In occasione dell’uscita del thriller distopico The Circle abbiamo avuto modo di intervistare il regista James Ponsoldt e scoprire cosa ne pensa del potere particolare che la tecnologia esercita su di noi e cosa lo abbia spinto a far diventare The Circle un film.

Il 27 Aprile è uscito al cinema The Circle, thriller basato sull’omonimo romanzo di Dave Eggers, con protagonisti Emma Watson, Tom Hanks, Karen Gillan e John Boyega.

Alla regia di questa complessa e attuale storia c’è lo statunitense James Ponsoldt, regista non estraneo al mondo della trasposizione. Infatti, nel 2015, Ponsoldt porta al cinema il bellissimo The End of The Tour, tratto dal libro Come Diventare Se Stessi di David Lipsky, giornalista di Rolling Stone, basato sulla storica intervista tra lo stesso Lipsky e lo scrittore David Foster Wallace.

Portato in anteprima al Sundance Film Festival e in Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, The End of The Tour aveva mostrato l’incredibile bravura di James Ponsoldt nel maneggiare con maestria e delicatezza dialoghi densi e complessi, riportando al cinema l’emozioni e suggestioni degli stessi personaggi all’interno del libro di Lipsky. In quel caso la difficoltà per James Ponsoldt era doppia: non aveva il solo compito di rendere in immagine l’incredibile conversazione di cinque giorni tra Lipsky e Wallace, ma anche trasportare il ritratto di due persone reali e non di fantasia.

Sebbene in The Circle questa seconda difficoltà non ci sia, James Ponsoldt ha dovuto affrontare una sfida non indifferente, mettendosi a confronto con una storia densa e complessa. Una storia articolata fin dalla prima pagina e che ha come centro la particolare dicotomia alla base dell’attuale vita social della maggior parte degli esseri umani: la continua condivisione della propria vita e, al tempo stesso, il terrore di essere spiati.

 

 

In una conversazione assai particolare, con non pochi risvolti paradossali, affidati proprio alla tecnologia a quasi 6.500 km di distanza, ho avuto il piacere di parlare e avere un’opinione più specifica dalla stesso Ponsoldt.

J.P.: Lo trovo divertente e assurdo al tempo stesso… Diciamo “solo” che è complicato, no!?

Siamo tutti diventati dipendenti dai social media e dalla tecnologia

Siamo tutti diventati dipendenti dai social media e dalla tecnologia, soprattutto le generazioni più giovani che spesso condividono un personaggio pubblico che non corrisponde alla loro personalità reale. Il che va bene, chi sono io per giudicare, sono il primo ad amare la tecnologia. Finché si tratta di lanciare razzi nello spazio, studiare i fondali marini, fare ricerche mediche a favore del progresso, a me va bene l’uso che questi giganti dell’industria fanno della tecnologia.

Ciò che proprio non mi va a genio!? Beh, l’essere controllato (ride). Parlando seriamente, questi grandi meccanismi di una macchina immensa prendono i nostri dati personali, li catalogano, con l’obiettivo di monetizzare. Quei dati appartengono a noi e spesso, soprattutto i giovani, non si comprendo i rischi a cui si va incontro quando condividiamo la nostra vita personale sui social. Quei dati vengono immagazzinati da qualche parte, chissà dove, per sempre… E credo sia questa la cosa che dovrebbe davvero farci spaventare.

 

 

James Ponsoldt

 

 

Non pochi sono i libri, film e serie tv che hanno trattato questo tipo di argomento, spesso evidenziando maggiormente il lato negativo attraverso un tono drastico, complottista e quasi apocalittico. Dave Eggers nel suo libro, così come James Ponsoldt, cercano, invece, di far emergere la questione dal lato più oggettivo e reale, senza prendere una posizione, ma bensì dando una visione estremamente simile, e forse per questo ancora più spaventosa, della realtà dei fatti, spronando il lettore/spettatore a una riflessione che vada al di fuori del libro/film.

J.P.: Ho voluto ricreare, nel modo più accurato possibile, il mondo di The Circle, soprattutto attraverso il personaggio di Mae, quindi riportando la sua vita dentro il lavoro e fuori, fino a quando non diventano un’unica cosa. Volevo creare le stesse suggestioni del suo mondo all’interno di The Circle, proprio da un punto di vista empatico. Penso che ci sia qualcosa di molto idealistico e positivo nelle persone che lavorano nel mondo della tecnologia con l’obiettivo di portare un cambiamento; anche la totale trasparenza può essere vista come qualcosa di positivo, ma come tutte le cose, portata all’estremo, diventa nociva.

Si trattava di raccontare il personaggio, quello interpretato da Emma Watson, e la sua visione di The Circle, più che di parlare dell’azienda stessa, in modo che lo spettatore si possa mettere nei suoi panni e comprendere meglio il contesto all’interno del quale Mae si muove, e perché compie determinate scelte. Volevo fare un film che fosse bello da vedere, più che fare una propaganda contro la tecnologia, ma cercando di smuovere gli animi, portare lo spettatore verso una riflessione che abbia come oggetto la nostra privacy e il suo essere nelle mani di questi giganti dell’industria.

