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Che aspetto ha un alieno?

Qualsiasi appassionato di fantascienza non può non notare come nei film e serie tv sci-fi gli alieni abbiano, quasi sempre, un aspetto terribilmente simile a noi. Ovviamente questo avviene per esigenze di copione e budget, ma è veramente improbabile da un punto di vista scientifico.

In Star Trek ad esempio si vede una galassia abitata da decine e decine di specie aliene simili tra loro, dove umani e vulcaniani, bajoriani e cardassiani si somigliano in modo impressionante, decisamente troppo.

Obiettivamente è a dir poco improbabile che specie evolutesi su diversi pianeti, in seguito a milioni di anni di indipendente evoluzione naturale siano così simili. Immaginare poi che specie tra loro aliene possano respirare la stessa aria, mangiare lo stesso cibo ed addirittura accoppiarsi e concepire un figlio, beh… fa pure sorridere.

Chiaramente so che questo avviene, come già detto, per esigenze di copione, perciò da buon fan mi godo lo show e ci passo sopra.

 

Le specie aliene della fantascienza televisiva e cinematografica, sono spesso molto simili tra loro per esigenze di copione.

È molto più semplice ed economico truccare un attore, che non creare un alieno completamente in computer grafica. C’è poi da considerare che è molto più facile empatizzare con un vulcaniano (poi se è pure di genere femminile e con un costume aderente anche meglio) che non con un blob informe o qualcosa di simile a uno scarafaggio gigante.

Quest’ultimo motivo fa sì tra l’altro che paradossalmente, anche quando il budget a disposizione consentirebbe di realizzare alieni credibili di qualsiasi forma e dimensione, spesso si tenda invece a rappresentarli comunque con un aspetto il più possibile “umano” (vedi Avatar). Ovviamente però se prendiamo in esame il problema da un punto di vista scientifico la situazione è ben diversa.

 

Nota: Oggi è il First Contact Day! Festeggiamo su Lega Nerd con questo bell’articolo di Deimos.

 

 

 

Convergenza evolutiva

Bisogna dire però che ci sono non pochi studiosi che ritengono che gli alieni non debbano essere per forza così diversi da noi e per sostenere questa ipotesi di solito chiamano in causa un fenomeno ben conosciuto, quello della convergenza evolutiva.

In sostanza specie che sono soggette alle stesse pressioni ambientali tendono a sviluppare, per selezione naturale, caratteristiche anatomiche simili.

È il motivo per cui un mammifero come il delfino ha un aspetto simile a quello di un pesce cartilagineo come lo squalo. Anche una creatura che si sviluppasse e vivesse nell’oceano liquido di un lontano esopianeta svilupperebbe probabilmente una forma simile a quella di un pesce per muoversi rapidamente, dopotutto le leggi della fisica sono le stesse qui, come all’altro capo della Galassia.

Nel caso di specie aliene intelligenti sviluppatesi su mondi diversi, le pressioni ambientali chiamate in causa sono quelle che portano allo sviluppo di una specie tecnologicamente evoluta. Mi spiego, perché un alieno possa costruire utensili e lavorare i metalli avrà bisogno di appendici simili alle nostre braccia e mani, così come avrà bisogno di organi sensoriali evoluti.

Poi ad esempio non è azzardato supporre che sia dotato di visione stereoscopica, molto importante per cacciare una preda o manipolare efficacemente un oggetto. Ci si aspetterebbe quindi almeno un paio di occhi, o qualcosa di simile, sensibile alla radiazione elettromagnetica in un certo intervallo di frequenze, magari nel campo dell’infrarosso, se il pianeta orbita ad esempio intorno ad una nana rossa.

Ovviamente il risultato di tutto questo non sarebbe un uomo con la fronte corrugata o le antenne, ma comunque qualcosa dall’aspetto vagamente umanoide, magari con una testa con organi sensoriali e coppie di arti per muoversi e manipolare oggetti.

