Nel 1993 pensavamo di vedere i Power Rangers, e invece era la sedicesima stagione dei Super Sentai (“Super Squadre”), gli eroi in tutine di spandex e caschi discutibili del Sol Levante, nati nel 1975 dal famoso studio Toei.
Di americano c’erano i volti dei protagonisti e le scene a scuola… combattimenti, robot, mostri ed effetti speciali erano tutti nipponici. Per la precisione, gli eroi erano i Kyoryu Sentai Zyuranger! (bisogna proprio pronunciarlo con un’esclamazione) tradotto in inglese figo come i Dinosaur Squadron Zyuranger!
[Qui sotto, tutte le sigle. Imperdibili, i nostri eroi sono circa al minuto 20:00]
https://www.youtube.com/watch?v=JJCnFgFeGpg
I “nostri” Power Rangers non se ne sono mai andati, ma stanno per tornare alla grande: ad entrare nella storia è stata “solo” la prima, leggendaria stagione con dinosauri, Megazord e Rita Repulsa come villain, ed è proprio da lì che il franchise cerca nuova linfa al cinema con una megaproduzione che promette davvero bene.
Power Rangers, nelle sale in questi giorni, promette di trastullare chi era bambino negli anni ’90 e le nuove generazioni con un sapore a metà strada fra teen comedy e Pacific Rim.
E le prime recensioni arrivate da oltreoceano sono assolutamente positive. Si parla di un action-movie divertente che omaggia la prima serie e sa essere originale abbastanza da distinguersi dalla massa.
Un po’ di storia
Dai Super Sentai ai Power Rangers
La particolarità dei Super Sentai giapponesi era quella di cambiare… tutina ad ogni stagione, sostituendo i suoi protagonisti (di solito cinque, quattro uomini e una donna), le loro caratteristiche e i loro poteri. Per non parlare delle armi, dei mecha e… dei cattivi (gommosi da morire).
Super Nerd & Fun Fact: la serie dei Sentai non aveva robottoni (quindi niente simil-Megazord) nelle sue prime serie, l’idea nacque dopo il successo della versione live-action nipponica di Spiderman, che sconfiggeva i mostri della settimana del prof. Monster con il robot gigante Leopardon (!!!)
Here comes Haim Saban
Qui entra in scena un produttore musicale israeliano e cosmopolita di nome Haim Saban, oggi uno dei paperoni mondiali proprio grazie ai primi miliardi rastrellati grazie ai Power Rangers.
Saban, dopo aver fatto diversi lavori e alla fine trovando il successo come produttore musicale, si era inserito anche nella nicchia dell’allora florida produzione di sigle e musiche dei cartoni animati.
Girando il mondo per trovare nuovi clienti e spunti, si ritrovò nel 1984, a 40 anni, nel magico mondo del Sol Levante…
Per farla breve, Saban se ne stava annoiato nella sua camera d’albergo giapponese, quando facendo zapping senza capire una bega incappa nel coloratissimo show dei Super Sentai (se non erro nel 1984 andavano in onda, a seconda del periodo, Dynaman Squadra Scientifica o Super Elettrone Bioman) e si innamora delle mazzate senza senso, delle capriole riprese dal basso, dai mostri de gomma stile Godzilla e dei mecha che si incastrano per formare robot giganti.
Capiamolo, non c’erano gli smartphone, i pc portatili, lo streaming, Netflix… probabilmente c’era qualche sostanza stupefacente però che ha trasformato lo show in qualcosa di lisergico e irresistibile, chissà.
Insomma, il vecchio Haim si fionda dalla Toei e gli strappa i diritti della serie, parlando di un ipotetico riadattamento ma non promettendo nulla di impegnativo.
Da quel lontano 1984 assai molta acqua sotto i ponti, ma soprattutto molte porte sbattute in faccia: l’idea di un remake americano di quella paccottiglia colorata e weirdo non incontra il favore dei produttori televisivi dell’epoca.
Ma Haim non si perde d’animo e ogni anno, stoicamente, assieme ad altri progetti che vanno in porto propone sempre la sua idea dei supertizi in spandex che fanno mossettine e prendono a calci in culo alieni e demoni.
Non oso immaginare la faccia degli executive televisivi dell’epoca.
Arriva poi il fatidico 1993, quando (probabilmente avendo notizia della produzione di Jurassic Park) i giappo hanno messo in cantiere la serie numero 16 dei Super Sentai e decidendo di tirare in ballo i dinosauri. Probabilmente è anche questa “leva di marketing” a fare presa su una donna, Margaret Loesch, veterana della tv per bambini in forza a Fox Television.
In cerca di qualcosa di nuovo, frizzante, con umorismo e azione, Loesch vide qualcosa in quei fantoccini colorati e intuì le potenzialità di un remake americano. Diede luce verde a Saban, ma i suoi superiori le tagliarono il budget per non rischiare.
A questo punto, Haim mise i soldi di tasca sua e produsse alla velocità della luce i 40 episodi della prima stagione. Ecco perché spesso si parla della prima serie come una produzione di serie Z… quando fu in pratica l’ossessione di un uomo che con pochi mezzi sfidò lo scetticismo della Fox.
Al risparmio!
