo di schiume che si dimostreranno parecchio pericolose qualche anno dopo (avete presente il disastro del Challenger? Ecco).
Poteva poi atterrare senza equipaggio e utilizzare propellente liquido. Il sistema di atterraggio automatico fu un vero successo, tanto da essere riutilizzato successivamente su vari modelli di MIG.
Se dal punto di vista estetico, come detto, poteva sembrare identico allo Shuttle, le analogie si fermavano qui. Se Buran sia stato o meno un esempio dell’ottimo spionaggio russo la storia è oggi combattuta. Pare che i sovietici progettarono ogni singolo componente da zero, ma ancora è valida l’affascinante ipotesi di una missione di spionaggio suicida chiamata Rogue One per trafugare i piani statunitensi, perfezionandoli poi successivamente.
Fatto sta che dal punto di vista tecnico Buran è piuttosto diverso dal cugino yankee e fu probabilmente il vincolo delle ali a delta a consegnarlo alla storia come la copia dello Shuttle.
Scelta imposta dai vertici militari per mantenere una parità strategica durante i duri anni della Guerra Fredda.
I velivoli di sviluppo
Nel 1980 venne creato il primo modello statico in scala 1:1 (OK-TVA). Aveva lo scopo di testare la struttura meccanica del progetto sia dal punto di vista delle forze in gioco che delle temperature.
Come detto, le ali a delta erano piuttosto rassicuranti da questo punto di vista e non preoccupavano molto nemmeno durante le operazioni di rientro in atmosfera a pieno carico.
A preoccupare di più erano le temperature che si potevano raggiungere (fino a 1.650 gradi celsius) ed in questo senso OK-TVA subì diverse “cotture” (cruelty-free, sia chiaro).
Fu testata anche la resistenza meccanica e l’isolamento acustico e quando tutto risultò nei parametri si procedette ai test dinamici.
Se siete nei pressi di Mosca potete vedere OK-TVA al parco VDNKh.
Nel 1984 venne così costruito un modello in scala 1:2, omologo aerodinamico di Buran, chiamato OK-GLI.
Poteva decollare direttamente dalla pista senza quindi l’utilizzo di vettori e con un equipaggio di 2 persone.
Dopo 25 voli di collaudo senza particolari problemi venne promosso a pieni voti dando il via quindi alla produzione del mezzo definitivo, Buran 1.01.
Buran
Dopo i successi nei modelli di sviluppo l’URSS programma la costruzione di 5 modelli di Buran.
Buran 1.01
È l’unica navetta a essere stata terminata prima del collasso dell’Unione sovietica. Lungo 36 metri, alto 17 con un’ apertura alare di 23 metri riuscì a compiere un solo viaggio di prova di poco più di 3 ore compiendo 2 orbite attorno alla Terra.
Era il 15 novembre 1988.
Atterrò successivamente in territorio sovietico senza l’aiuto dell’equipaggio che, di fatto, non era presente.
Poteva trasportare in tutto dieci persone, 2 piloti e 8 addetti alle operazioni.
Fu un epic win per l’ Unione Sovietica, va detto. Lo scudo termico era composto da 30.000 mattonelle refrattarie sagomate a mano che permisero al velivolo di rallentare da 27.000 km/h a poco più di 1.000 rientrando in atmosfera.
Sognatelo come faccio io ma nulla più perché è stato distrutto dal crollo del tetto dell’hangar dove era depositato e impolverato, nel 2002. Morirono anche 8 tecnici in quel disastro.
Buran 1.02
Completo al 95% era un clone della versione precedente senza particolari innovazioni. Questa era la navetta che avrebbe dovuto, nelle intenzioni sovietiche, fare la spola tra la Terra e la stazione orbitante Mir per il trasporto di merci e persone.
Se siete pronti a farvi una camminata di 40 chilometri nel deserto potete vederlo “di frodo” al cosmodromo di Bajkonur, Kazakistan.
Se dovesse trovarvi la polizia dubito sia una festa ma il gioco può valere la candela e potrete raccontare, nella vostra cella sovietica, di aver toccato con mano il Buran. Mentre il vostro compagno di cella Grigoriy vi fa toccare il suo booster Energia.
Nel gennaio del 2017 un paio di ragazzi russi si sono avventurati in Kazakistan e hanno girato un piccolo cortometraggio all’interno degli enormi hangar, trovando ben due prototipi di Buran:
https://www.facebook.com/leganerd/videos/10155318912393711
Buran 2.01
Completato al 30-50% introduceva numerosi migliorie alla cabina di pilotaggio. Oggi è visibile a Mosca presso l’NPO Molniya.
Buran 2.02 & 2.03
Completato al 10% il primo, nemmeno iniziato il secondo. Sono stati entrambi smantellati e i più fortunati hanno potuto comprare pezzi dello scudo termico del primo all’asta su internet.
Considerazioni varie
Nel 1993, dopo i cataclismi politici avvenuti da quelle parti, Eltsin pose la pietra tombale al progetto Buran diventato già da diversi anni economicamente insostenibile.
Non abbiamo dati ufficiali, vista anche la segretezza del progetto (prima per motivazioni militari, poi per non rendere pubblico un tale fallimento) ma si stima che ci lavorarono in maniera diretta circa 150.000 persone, cifra che sale a più di un milione se si calcola l’indotto.
Considerando che l’Unione Sovietica, alla sua caduta, contava 293 milioni di abitanti il numero è davvero alto.
Quanto ai costi è difficile stabilirlo vista anche la carenza di informazioni al riguardo. Leggenda narra che Buran fu uno dei progetti che più mise in ginocchio l’economia sovietica, ma in realtà non abbiamo dati certi. E questo si dice anche della corsa agli armamenti, del Papa polacco e di mille altre cose.
Il progetto pare costò 16,4 miliardi di rubli, cifra che difficilmente riusciamo ad attualizzare.
Il cambio dollaro-rublo dai primi anni ’70 al 1992 fu in constante ascesa, preparando il terreno a quello che nel 1998 verrà ricordata come la crisi del rublo con picchi di inflazione fino all’ 84%.
In definitiva Buran costò molto, ma è difficile stabilire quanto sia quel “molto”. Ebbe quindi indubbiamente un peso sul tracollo sovietico, ma forse ne ebbe di più la corsa agli armamenti di Reagan, per esempio.
La verità è che si cercano sempre risposte semplici a domande complesse e Buran fu probabilmente una concausa del crollo sovietico. Esattamente come tutte le altre citate in precedenza.
A parte il Papa polacco, quello contò un fico secco ed è rimasto solo Adinolfi a crederci.
Ma infondo poco importa, perchè tutto questo ci insegna una sola cosa:
Se un paese deve fallire che lo faccia con stile. A culo austerità e vincoli di bilancio, quello che ci interessa è avere un Buran!
- Sito ufficiale del progetto Buran-Energia
- Articolo del national geographic
- Pagina wiki del progetto