 

 

 

La panspermia casuale o guidata

C’è una teoria secondo la quale la vita potrebbe non aver avuto origine sulla Terra, ma da qualche altra parte nel cosmo ed essere poi giunta qui miliardi di anni fa, ad esempio con una cometa o un asteroide.

 

 

Non è una teoria campata in aria, anche se non esiste ancora alcuna prova a suo sostegno e trova tra i suoi sostenitori illustri scienziati. Ci si riferisce a questa teoria con il termine panspermia, anche se questa a dire il vero comprende anche l’ipotesi che sulla Terra siano giunti dallo spazio, non già esseri viventi come i batteri, ma più genericamente i “semi della vita” come molecole organiche complesse.

La vita potrebbe non aver avuto origine sulla Terra, ma da qualche altra parte nel cosmo ed essere poi giunta qui miliardi di anni fa.

Comunque se anche le stesse forme di vita, come una specie di batteri, fossero giunte in stato quiescente, dopo lunghissimi viaggi nello spazio interplanetario ed interstellare (è possibile) su diversi pianeti o lune con asteroidi e comete (litopanspermia), queste si sarebbero poi potute evolvere in un’infinità di modi diversi, in base ad un’infinità di fattori casuali.

Se vogliamo usare la panspermia per giustificare la forte somiglianza di due specie evolute, aliene tra loro, dobbiamo allora chiamare in causa la cosiddetta panspermia guidata. Bisogna cioè ipotizzare che una qualche civiltà super evoluta abbia sparso intenzionalmente per la Galassia, su una moltitudine di mondi diversi, la vita.

 

Dal film Prometheus del 2012 diretto da Ridley Scott

 

Anzi, bisogna andare oltre ed ipotizzare che questa civiltà antichissima, per inseminare il cosmo, abbia utilizzato forme di vita programmate geneticamente per evolversi in un preciso modo. Un’ipotesi simile viene proposta ad esempio nella serie sci-fi Star Trek, per dare una giustificazione della straordinaria somiglianza delle specie aliene che appaiono nello show.

È però una giustificazione debole, perché sarebbe comunque lecito aspettarsi che i diversi, mutevoli ambienti nel corso di decine e centinaia di milioni di anni plasmino alla fine specie dall’aspetto molto differente.

 

 

 

Una questione di simmetria

Se prendiamo in considerazione gli esseri viventi presenti sulla Terra, ci rendiamo conto che tutti quelli più complessi, in particolare sulla terraferma, presentano una simmetria bilaterale, è cioè possibile dividere il corpo con un piano sagittale che separa due metà tra loro speculari.

Questo vale per un uomo, così come per un orso o una zanzara, ma non è l’unica configurazione possibile, ad esempio un polipo o una stella marina presentano una simmetria radiale.

 

 

Sulla Terra tutti gli organismi più complessi presentano una simmetria bilaterale.

La comparsa della simmetria bilaterale ha avuto un’enorme importanza nell’evoluzione degli esseri viventi sulla Terra. I primi organismi con simmetria bilaterale si muovevano in un’unica direzione e questo faceva sì che muovendosi, un’estremità del corpo venisse in contatto con l’ambiente circostante prima del resto dell’organismo.

Gli organi sensoriali si svilupparono perciò su questa estremità, perché questo permetteva di rilevare prima le caratteristiche dell’ambiente in cui ci si muoveva e perché i dati provenienti da questi organi fossero elaborati più rapidamente, era importante che i centri nervosi che svolgevano questa funzione fossero il più possibile vicini.

Col tempo, milioni e milioni di anni, questo portò allo sviluppo di una testa, che su di noi contiene il cervello e presenta gli organi di senso della vista, del gusto, dell’olfatto e dell’udito.