Dave Eggers è uno scrittore molto amato, non sconosciuto al mondo del cinema. In passato ha, infatti, collaborato alla stesura del lungometraggio di Spike Jonze Nel Paese delle Creature Selvagge, da cui ha poi tratto il suo racconto Le Creature Selvagge.

Per The Circle Dave Eggers ha lavorato al fianco di Ponsoldt, lasciando però quanto più libertà possibile, affinché il film fosse fedele nell’essenza del libro, senza però essere una copia carbone priva di anima.

 

James Ponsoldt

 

Ponsoldt, in realtà, è un grande amante dell’opera in generale di Eggers, e The Circle si è rivelato per lui una doppia sfida, intravedendo immediatamente, già delle prime pagine, il potenziale per trarne un film diverso dagli altri.

J.P.:  Sono un grande fan della scrittura di Dave Eggers, penso sia un genio, ed ero molto eccitato all’idea quando The Circle è uscito. Quando ho finito di leggerlo, quello che mi ha colpito è quanto plausibile sia la storia. Insomma, è qualcosa che potrebbe accadere adesso o, comunque sia, nel futuro prossimo. Nel bene o nel male, mi sono identificato con il personaggio di Mae che, nonostante tutto, cerca di fare del bene all’interno di quel contesto. Lei è un’idealista, un’ottimista, e vorrebbe fare la differenza, sebbene non sappia ancora come.

Lei è un’idealista, un’ottimista, e vorrebbe fare la differenza, sebbene non sappia ancora come.

Ma lentamente, all’ottimismo inizia ad affiorare la paura di non riuscire a integrarsi all’interno della comunità del campus di The Circle, di non essere abbastanza per quel mondo. Penso che quello che lei provi sia molto simile a quello che molti di noi provano nella vita di tutti i giorni, almeno per me.

 

James Ponsoldt

 

Eppure, nei diversi risvolti che prende il film, anche Mae sembra essere risucchiata da questo mondo che, più che vivere la vita reale, è ossessionato dal senso di comunità e condivisione unicamente virtuale, monitorato costantemente da differenti dispositivi tecnologici.

J.P.: Sai, io credo che per le generazione di adesso sia ancora più difficile da comprendere. Voglio dire, io ho trentotto anni, quindi so fare la differenza tra la vita reale e quella social, perché ho vissuto entrambe, ma pensi ai miei figli che non la sapranno fare, perché come “realtà” hanno solo quella descritta in The Circle. Non so come in futuro andrà a finire ma spero, come accade nel libro, che vengano spinti a farsi sempre delle domande e diffidare di qualsiasi tipo di propaganda.

Il parlare di generazioni, scambio generazionali e percezione del mondo social e tecnologico diverso, è un altro elemento di spunto del film. Fondamentalmente i due personaggi trainanti sono Mae (Emma Watson), la giovanissima novellina entrata in un mondo di giganti che, improvvisamente, si ritrova in corsa per la vetta, e Eamon Bailey (Tom Hanks), il grande volto carismatico dell’azienda.

J.P.: Entrambi hanno un potenziale importante e differente per l’egemonia del film. Mae, vuole rappresentare, a modo suo, un po’ tutti gli spettatori/lettori. La personificazione di chi non si sente abbastanza ma che è pronta a tutto pur di dimostrare il suo valore, pur di portare il cambiamento. Bailey è interessante perché lui vuole democratizzare il mondo dando accesso alle persone a qualsiasi tipo di informazione, al tempo stesso, però, lui in questo modo può arricchirsi di miliardi di dollari, e qui risiede la furbizia del personaggio. In un altro contesto lui sarebbe sicuramente il villain, il cattivo, ma agli occhi della community lui rappresenta sicuramente l’eroe.

 

 

The Circle

 

 

Come accennato prima, The Circle non è la prima trasposizione di James Ponsoldt. Già nel 2015 il regista si era messo alla prova con lo straordinario The End of The Tour con protagonisti Jason Segel e Jesse Eisenberg, rispettivamente nei ruoli dello scrittore morto suicida David Foster Wallace e del famoso giornalista David Lipsky.

Per conclude la suggestiva e interessante (almeno per la sottoscritta) conversazione oltreoceano che James Ponsoldt, con tutta la sua simpatia, mi ha concesso, ho voluto chiedergli cosa lo ha condotto, in questi due anni, verso il non facilissimo, e spesso insidioso, processo della trasposizione libro – film.

J.P.: Al contrario di un film hollywoodiano, con il quale condividi due ore del tuo tempo, con un libro condividi molto più tempo, parte delle tue giornate nel corso di più settimane. è un qualcosa che tieni di fianco al letto e, teoricamente, ti accompagna anche nei sogni. Personalmente con un libro ci vivo, perché è qualcosa che si consuma lentamente nel tempo. E poi un libro, così come quello di Dave Eggers o come quello di David Lipsky, è così ricco di idee, suggestioni, emozioni che per me la vera sfida, e motore che spinge a crearne un riadattamento, sta nel trasmettere e nel condensare tutto questo all’interno di un film di due ore.

 

The Circle vi aspetta al cinema!