Se ad Haim Saban dobbiamo riconoscere il fiuto assoluto per gli affari e una tenacia che lo ha portato ad essere uno degli uomini più ricchi del mondo, non si può certo dire però che sia stato tenero con i suoi “alleati”, proprio per il motivo sopra esposto.
Per risparmiare ulteriormente su tempi e controfigure, Saban pensò bene di richiedere come requisito essenziale non una preparazione attoriale (tutto si può dire tranne che Power Rangers fosse ben recitato) ma piuttosto una in campo atletico.
Ecco quindi che alla fine furono scelti cinque ragazzi di cui tre erano già nel mondo delle arti marziali e due in quello della ginnastica.
Le riprese dovevano svolgersi nel più assoluto regime di “buona la prima”.
Gli attori venivano lasciati improvvisare sul set gag e mosse marziali, il che portò anche a risultati curiosi, vedi le impennate weird di Walter Jones (Black Ranger) che si muoveva a ritmo di hip-hop mentre tirava colpi di kung-fu.
Ma non tutto, ovviamente, era rose e fiori (finti, eh, per risparmiare).
Lo stipendio dei protagonisti non era certo lauto: testimonianze dicono che si aggirasse sui seicento dollari alla settimana. Le riprese si svolgevano sei giorni su sette, dall’alba al tramonto.
Se il compenso forse poteva andare per le prime settimane, dopo la messa in onda dei primi episodi con l’istantaneo e gigantesco successo di pubblico e della vendita dei giocattoli (con le facce degli attori) queste condizioni iniziarono ad andare sempre più strette a gran parte del cast.
Ricordiamo anche che Saban decise di girare strettamente in regime non-sindacale, quindi gli attori formalmente non avevano nessun diritto e nessuno di reclamare e nessuno che li potesse difendere…
Insomma, il vecchio volpone si era ritrovato una bomba di dollari tra le mani, partendo dalla base di uno scalcagnato show di serie Z girato con la testa orientata al mega-risparmio e a nessuna tutela, riciclando idee bislacche del Sol Levante. Niente male!
In una famosa intervista uno degli attori, Austin St. John – Red Ranger, arrivò a dire che se avesse pulito i vetri da McDonald’s avrebbe guadagnato di più faticando meno.
Una volta lasciato il telefilm, probabilmente avrà pregato per trovare un lavoro simile, dato che finì a dormire in macchina con il cane prima di dare lezioni di arti marziali nel deserto dell’Arizona (true story)
Le vertenza finì appunto con metà del cast che se ne andò sbattendo la porta e fu sostituito in corsa con altri bellocci, a cavallo della produzione del primo film per il cinema che fu un mezzo flop (nel senso che guadagnò, sì, ma non abbastanza visto il crescente successo della serie).
Il resto è storia: altre 23 stagioni del telefilm, cast sempre diversi e insignificanti, super-coreografie e costumi elaborati, mashup col Giappone e stunt originali, eccetera.
Il Capo dei Capi
Ok, chi non ricorda l’iconico e insopportabile “testone” che ha creato i Power Rangers, ovvero quel faccione ultradimensinale di Zordon?
Bene, una delle storie più folli della mitologia degli eroi in spandex appartiene proprio alla creazione del personaggio: fin dal casting per la prima stagione fu individuato l’attore David Fielding, che subito colpì la produzione per la sua voce e il suo viso espressivo.
Lo facero salire in piedi su un tavolo per declamare le varie call to action rivolte ai giovai ranger, e la parte fu sua. David non sapeva quello che lo aspettava…
…ovvero poche ore di lavoro che sarebbero durate per quattro stagioni!
Esatto, se vi ricordate l’immagine di Zordon era sempre stranamente ballonzolante, fuori sincrono, come una tv sintonizzata male: questo perché tutte le parti video del suo interprete furono registrate in un pomeriggio, per poi essere usate con taglia/incolla nel corso delle stagioni successive.
Lo raparono a zero, gli incollarono le orecchie alla testa, gli misero un po’ di verde addosso per “ritagliargli” il cranio che doveva fluttuare nel suo cilindro spazio-temporale.
Beh, in fondo Zordon “trasmetteva” da una dimensione parallela in cui era stato intrappolato secoli prima durante la battaglia con Rita Repulsa, quindi… la tecnica al risparmio era perfettamente giustificata!
A Fielding bastava fare qualche sessione di doppiaggio recitando tutte le battute degli episodi e il suo lavoro era completato.
Per quanto riguarda la nuova versione del cinema, basti sapere che il faccione sarà quello di Mr. Heisenberg in persona (si fa per dire, è pixellato): Bryan Cranston. E qui hype a piene mani.
“All your base are belong to us”
A proposito di Zordon: la su famosa base, che sarà poi il quartier generale dei Power Rangers, è un edificio realmente esistente e risalente al 1973.
Incredibile a dirsi, vista la forma tutto sommato strana e adatta ad un alieno sceso sulla terra, ma quella che vediamo nella serie originale è una struttura di un campus universitario, precisamente della American Jewish nella Simi Valley, in California.
Si chiama “La Casa dei Libri” e ospita ancora oggi meeting ed eventi.
Chissà quanti e quali richiami alla serie originale vedremo nel nuovo film…
Power Rangers sarà nelle sale italiane dal 6 Aprile.
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