La maggior parte degli studiosi ritiene, basandosi su quel che si può osservare nelle milioni di specie animali presenti sul nostro pianeta, che anche un ipotetico alieno tecnologicamente evoluto presenterebbe una qualche simmetria, probabilmente bilaterale. Non dobbiamo però dimenticare che il nostro percorso evolutivo è il risultato di una lunghissima (a dir poco) sequenza di eventi casuali, tanto che se fosse possibile ripartire dalle stesse condizioni iniziali migliaia e migliaia di volte, non una sola altra volta questo percorso sarebbe identico ed a maggior ragione questo sarebbe valido in un ambiente se pur simile, comunque alieno rispetto al nostro.

Un essere sviluppatosi su un mondo distante potrebbe perciò non essere dotato di simmetria bilaterale e neppure radiale, il che ovviamente lo farebbe apparire parecchio diverso da noi. Una tale creatura apparirebbe molto strana e sgraziata ai nostri occhi, per via di come il nostro cervello si è evoluto, ma è comunque possibile.

 

 

 

Oltre la biologia

Non sono pochi gli studiosi che ritengono che un passo inevitabile dell’evoluzione di una specie tecnologicamente evoluta, sia ad un certo punto il passaggio ad un forma di vita artificiale.

Questo step evolutivo potrebbe avvenire in diversi modi.

Se una specie è in grado di sviluppare la tecnologia per affrontare viaggi interstellari, è lecito aspettarsi che nel frattempo abbia già sviluppato la capacità di costruire intelligenze artificiali senzienti, anzi, le due cose potrebbero coincidere.

 

 

 

 

È probabile che un passo inevitabile dell’evoluzione di una specie tecnologicamente evoluta, sia ad un certo punto il passaggio ad un forma di vita artificiale.

Se un giorno avremo la fortuna (o la sfortuna) di incontrare fisicamente una civiltà aliena, è probabile che entreremo in contatto con esseri artificiali. Dopo tutto un essere artificiale sarebbe incredibilmente più resistente ed adatto ai viaggi spaziali di una creatura biologica, basti pensare ad esempio alla resistenza ai raggi cosmici o alla più lunga aspettativa di vita, che potrebbe persino essere virtualmente illimitata. Una civiltà, raggiunto un certo livello tecnologico potrebbe scegliere di demandare i viaggi spaziali a creature sintetiche, che potrebbero esplorare il cosmo e magari andare in cerca di risorse utili per auto sostenersi. In realtà gli esseri biologici potrebbero a quel punto estinguersi in favore di quelli sintetici, sia volutamente e pacificamente, che in modo traumatico e violento, così come per semplice selezione naturale in tempi più o meno lunghi. Questa ipotesi è stata esplorata ampiamente dalla fantascienza, quasi sempre da un punto di vista decisamente molto pessimistico.

Ovviamente sono possibili anche soluzioni intermedie, con esseri biologici che gradualmente sostituiscono parti del proprio corpo con impianti artificiali per migliorarne le caratteristiche e funzionalità. Noi stessi non siamo forse lontani dal realizzare intelligenze artificiali senzienti, per alcuni ricercatori di questo campo forse non più di 50-100 anni, perciò è lecito aspettarsi che civiltà più vecchie di noi di decine o centinaia di migliaia di anni, se non milioni, abbiano già attraversato questo step evolutivo.

In questo caso aspetto e dimensioni delle creature aliene sintetiche sarebbero del tutto imprevedibili, si potrebbe andare da creature più o meno umanoidi, fino a sciami di nano macchine che assumono forme mutevoli a seconda delle necessità. Potremmo perfino entrare in contatto con tali creature senza nemmeno rendercene conto, tanto potrebbero essere differenti dalle nostre aspettative.

C’è poi un’ulteriore ipotesi da considerare e che devo dire mi affascina molto. C’è un film del 1999: The Astronaut’s Wife, non un gran film, anzi a dire il vero fu un flop colossale, nonostante nel cast fossero presenti attori come Johnny Depp e Charlize Theron, ma che presenta un’idea abbastanza originale ed intrigante.

Una civiltà aliena potrebbe essersi evoluta in semplice informazione, una sorta di “software senziente” in grado di passare da un supporto ad un altro alla velocità della luce.

In sostanza l’idea è che un alieno possa giungere sulla Terra con una trasmissione radio e poi grazie ad un segnale audio da essa originatesi prendere possesso del corpo di un uomo. OK, la seconda parte è decisamente poco plausibile, ma ciò che è interessante è l’idea che una specie aliena possa essersi evoluta in semplice informazione, una sorta di software senziente, in grado di passare da un supporto ad un altro alla velocità della luce e con un aspettativa di vita praticamente illimitata…

 

 

 

Le dimensioni contano

Spesso quando si immaginano alieni tecnologicamente evoluti, oltre a rappresentarli simili nell’aspetto, li si rappresentano simili a noi anche nelle dimensioni, ma c’è una qualche ragione scientifica che lo giustifichi in qualche modo?

Probabilmente una delle discriminanti maggiori per quel che riguarda le dimensioni di un alieno, sono le dimensioni (o per meglio dire la massa) del pianeta su cui vive e quindi la sua gravità. Ovviamente la gravità del pianeta plasmerebbe oltre che le dimensioni anche l’aspetto della specie.

Se un giorno gli umani colonizzeranno Marte è lecito aspettarsi che già dopo qualche generazione i nuovi “marziani” sviluppino caratteristiche fisiche peculiari, come una grande statura e muscoli molto meno sviluppati dei nostri, in risposta alla bassa gravità marziana. Probabilmente ad un certo punto gli “umani marziani” non sarebbero nemmeno più in grado di vivere sulla Terra, per via di quella che per loro sarebbe una gravità insostenibile.

 

 

Forse, per una data gravità, esistono dei limiti alle dimensioni di una specie tecnologicamente evoluta.

Ora ho parlato della stessa specie, che vive su pianeti differenti per poche generazioni, che sono nulla in termini evolutivi, immaginate perciò come una diversa gravità potrebbe incidere sulle dimensioni di diverse specie nel corso di milioni di anni. Ovviamente sulla Terra, con la stessa gravità, esistono esseri viventi complessi di tutte le dimensioni, dalla zanzara alla balenottera azzurra (quest’ultima si avvicina probabilmente alle dimensioni massime raggiungibili da qualunque animale sul nostro pianeta), ma esistono probabilmente dei limiti per una specie tecnologicamente evoluta.

Per poter lavorare i metalli ad esempio, una creatura difficilmente potrebbe essere piccola come uno scoiattolo, così come invece un essere delle dimensioni di un brontosauro avrebbe serie difficoltà a sviluppare aeromobili in grado di sostenere il proprio peso, per non parlare di capsule spaziali. Questi sono solo due esempi di come dimensioni troppo piccole o troppo grandi costituirebbero se non un limite invalicabile, almeno un grosso freno allo sviluppo tecnologico della specie.

Pianeti piccoli (rispetto alla Terra) favorirebbero creature grandi e viceversa, per via della diversa gravità.

Ovviamente pianeti piccoli (rispetto alla Terra) favorirebbero creature grandi e viceversa. Altri fattori che potrebbero poi influenzare le dimensioni di un alieno sono la densità dell’atmosfera in cui vive e la pressione a cui è sottoposto. Chiaramente un alieno che vive sottoposto ad una pressione di 10 atm svilupperà dimensioni e struttura corporea differenti da uno che è sottoposto a 0,5 atm.

Ovviamente tutte queste considerazioni non varrebbero però per “alieni sintetici” o forme di vita che nascono e si sviluppano in modo diverso da quel che si ipotizza attualmente.

 

 

 

Una proiezione di noi stessi

Quando immaginiamo una civiltà aliena, di solito lo facciamo rappresentando gli alieni a nostra immagine, non solo fisicamente, ma persino psicologicamente, immaginando metodi di governo o religioni simili alle nostre. Ne plasmiamo l’aspetto in base alle nostre speranze e paure e raramente in base a criteri scientifici.

 

 

Alien, un Grigio ed E.T. (quello di Rambaldi) possono sembrare molto diversi tra loro, ma a ben vedere presentano tutti una forma umanoide ed il loro aspetto è stato immaginato in modo da ispirare a seconda dei casi tenerezza o terrore, anche se poi non c’è nessun motivo per cui un alieno simile ad Alien non sia pacifico e “buono”, mentre uno simile ad E.T. non sia invece uno spietato conquistatore di mondi.

Quando immaginiamo un alieno, di solito ne plasmiamo l’aspetto in base alle nostre speranze e paure e raramente in base a criteri scientifici.

Quando ci si interroga in modo scientifico su quali forme di vita potrebbero svilupparsi su di un esopianeta, di solito si parte dal presupposto che la vita possa essersi sviluppata in modo analogo a quella terrestre, ad esempio con una biochimica basata sul carbonio (quelle basate su silicio e zolfo sono possibili ma poco probabili) e la presenza di acqua liquida.

Ci si aspetta poi che, per permettere l’evoluzione, vi sia un qualche meccanismo per immagazzinare informazioni in grado di svolgere una funzione simile a DNA e RNA. Ci si può spingere oltre e supporre che se i primi organismi unicellulari riescono ad evolversi in organismi più complessi, il che non è detto (sulla Terra ci sono voluti almeno 3 miliardi di anni!), questo porti ad organismi, per convergenza evolutiva, simili alle piante, in grado di ricavare energia dalla radiazione elettromagnetica. Si potrebbero poi sviluppare creature in grado di nutrirsi di queste “piante” ed altre in grado di nutrirsi di quest’ultime e così via…

Il problema di tutte queste supposizioni (al di là del fatto che come ben sappiamo la supposizione è la madre di tutte le cazzate) è però che si basano sull’unico esempio di vita che abbiamo a disposizione: quello terrestre. Tutta la vita sulla Terra ha oltretutto un’unica origine comune, da cui si sono evolute nel corso del tempo forse miliardi di specie e decine di milioni sono tuttora viventi.

Le leggi della fisica sono le stesse in tutto l’universo, ma non sappiamo se il tipo di vita presente sulla Terra sia la norma oppure un’eccezione.

Le leggi della fisica sono le stesse in tutto l’universo, ma non sappiamo se il tipo di vita presente sulla Terra sia la norma oppure un’eccezione, così come non sappiamo quanto la forma “umanoide” (in senso molto generico) possa essere comune tra le specie più evolute.

Se anche la vita nascesse sempre nello stesso modo in cui è nata sul nostro pianeta, il risultato di milioni o miliardi di anni di evoluzione sarebbe certamente differente, forse molto differente.

Per fare un esempio, se tornassimo indietro nel tempo fino al Cambriano, oltre mezzo miliardo di anni fa, scopriremmo che l’antenato comune di tutti gli anfibi, pesci, rettili e mammiferi ora viventi era una piccola creatura di pochi centimetri, forse la Pikaia gracilens ed è ad essa che dobbiamo la nostra struttura corporea, caratteristiche come la simmetria bilaterale, un endoscheletro o una testa con due occhi e una bocca.

Ma se quel piccolo essere si fosse estinto senza lasciare discendenti e ne fosse sopravvissuto uno differente, come sarebbe ora la vita sulla Terra? La risposta è: completamente diversa, in un modo che è difficile immaginare e ovviamente noi non saremmo qui.

Probabilmente la convergenza evolutiva non è sufficiente a giustificare alieni troppo simili a noi ed in giro per il cosmo esistono creature intelligenti delle più svariate forme e dimensioni, a seconda dell’ambiente in cui si sono sviluppate. È plausibile poi che buona parte di quelle più antiche si siano ormai evolute in una forma sintetica, magari in alcuni casi nemmeno più riconoscibile da noi.

 

 

 

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